"Sono almeno sette i motivi che inducono ad escludere che il batterio della Xylella sia partito da Bari e, per di più, durante il corso Cost 873 organizzato all’Istituto agronomico mediterraneo di Bari del Ciheam, nell’ottobre 2010, come invece alcuni ambientalisti sostengono nelle segnalazioni alla magistratura di Lecce". Lo afferma una nota diffusa da Ciheam Iamb.

Le subspecie del batterio utilizzate durante il corso, continua la nota, appartenevano a multiplex e fastidiosa e non alla subspecie pauca attualmente presente nel Salento. "Peraltro il batterio della Xylella non è sporigeno; si trasmette attraverso insetti vettori e materiale di propagazione infetto di diverse specie, soprattutto ornamentale".

"È, quindi, impensabile - prosegue il comunicato - che l’infezione sia partita dalle strutture di quarantena del Centro, in considerazione del fatto che la specie presente nel Salento è diversa da quelle utilizzate durante il corso e che l’area di diffusione sarebbe dovuta essere quella di Valenzano, sede del Ciheam, e non di certo Gallipoli.
Il corso (Phytosanitary training course for the biosecurity pathogen Xylella fastidiosa), rivolto a operatori che lavorano nel settore della quarantena, aveva l’obiettivo di fornire strumenti di diagnosi e controllo per prevenire l’introduzione e l’eventuale disseminazione del batterio in Europa. E ancora, la coltura principale che si riteneva di tutelare in ambito europeo contro questa batteriosi era la vite, per la problematica legata alla malattia Pierce disease, e non l’olivo
".

"Il Ciheam di Bari fu scelto come sede del corso perché da oltre trent’anni si occupa di prevenire e controllare l’entrata di patogeni da quarantena non solo a livello regionale, ma in tutta l’area del Paesi del Mediterraneo. Il Centro di ricerca internazionale, quindi, è dotato di strutture idonee a manipolare patogeni da quarantena, garantendone l’assoluto isolamento.
Inoltre i ceppi del batterio utilizzati -
sottolinea la nota dell'Istituto - provenivano da collezioni ufficialmente riconosciute; la loro introduzione fu autorizzata dal ministero italiano dell’Agricoltura sotto stretto controllo dell’Osservatorio fitosanitario regionale e rigorosamente manipolati da batteriologi di fama internazionale ed esperti di Xylella fastidiosa.
Alla fine del corso tutto il materiale vegetale infetto utilizzato fu distrutto alla presenza dell’autorità
fitosanitaria".