Per il grano duro made in Italy è sempre più “allarme rosso”. I prezzi sono in caduta libera (-35-40% nel 2009), la produzione è andata a picco (-40%), i costi produttivi, contributivi e burocratici continuano a lievitare e sono diventanti opprimenti e le nuove semine registrano un’ulteriore diminuzione, con abbandoni dei terreni che avranno esiti preoccupanti dal punto di vista sociale, culturale, nonché di tenuta idrogeologia soprattutto nelle aree marginali.

Non solo. I nostri mercati sono praticamente invasi da produzioni straniere, alcune delle quali anche illegali. La Cia (Confederazione italiana agricoltori) denuncia una situazione drammatica e rilancia con forza l’esigenza di rafforzare il Tavolo di confronto nella filiera per trovare soluzioni adeguate che possano permettere di salvare un importante settore della nostra agricoltura. Arrivare, insomma, ad un vero Patto.
Il made in Italy per eccellenza, la pasta, parla, d’altronde, sempre più una lingua internazionale, considerato che nei nostri porti arriva grano duro da tutto il mondo. A Savona si scarica grano duro proveniente dalla Turchia, dal Messico, dal Canada, dagli Usa, dalla Grecia, dalla Spagna; ad Ancona si scarica grano turco, canadese e statunitense; a Ravenna è arrivato prodotto greco; a Bari abbiamo merce proveniente soprattutto dall’Ucraina, dal Kazakhistan, dall’Australia, dal Canada e dal Messico; a Livorno arriva grano francese; mentre a Foggia si scarica prodotto proveniente dalla Turchia.
Ormai per la pasta prodotta in Italia, sottolinea la Cia, vengono impiegati grani duri per il 50-60% di origine estera, con seri problemi di qualità e sanità del prodotto, come emerge da alcuni processi in corso contro alcuni importatori.

Una situazione è resa ancora più grave dall’elevata produzione di grano duro a livello mondiale: oltre 31 milioni di tonnellate con aumenti del 7 per rispetto al 2008 e del 20% sul raccolto del 2007. Raccolti record si hanno in Marocco (+94%), negli Usa (+30%), in Algeria (+40%), in Turchia (+25%), in Australia (+25%). E se si considerano le scorte importanti, nel mondo c’è una quantità impressionante di grano duro. Mentre in Italia lo scenario del settore è demoralizzante e molti produttori sono con l’acqua alla gola. Complice anche la Commissione Ue che, con un meccanismo micidiale di calcolo, ha abolito i dazi per l’importazione di grano duro.