Anche per gli olivicoltori italiani è tempo di vacche magre. I prezzi delle olive e dell’olio registrano crolli verticali (-20-25%), mentre i costi produttivi continuano a salire in maniera insostenibile. In alcune realtà non si è proceduto all’operazione di raccolta, perché si sarebbe fatta in perdita. Unica nota lieta è la qualità della produzione che, pur segnando un calo del 15% rispetto allo scorso anno, si annuncia buona. Lo sostiene la Cia - Confederazione italiana agricoltori preoccupata per le gravi difficoltà che incontrano le imprese del settore.
Accanto ad una produzione totale olivicola e olearia che si dovrebbe aggirare attorno alle 510 mila tonnellate (600 mila tonnellate dello scorso anno), il comparto fa i conti con una serie di problemi che stanno mettendo in ginocchio i produttori. In tutte le regioni si riscontrano situazioni critiche, soprattutto sul fronte dei prezzi pagati all’agricoltore. Dalla Puglia alla Toscana, dalla Calabria alla Sicilia, dall’Umbria all’Abruzzo, è un susseguirsi di denunce da parte degli olivicoltori che non riescono a stare sul mercato e stanno producendo sotto costo.
Uno scenario aggravato dalla concorrenza estera. Tonnellate di olive, provenienti in particolare da Spagna, Tunisia e Grecia, dove si è avuta una produzione abbondante, stanno deprimendo il mercato e i produttori - rimarca la Cia - sono costretti ad incassare quotazioni sempre più depresse che fanno calare un velo d’ombra sulle prospettive future di migliaia di imprese.
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