“La Fao prevede che entro il 2030, con la crescita della popolazione, ogni ettaro coltivato dovrà sfamare cinque persone rispetto alle quattro attuali. Poiché le terre arabili nel mondo non possono aumentare – sottolinea Luciano Tabarroni, presidente di Ais – è comprensibile lo sforzo che l’agricoltura dovrà compiere per accrescere la produttività, grazie anche ai contributi che la ricerca genetica e l’innovazione sono in grado di fornire affinchè ogni forma di produzione agricola abbia a disposizione le varietà più adatte”.
“Le aziende sementiere assicurano la loro disponibilità – continua Tabarroni – a lavorare per mettere a disposizione sementi di qualità, di cui l’Italia è una eccellente produttrice, e nuove varietà più produttive e meglio resistenti ai patogeni ed agli stress ambientali. La ricerca genetica, l’innovazione e la loro giusta tutela non debbono essere viste in contrapposizione all’obiettivo di conseguire produzioni agricole e alimentari sostenibili ed in grado di sfamare sufficientemente tutte le popolazioni in ogni angolo del pianeta”.
Il ruolo fondamentale della ricerca e dell’innovazione varietale è confermato da uno studio recentemente pubblicato dal Niab, il National Institute of agricultural botany con sede a Cambridge: l’incremento di produzione conseguito negli ultimi 25 anni ad esempio nel Regno Unito per frumento tenero ed orzo deve essere infatti attribuito in larga parte – attorno al 90% - al miglioramento delle varietà, grazie alla ricerca genetica. Ovviamente gli altri fattori produttivi, quali la concimazione, la difesa fitosanitaria, le corrette tecniche agronomiche e la meccanizzazione, continuano a rimanere essenziali per una moderna produzione agricola, tuttavia l’indagine inglese ha messo in evidenza che oggi è il miglioramento genetico a contribuire maggiormente ad aumentare la produttività.
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