Per il pomodoro (Solanum lycopersicum) sia da industria che da mensa il miglioramento genetico è orientato soprattutto nel trovare nuove tolleranze verso gli stress biotici, in particolare contro i patogeni fungini, in un'ottica di riduzione dei trattamenti fitosanitari.

 

È altrettanto importante però ottenere cultivar che abbiano anche delle resistenze e tolleranze ad una serie di avversità abiotiche come, per esempio, le alte temperature.

 

"Oltre alla tolleranza agli stress di tipo biotico - spiega Antonio Ferrante, presidente generale della Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana e professore ordinario all'Università di Milano - ultimamente si sta lavorando anche sul miglioramento della qualità dei frutti e verso la tolleranza agli stress di tipo abiotici. Soprattutto stress da alte e basse temperature, siccità e salinità".

 

In particolare, quando si parla di alte temperature, l'orticoltore deve prestare molta attenzione alle ondate di calore.

 

AgroNotizie® in collaborazione con la Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana entra nel dettaglio sulle tecniche agronomiche e genetiche per mitigare gli effetti delle alte temperature sul pomodoro.

 

La Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana si adopera per sviluppare la cooperazione scientifica e tecnica tra il mondo della ricerca, gli imprenditori ed i professionisti del settore ortoflorofrutticolo interessando con le sue azioni ed attività un ampio settore dell'agricoltura che include le colture arboree da frutto e da legno, le piante ortive, le colture floricole, le piante ornamentali, il vivaismo, i tappeti erbosi e la gestione del paesaggio e la tutela degli spazi a verde, con il fine ultimo di favorirne il progresso e la diffusione.

 

Ondate di calore: cosa sono e come difendersi

Quando si parla di temperature elevate l'orticoltore deve prestare molta attenzione alle ondate di calore che possono in alcuni casi riscaldare l'aria con picchi oltre i 40 gradi e creare ingenti danni alle colture.

 

Nel pomodoro, per esempio, le perdite possono andare dal 10% fino al 30% orientativamente.

 

Ma che cos'è un'ondata di calore? In meteorologia è un periodo di tempo atmosferico caratterizzato da una temperatura insolitamente alta e persistente, rispetto alla media stagionale, in una determinata regione geografica.

 

I danni da alte temperature per questa coltura sono molteplici: riduzione della crescita delle piante, scarsa qualità delle bacche con minor tenore zuccherino e minore produzione di licopene, alterazione del colore della buccia, maggiore incidenza di marciumi apicali causati da un minor assorbimento di calcio dal suolo.

 

Il pomodoro può tollerare questa condizione ambientale grazie alla sua capacità di traspirare, cioè di perdere acqua dalle foglie sotto forma di vapore, alla disponibilità di acqua nel suolo e agli scambi gassosi con l'ambiente circostante. Questo vale anche per tutte le altre orticole coltivate in pieno campo. Difatti, un'elevata capacità di traspirazione consente un'adeguata termoregolazione dei tessuti e un abbassamento della temperatura fogliare rispetto all'esterno senza compromettere così la fotosintesi.

 

Per esempio, se la temperatura dell'aria è di 42 gradi ma la pianta ha un'elevata efficienza di scambi gassosi e una buona disponibilità di acqua tramite la traspirazione si può termoregolare. In questo modo mantiene una temperatura fogliare intorno ai 25-26 gradi.

 

L'habitus vegetativo nel pomodoro può fare la differenza per la tolleranza al caldo

L'habitus vegetativo nel pomodoro può fare la differenza per la tolleranza al caldo (Foto di archivio)

(Fonte: AgroNotizie®)

 

Questo comportamento è presente in alcune varietà di pomodoro che sono più predisposte perciò alla tolleranza verso lo stress da caldo e che può essere osservato e valutato appunto in base alla misurazione degli scambi gassosi con l'ambiente esterno.

 

Molto spesso però questa è una caratteristica che non viene molto presa in considerazione nel settore orticolo: "Spesso l'agricoltore non percepisce questo stress come una problematica che può compromettere la produzione finale. Rispetto invece a uno stress idrico e salino che invece sono considerati molto più concreti e visibili, questo porta a percepire di meno le alte temperature come un problema reale" ha detto Ferrante.

 

Spesso, quindi, le differenze di tolleranza fra le cultivar non vengono richieste a livello vivaistico, non permettendo all'orticoltore di sfruttare le potenzialità che hanno da offrire.

 

Ma non solo, anche l'habitus vegetativo, cioè il portamento della pianta, la biomassa fogliare e il ciclo colturale influiscono sulla tolleranza della pianta nei confronti degli stress. Per esempio, un habitus vegetativo sviluppato correttamente, e con un buon bilanciamento delle infiorescenze, permette di non esporre le bacche ai colpi di calore. Evitando così disseccamenti o alterazioni cromatiche che riducono la resa e la qualità finale.

 

La biomassa fogliare e la durata del ciclo colturale invece influiscono sulla richiesta idrica totale. Per esempio, il pomodoro da industria ha un portamento più cespuglioso di 40-45 centimetri di altezza rispetto al pomodoro da mensa che invece ha uno sviluppo orizzontale e può arrivare a 2 metri-2 metri e mezzo di altezza.

 

Inoltre, le varietà a ciclo colturale di tipo determinato hanno un consumo idrico diverso e in genere minore rispetto alle varietà a ciclo colturale indeterminato perché quest'ultimo risulta più allungato.

 

Normalmente, comunque, il fabbisogno idrico del pomodoro va dai 5.000 ai 7.000 metri cubi di acqua per ettaro fino a un massimo di 10.000 metri cubi di acqua per ettaro.

 

Caldo e carenza d'acqua: due stress da combattere con i geni di resistenza

Attualmente il breeding si sta direzionando verso studi di selezione per costituire nuovi genotipi resistenti sia allo stress da caldo che allo stress idrico e salino. Questo perché in un agroecosistema gli stress biotici vanno affrontati come combinati e mai come singole problematiche.

 

Per esempio, la carenza di calcio e l'aumento della marcescenza apicale sono causati dalle alte temperature che si combinano con la carenza idrica. Ovvero la pianta non avendo più abbastanza acqua dal suolo subisce uno squilibrio nella traslocazione dei nutrienti, e di conseguenza anche uno squilibrio nell'assorbimento di calcio, entrando così in carenza. Questa carenza comporta così un aumento della marcescenza apicale in quanto questo elemento minerale è fondamentale per la crescita della pianta e per il rafforzamento delle pareti cellulari.

 

In poche parole: selezionando genotipi resistenti alla carenza idrica automaticamente si ottengono piante che tollerano di più anche le alte temperature.

 

Con le tecniche di studio molecolare, in particolare con l'analisi dei trascrittomi, si riescono a identificare a priori quali sono i geni associati alla tolleranza.

 

"Sappiamo che molti geni sono responsabili della trascrizione delle heat shock proteins - entra nel dettaglio Ferrante - ma magari alcuni di questi geni hanno un ruolo chiave per la resistenza. Perciò, selezionando la progenie nata da incrocio con pomodori che esprimono in modo consistente questi geni si possono costituire piante più tolleranti".

 

All'interno del genoma del pomodoro con analisi specifiche si possono trovare i geni responsabili della produzione di proteine di difesa dallo shock termico

All'interno del genoma del pomodoro con analisi specifiche si possono trovare i geni responsabili della produzione di proteine di difesa dallo shock termico (Foto di archivio)

(Fonte: AgroNotizie®)

 

Le proteine da shock termico (heat shock proteins) sono sostanze proteiche naturalmente presenti nei vegetali che hanno il compito di proteggere le cellule da eventuali danni quando la pianta viene esposta alle alte temperature.

 

Oppure in laboratorio si potrebbe indurre nel materiale vegetale delle mutazioni spontanee puntiformi sui possibili geni candidati per ottenere lo stesso risultato di tolleranza e/o resistenza.

 

Ricapitolando quindi prima ci deve essere uno studio approfondito dei geni associati alla risposta fisiologica allo stress da caldo, valutare quali sono i geni che hanno un ruolo chiave e agire su questi o tramite il tradizionale miglioramento genetico oppure con la biotecnologia.

 

Ma anche scegliere il giusto portinnesto può aiutare l'orticoltore: per esempio innestare varietà di pomodoro commerciali su pomodori o melanzane selvatici aumenta la resilienza delle stesse alle condizioni ambientali avverse.

 

Le piante innestate difatti hanno un apparato radicale molto più espanso e possono prelevare l'acqua che normalmente non sarebbe disponibile nel terreno, aumentando così la capacità di assorbimento. Questo permette una migliore termoregolazione della chioma. È bene sottolineare che anche per questo aspetto devono essere svolti studi specifici per valutarne gli effetti nel lungo periodo e nei diversi ambienti di coltivazione.

 

Le tecniche colturali

Per poter migliorare la tolleranza di questa coltura nei confronti delle alte temperature l'orticoltore deve seguire delle buone pratiche colturali che gli permettano di ottenere e mantenere una resa elevata.

 

Prima di tutto è buona norma garantire una bilanciata disponibilità idrica in campo, stimando correttamente l'evapotraspirazione, cioè la perdita di acqua per evaporazione dalle foglie e dal terreno, e adeguando di conseguenza la distribuzione irrigua.

 

Per ridurre ancora di più le perdite di acqua, in particolare dal suolo, l'orticoltore può utilizzare la pacciamatura. In questo modo il pomodoro può essere coltivato con un impianto di irrigazione a micro portata (a goccia) direttamente sotto il film pacciamante.

Leggi anche: La pacciamatura: una calda (o fredda) coperta

Con le nuove tecnologie poi oggi il settore orticolo può disporre anche di film pacciamanti completamente biodegradabili: una volta concluso il ciclo colturale della pianta i teli possono essere lasciati in campo apportando nuova sostanza organica al terreno.

 

Inoltre, negli ultimi anni, per il controllo degli stress abiotici, si sta diffondendo l'utilizzo dei biostimolanti come mezzi tecnici. È però importante che l'orticoltore valuti bene il periodo di distribuzione: "Molto spesso i biostimolanti sono costituiti da composti di origine vegetale, per cui la pianta è in grado di degradarli. - continua Ferrante -Se viene fatto un trattamento con questi prodotti troppo presto, e l'evento stressante non si manifesta, il prodotto verrà degradato ancora prima di esplicare la propria funzione".

 

Difatti microrganismi, estratti di alghe e sottoprodotti dell'agroindustria sono alcune delle fonti da cui si ricavano questi prodotti. Con l'obiettivo di estrarre sostanze bioattive che stimolino nella coltura determinati processi metabolici, come per esempio l'aumento di assorbimento di acqua dal terreno.

 

Se degradate precocemente dalla pianta, perciò, il rischio è quello di ottenere una risposta fisiologica all'avversità molto attenuata. Bisogna perciò garantire l'attivazione e la distribuzione del biostimolante quando si è in prossimità dell'evento stressante per permettere alla coltura di sintetizzare le proteine di difesa.

 

Per concludere quindi è importante che l'orticoltore scelga un genotipo con un'elevata capacità di scambi gassosi, conduttanza stomatica e traspirativa, attui un'ottima gestione dell'impianto di irrigazione prediligendo una distribuzione localizzata con micro portata e utilizzi la pacciamatura per contenere la perdita di acqua dal terreno.

 

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