Anche se sono stati fatti passi avanti, la cura per debellare la Psa (Pseudomonas syringae pv actinidiae) o cancro batterico dell’actinidia è ancora lontana.
E’ quanto emerso dalla trasmissione televisiva di Agrilinea dal titolo 'Kiwi strategico per l’agricoltore', condotta da Sauro Angelini, che nei giorni scrosi a Faenza ha riunito i maggiori esperti e ricercatori italiani in materia.
“Penso di poter affermare con una certa sicurezza che la situazione in Italia sul Psa è migliorata rispetto a qualche anno fa - ha detto Marco Scortichini, direttore del Cra-Frc Unità di ricerca per la frutticoltura di Caserta -. Questo grazie agli sforzi fatti da tutti. E’ pero importante ricordare che non esiste una cura miracolosa contro la batteriosi del kiwi. Bisogna diffidare di chi vende prodotti che promettono di guarire gli impianti colpiti”. Grande aspettative negli addetti ai lavori ha destato la scoperta del sequenziamento del batterio della Psa. “Lo studio effettuato - continua Scortichini - ha consentito di decodificare il genoma del batterio, individuando le caratteristiche genetiche, i fattori di virulenza e di adattamento ambientale, nonché l’origine dell’attuale popolazione del patogeno. Questo consentirà di migliorare le strategie di contenimento della malattia e di ottenere nuove formulazioni chimiche in grado di annullare la forza del microrganismo in campo”.
Per Giampiero Reggidori, presidente del Crpv Centro ricerche e produzioni vegetali di Cesena, lo studio e la ricerca sulla batteriosi del kiwi rappresentano una sfida difficile e stimolante. “Sono stati fatti molti studi in questi ultimi tre anni e altrettanti verranno fatti. E’ necessario però che il tutto avvenga in un percorso di condivisione d’intenti e di sforzi. Anche se tanto è stato fatto dobbiamo lavorare ancora molto per ottenere il risultato sperato senza abbassare mai la guardia”.
Attualmente la situazione in Emilia-Romagna e nelle altre Regioni italiane dove il kiwi è coltivato appare non drammatica. “Dal punto di vista fitosanitario possiamo dire che al momento la situazione è sotto controllo - spiega Alberto Contessi, responsabile del Servizio fitosanitario Regione Emilia-Romagna -. All’inizio siamo stati presi alla sprovvista nel Lazio, area dove la malattia si è sviluppata in modo incontrollato. Successivamente siamo riusciti a correre ai ripari grazie all’intensa attività di prevenzione attuata negli impianti sani, all’eliminazione delle piante infette (possibile fonte d’infezione), al monitoraggio e controllo sul territorio”.
Per Giorgio Balestra del Dipartimento per l’agricoltura, le foreste, la natura e l’ambiente dell’Università della Tuscia, in breve tempo riusciremo a convivere con la malattia. “Oggi abbiamo conoscenze più ampie sul batterio e questo ci permetterà di convivere con questa malattia. Bisogna però dire che in questo momento la prevenzione è la sola vera cura. Nei prossimi anni non dobbiamo aspettarci prodotti miracolosi”.
Alla luce di questi dati, dunque, l’unica possibilità per contrastare la patologia è la prevenzione. Gli esperti consigliano di eliminare e bruciare le piante sospette, prestare particolare attenzione alle potature, disinfettare in fase di post potatura o post grandinate tramite trattamenti con sali di rame. “Grazie all’importante lavoro di prevenzione svolto dai tecnici del Servizio fitosanitario regionale e dei privati - ha rilevato Davide Vernocchi, presidente di Apo Conerpo -, in particolare delle cooperative, che ha permesso di monitorare, individuare ed estirpare celermente le piante colpite, la malattia non è esplosa in Emilia-Romagna come invece è avvenuto nelle altre Regioni”.