Tra gli effetti sempre più evidenti dei cambiamenti climatici c'è la crescente riduzione della disponibilità idrica.
L'acqua dolce rappresenta il 3% di quella presente in tutto il Pianeta e, secondo le Nazioni Unite, già oggi 2,3 miliardi di persone vivono in Paesi colpiti da stress idrico. Sempre secondo l'Onu, solo l'agricoltura assorbe circa il 70% dei prelievi totali d'acqua in tutto il mondo. La percentuale sale al 90% se si considerano anche gli allevamenti.
Efficienza: imprescindibile
L'uso efficiente della risorsa utilizzata per l'irrigazione delle colture può contrastare fenomeni di siccità e desertificazione, assicurando al contempo produzioni alimentari sufficienti. Questo è uno degli obiettivi che il gruppo di lavoro dell'Università degli Studi di Milano si è posto all'interno del progetto IrriGate, attività che punta ad accrescere l'efficienza idraulica gestionale dei sistemi irrigui a gravità.
A raccontarci il progetto è Daniele Masseroni, coordinatore dell'attività e ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell'Università degli Studi di Milano.
La crisi è più che mai attuale
Il contesto italiano sta attraversando una crisi idrica come non si vedeva da settanta anni. Ad essere colpito è l'intero territorio nazionale, ma particolarmente grave è la situazione nella Pianura Padana. Qui la mancanza di acqua minaccia oltre il 30% della produzione agricola e il 50% di quella zootecnica. Una situazione in realtà rappresentativa dell'intero bacino idrografico nazionale che presto potrebbe coinvolgere direttamente anche famiglie e industrie.
Preservare: obiettivo comune
Il fabbisogno irriguo italiano è notevole e ci colloca ai primi posti in Europa. Tuttavia negli ultimi anni, grazie all'uso di modelli sostenibili di gestione come l'irrigazione di precisione, l'agricoltura ha avviato il processo di riduzione del consumo di acqua.
Dati Istat confermano che circa il 30% della superficie agricola nazionale adotta tecniche di irrigazione a goccia, la cui efficienza rispetto ad altre soluzioni è elevata (la riduzione dell'utilizzo di acqua oscilla tra il 15% e l'80%).
L'irrigazione di precisione somministra la giusta quantità d'acqua a ogni singola pianta
(Fonte foto: Irritec)
L'importanza del contesto
Nonostante la tecnologia offra soluzioni volte a ridurre le perdite, non sempre l'applicazione indiscriminata di nuovi sistemi è sostenibile.
"Se la scelta di sostituire ai metodi tradizionali pratiche più efficienti come gli impianti ad aspersione o di microirrigazione è valida in generale, non va dato per assodato che il loro maggiore costo in termini energetici sia sempre sostenibile" sottolinea Masseroni.
Uno studio condotto in cinque consorzi irrigui spagnoli dimostra come la sostituzione dei tradizionali metodi a scorrimento con sistemi moderni in pressione abbia aumentato del 52% i costi di irrigazione, a fronte di un risparmio idrico medio del 23%. "L'aumento dei costi energetici ha portato all'introduzione di colture a maggior profitto caratterizzate da un fabbisogno irriguo maggiore: ciò ha vanificato in parte il risparmio di acqua iniziale" racconta Masseroni.
I costi dell'energia, aumentati a dismisura in seguito al conflitto russo ucraino, rendono alcune scelte ancor meno auspicabili. Confagricoltura, in un recente comunicato stampa, allerta sull'aumento considerevole dei costi dell'energia elettrica in Emilia Romagna, dove il costo medio ad ettaro dell'energia elettrica utile ad irrigare i frutteti potrebbe raggiungere i 430 euro a ettaro in media. Nel 2020 la stessa voce di spesa era 92 euro: un rincaro del 370% (Fonte dati: Consorzio per il Canale Emiliano Romagnolo).
Prezzo dell'energia elettrica in Unione Europea dal 2018 ad oggi, medie mensili
(Fonte foto: Clal)
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"Non vogliamo demonizzare la transizione verso metodi irrigui alternativi - aggiunge Masseroni - che molte volte sono necessari oltre che vantaggiosi. Solo dobbiamo prestare attenzione alla riconversione indiscriminata che non considera l'infattibilità infrastrutturale e le ripercussioni negative a livello economico, energetico e ambientale".
Una tradizione secolare sostenibile?
In alcuni contesti della Pianura Padana, ad esempio, una quota consistente di acqua irrigua utilizzata per colture estensive come mais e riso - settori agroalimentari strategici -, arriva dai fiumi. Attraverso una fitta rete di canali a cielo aperto giunge ai singoli appezzamenti sfruttando la forza di gravità con costo energetico nullo o quasi. I sistemi irrigui a gravità, tuttora largamente utilizzati, hanno origine molto antica e prevedono una gestione dell'acqua perlopiù manuale che si adatta solo in parte alle frequenti variazioni delle condizioni meteorologiche e colturali.
I 2.900 comizi irrigui censiti in Lombardia hanno una superficie media di 300 ettari e coprono I'80% del territorio agricolo
(Fonte foto: Anbi)
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"Questi metodi utilizzano grandi quantitativi di acqua, per questo sono sotto la lente di ingrandimento a livello regionale, nazionale e, soprattutto, europeo. Solo in Piemonte e Lombardia si utilizza l'85% delle risorse idriche destinate all'agricoltura nazionale" spiega Masseroni.
Questi metodi non hanno però una funzione solo agronomica. La loro esistenza preserva i territori e gli ambienti tipici della Pianura Padana. "La naturalità del paesaggio è legata alla fitta rete di canali distribuita sul territorio" commenta Masseroni.
Nomisma Bologna in un recente studio ha quantificato il valore economico della rete di canali irrigui in termini di biodiversità, habitat e paesaggio: dall'irrigazione di circa 20mila ettari il territorio bolognese trae, dai benefici ecosistemici, più di 2,7 milioni di euro.
Il progetto: innovare senza stravolgere
È in questo complesso contesto che nasce IrriGate, il progetto del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell'Università degli Studi di Milano - finanziato dalla Regione Lombardia con fondi del Programma di Sviluppo Rurale - che vuole aumentare l'efficienza delle pratiche irrigue a gravità, preservandole.
"L'analisi dei risultati ottenuti da due siti sperimentali su cui si sono applicate tecniche irrigue in sommersione su riso (circa 7 ettari in Lomellina) e a scorrimento su mais (150 ettari nel distretto irriguo di Ponte Trento) evidenzia un significativo margine di miglioramento ottenibile lavorando sulla gestione della pratica stessa" spiega Masseroni.
Schema delle possibili strategie di regolazione per l'irrigazione di colture a pieno campo: rigida, flessibile e ottimizzata
(Fonte foto: Daniele Masseroni, Università degli Studi di MIlano)
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In particolare, la gestione razionale e supervisionata dell'irrigazione a gravità, anche attraverso sistemi automatizzati di regolazione delle portate, può aumentare l'efficienza e generare un risparmio idrico coerente con le richieste dell'Unione Europea.
A seconda della strategia adottata, i vantaggi portano - nel caso di un approccio flessibile - alla riduzione dei volumi irrigui (fino a 12mila metri cubi/ettaro/anno) ma anche dei costi (tra 21 e 52 euro/ettaro). Nel caso di una gestione ottimizzata e "smart" su riso, con paratoia automatizzata che permette di irrigare al bisogno, si minimizza l'ampiezza delle fluttuazioni dei livelli idrici nella camera di risaia.
Il sistema è costituito da elementi della Rubicon, Azienda specializzata nella gestione dell'irrigazione
(Fonte foto: Daniele Masseroni, Università degli Studi di Milano)
"È un cambio radicale - spiega l'esperto - il controllo si inverte: è l'esigenza del campo a governare il sistema a monte e non più viceversa". Ricadute positive si osservano sulla coltura, sottoposta a minor stress idrico, e sull'ambiente per l'aumento di efficienza del sistema.
Ma chi paga?
Le soluzioni di ingegnerizzazione e automazione hanno però dei costi che, secondo Masseroni, "non sono compatibili e sostenibili solo dagli agricoltori. L'intervento pubblico qui è più che giustificato: gestire meglio l'acqua genera un'esternalità che ricade sulla collettività".
Canali di finanziamento possono essere il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) o i fondi dei Piani di Sviluppo Rurale, attualmente però focalizzati verso le riconversioni infrastrutturali.
Tra i benefici dovuti all'agricoltura irrigua ci sono la ricarica delle falde, la fitodepurazione, la regolazione del microclima e la conservazione del paesaggio
(Fonte foto: Università degli Studi di Padova)
"In futuro forse ci sarà bisogno di una conversione infrastrutturale - afferma Masseroni - per ora, intervenendo anche solo sulla gestione della risorsa si ottiene un risparmio idrico significativo compreso tra il 15 e il 20%".
Quale futuro?
Secondo il docente ci sono due strade percorribili, anche simultaneamente: "La prima, a costo zero, richiede linee guida utili ad una gestione irrigua efficiente in assenza di modifiche strutturali agli impianti o cambi di gestione consortile. La seconda punta sull'innovazione tecnologica in un contesto tradizionale, che passi da una ristrutturazione attenta ma capace di efficientare il sistema" conclude Daniele Masseroni.
Affinché gli interventi siano significativi non possono mancare un cambio culturale e la sinergia di intenti tra gli attori che gestiscono l'acqua: agricoltori e consorzi di bonifica.