Crisi, che fare? L’osservatorio privilegiato degli iscritti a Confai permette di lanciare alcune idee per risollevare il settore primario, in difficoltà principalmente sul fronte dei prezzi ma che sta attraversando anche una forte crisi di competitività, fattori questi che portano inevitabilmente all’uscita progressiva di imprenditori dal mondo agricolo.
"Senza volerci addentrare nello specifico in segmenti diversi fra loro per reattività, remuneratività e mercati – analizza Leonardo Bolis, presidente di Confai – l’agricoltura italiana pare purtroppo possedere una scarsa propensione ad uscire dal nanismo. Vuoi per questioni strutturali e dimensionali, vuoi per problemi di ricambio generazionale, vuoi anche per i nodi di maglie burocratiche che impediscono talvolta di pianificare a medio-lungo termine gli investimenti".
Gli effetti della crisi si sono fatti sentire di riflesso anche sulle imprese agromeccaniche. E con ripercussioni anche pesanti.
Il lavoro non manca. Forse in parte è calato, soprattutto in quelle zone d’Italia in cui è venuta a mancare la zootecnia, o dove gli imprenditori agricoli – a dire il vero non molti, per fortuna - hanno scelto di non fare gli imprenditori e percepire i contributi Pac senza seminare.
"La questione forse più preoccupante – osserva Bolis – è un’altra. E riguarda cioè gli effetti finanziari della crisi. Dove le aziende agricole hanno meno liquidità e un accesso al credito meno agevole rispetto al passato, allora sono gli indotti a monte che ne fanno le spese: i mangimifici, le aziende fornitrici di beni ma anche quelle fornitrici di servizi, come sono i contoterzisti".
Il terziario agricolo non è infatti soltanto il braccio meccanico dell’agricoltura, ma ne è il motore. "Purtroppo, per effetto della crisi si sono dilatati i tempi di pagamento – prosegue Bolis – con l’effetto che le imprese agromeccaniche si sono trasformate in una sorta di banca per l’agricoltura. Dobbiamo di fatto anticipare le spese di produzione, comprese quelle per il gasolio agricolo, che è forse la voce più rilevante in alcuni periodi di lavoro, come per l’aratura e la raccolta".
Soluzioni per uscirne? Confai si limita ad avanzare alcune osservazioni, lontane dal voler essere provvedimenti risolutivi di un sistema piuttosto complesso, come è quello dell’agricoltura.
"Certamente il nostro settore ha la necessità di poter dialogare sullo stesso piano con tutti gli attori del mondo agricolo – dichiara Bolis -. Ci consideriamo un anello fondamentale per l’innovazione e per la competitività delle imprese agricole. Ecco,vogliamo poter essere riconosciuti per il ruolo che abbiamo all’interno del comparto primario. Non siamo artigiani, non siamo industriali. Lavoriamo nell’agricoltura e per l’agricoltura. E' arrivato il momento di dare concreta attuazione a quanto stabilito nella legge di Orientamento agricolo".
I benefici sarebbero di doppia natura. "Fiscale, previdenziale, finanziaria per le nostre imprese, che potrebbero trarre vantaggi certi, senza per questo ledere gli interessi di alcuno – specifica il numero uno di Confai -. Ma anche per le casse dello Stato e delle Regioni, che con il nostro inquadramento definitivo nell’agricoltura potrebbero recuperare entrate con l’emersione di lavoro irregolare».
I fondi tuttora inutilizzati dei Programmi di sviluppo rurale stanno a dimostrare, inoltre, che non vi sarebbero problemi di coesistenza nell’accesso ai finanziamenti. «Potremmo accedere alle misure per l’innovazione tecnologica e l’ammodernamento della meccanizzazione agricola, senza per questo togliere risorse ad altri soggetti interessati".
Quello che serve, secondo Confai, è forse maggiore attenzione all’agricoltura. "Questo non necessariamente significa assegnare ulteriori fondi – conclude il numero uno di Confai – ma fare in modo che un intero sistema possa riprendere il cammino di crescita su mercati interni ed internazionali, seguendo non soltanto la vocazione della qualità".
Un nemico da combattere è la burocrazia. Migliorabile, inoltre, il Decreto sviluppo per la modernizzazione delle macchine agricole, recentemente varato dal Governo.
"La direzione della sicurezza sul lavoro e della lotta all’inquinamento è senza dubbio apprezzabile - conclude -, ma la dotazione quanto mai leggera e l’obbligo di rottamare soltanto macchine immatricolate prima del 31 dicembre 1999, di fatto escludono i contoterzisti".