Russia e Ucraina hanno rinnovato per altri due mesi l'accordo sul grano, prorogandolo fino al prossimo 18 luglio. Ne ha dato notizia il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, protagonista di una mediazione che fonti accreditate hanno definito "faticosa", insieme con il supporto dell'Onu, in prima fila fin dalla prima intesa nel luglio scorso.

 

L'intesa ha permesso all'Ucraina di esportare negli ultimi dieci mesi il 50% dei propri prodotti agricoli, pari a 30,2 milioni di tonnellate.

 

In seguito all'accordo, il vicepremier ucraino, Oleksandre Koubrakov, ha commentato la notizia su Twitter: "Siamo riconoscenti nei confronti dei nostri partner, dell'Onu e della Turchia, per gli sforzi fatti per assicurare la sicurezza alimentare mondiale".

 

Sul fronte opposto, la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, pur confermando l'estensione per due mesi dell'accordo sul grano con l'Ucraina, ha lamentato "disparità dei benefici" fra le due parti, che dovranno essere "corrette nel modo più veloce possibile".

 

Per il Cremlino, mentre i cereali ucraini possono essere venduti nel resto del mondo, i prodotti agricoli russi sono parzialmente bloccati nel loro libero commercio dalle sanzioni occidentali. La Russia, inizialmente, per prorogare la Black Sea Initiative, aveva chiesto che fossero riconosciute cinque condizioni, fra le quali la riconnessione al sistema bancario internazionale Swift per la banca russa specializzata nel settore agricolo Rosselkhozbank, oltre alla rimozione delle catene alle navi russe in modo da assicurare l'accesso ai porti stranieri. Le sanzioni sui servizi finanziari e assicurativi, inoltre, ostacolerebbero secondo la Russia l'esportazione dei loro fertilizzanti.

 

Pur nelle difficoltà, se non altro in linea teorica l'intesa sull'export di grano arginerebbe il pericolo di un'emergenza alimentare almeno per i prossimi due mesi.

 

Tuttavia, i dati rilevati dal Centro Studi Divulga sulla base delle informazioni dell'Onu e del Ministero dell'Agricoltura dell'Ucraina raccontano una storia parzialmente diversa. Dei 30,2 milioni di tonnellate, dei quali la metà del totale è rappresentata dal mais, il 26,9% dal grano tenero, il 5,5% dalla farina di girasole, il 5,1% dall'olio di girasole, i primi Paesi destinatari delle esportazioni ucraine sarebbero la Cina con 7 milioni di tonnellate di prodotto (23,2% del totale dell'export), seguita da Spagna (5,4 milioni di tonnellate, pari al 18%) e la Turchia (3,1 milioni di tonnellate di prodotti cerealicoli, pari al 10,2%). Al quarto posto, l'Italia con 2 milioni di tonnellate (6,7%). Parliamo in tutta evidenza di Paesi non toccati fortunatamente da crisi alimentari e, se guardiamo i numeri cinesi, con scorte rilevanti sul piano mondiale.

 

La previsione di un rafforzamento degli stock cerealicoli a livello mondiale e la firma dell'accordo Black Sea Initiative hanno sgonfiato i listini, con i future del grano sulle piazze di Chicago (Cbot) e Parigi (Matif) in frenata.
Ne sono consapevoli farmer e soprattutto trader internazionali basati negli Stati Uniti, che puntano a ribassare il prezzo per ritrovare competitività sullo scacchiere mondiale.