Parliamo di economia circolare anzi di agricoltura circolare - che è poi pratica antichissima. Si parla di circolarità quando si definisce un sistema che si può rigenerare da solo, riducendo quanto più possibile lo spreco di risorse naturali. I nostri antenati vivevano in ambienti che erano la quintessenza della circolarità - nulla andava sprecato: a cominciare dall'acqua.
La stagione siccitosa ci aiuta a focalizzare l'attenzione proprio sull'acqua, un bene che andrà, soprattutto nel nostro Paese, sempre più salvaguardato. Se vogliamo parlare di sprechi in Italia possiamo cominciare proprio dalla acque reflue: in Italia ne produciamo 9 miliardi di metri cubi ma ne utilizziamo solo il 5% (475 milioni - dati Utilitalia). In Italia sono presenti 18.140 impianti di depurazione di cui meno della metà dotati di impianti per il trattamento avanzato delle acque, quindi idonei per la produzione di acque per il riuso - acque che poi posson venir distribuite o magari anche poste a riserva.
Lo scorso 25 maggio è stato approvato il Regolamento Ue (2020/741) che reca le prescrizioni minime per il riutilizzo delle acque. Una misura approvata con una grande accelerazione visto il preoccupante calo dei livelli delle falde acquifere che interessa oramai un terzo dei paesi membri dell'Unione. La riutilizzazione delle acque reflue è assai meno costosa di altre pratiche di approvvigionamento idrico emergenziale, come per esempio la desalinizzazione o ancora il trasferimento di acqua da altri bacini. Il regolamento parla della promozione dell'economia circolare, peraltro, attraverso il recupero dei nutrienti dalle acque depurate, definendo i requisiti qualitativi minimi per le acque reflue urbane affinché possano essere riutilizzate in modo sicuro per le persone e per l'ambiente.
Chi se ne intende ci dice che l'investimento per l'adeguamento dei depuratori sarebbe minimo rispetto ai vantaggi per i cittadini, l'ambiente e l'agricoltura. Noi ci crediamo.