Le sostanze naturali sono state utilizzate per secoli essendo la base fondativa della medicina tradizionale che, purtroppo, è stata spesso scarsamente supportata da un approccio rigorosamente scientifico in termini di un'accurata verifica sperimentale che ne potesse comprovare efficacia e riproducibilità. In tempi recenti, la ricerca di nuovi preparati più sicuri e ad elevato potenziale terapeutico o profilattico ha stimolato un forte interesse nei confronti delle sostanze naturali per un utilizzo non solo in campo farmaceutico ma anche alimentare, cosmetico, nutraceutico ed agronomico, come lo sviluppo di strategie innovative di protezione e difesa delle colture agricole.
In questo contesto le piante rappresentano una fonte ricchissima di composti e molecole bioattive ad alto valore aggiunto essendo in grado di produrre una grande varietà di composti chimici strutturalmente anche molto complessi. Tra questi, i cosiddetti "metaboliti secondari" sono spesso distribuiti in modo differenziato tra i gruppi tassonomici all'interno del regno vegetale e sono caratterizzati da un'altissima variabilità strutturale. Pur non intervenendo direttamente nel metabolismo principale delle piante, svolgono un ruolo ecologico fondamentale nell'adattamento delle piante all'ambiente in cui risiedono; possono infatti essere responsabili della dissuasione nei confronti degli erbivori e della difesa contro i patogeni, contribuiscono altresì ai colori e alle caratteristiche sensoriali di fiori e frutti, centrali per i processi di impollinazione entomofila e disseminazione zoocora, intervenendo così nella propagazione delle diverse specie nello spazio e nel tempo.
Molti di questi metaboliti, come le sostanze fenoliche, possono essere presenti negli scarti di alcune produzioni primarie ed un loro riutilizzo ha come indubbio valore aggiunto un aumento della sostenibilità del processo produttivo. Infatti, tra i vari sforzi che si possono intraprendere al fine di uno sviluppo più sostenibile, l'economia circolare è emersa come una delle strategie più efficaci. Al contrario dei processi lineari che possono essere riassunti come "prendi, produci e smaltisci", con materie prime ad un'estremità e rifiuti dall'altra, l'economia circolare mira a "chiudere il ciclo" dei prodotti: i rifiuti diventano risorse da recuperare e valorizzare, attraverso il riciclo, creando benefici sia per l'ambiente che per l'economia.
Negli ultimi anni queste implicazioni ed i relativi vantaggi sono stati ampiamente dimostrati come mezzo per raggiungere un migliore equilibrio tra economia, ambiente e salute umana, promuovendo così un uso più ecologico delle risorse. L'idea alla base è quella di imitare la circolarità dei processi biologici, garantendo che le materie prime utilizzate nei processi di produzione possano essere facilmente riciclate alla fine della loro vita attraverso la reintroduzione nell'ambiente o nel contesto di un nuovo processo produttivo come materie prime secondarie. L'economia circolare è, infatti, un modello di sviluppo a circuito chiuso che evita, ove possibile, la produzione di rifiuti.
Di recente, il nostro gruppo ha posto una particolare attenzione agli scarti della trasformazione dei frutti di Actinidia deliciosa, la pianta del kiwi, di Punica granatum, il melograno e di Olea europaea, l'olivo, ottenendo estratti fenolici che sono stati caratterizzati dal punto di vista della composizione chimica e successivamente valutati nell'ambito del processo infiammatorio, dello stress ossidativo e delle infezioni batteriche.
In particolare, A. deliciosa è una pianta di origine cinese largamente coltivata in Italia; nel panorama globale, il nostro paese si è gradualmente e progressivamente attestato fra i maggiori produttori mondiali, secondo solo alla Repubblica popolare cinese. La buccia del frutto, che da un punto di vista botanico è l'esocarpo della bacca comunemente chiamata kiwi, è uno scarto della produzione di succhi e conserve, ottenibile anche dai frutti di basso calibro non commercializzabili. L'estratto ricco in polifenoli, ed in particolare di procianidine, ha dimostrato uno spiccato effetto antinfiammatorio su una linea cellulare umana (monociti THP-1), essendo in grado di mediare l'inibizione della secrezione di molecole regolatorie coinvolte in questo processo.
L'infiammazione è una risposta fisiologica del nostro organismo alle infezioni o alle lesioni dei tessuti, normalmente è auto-limitante perché alla produzione di mediatori pro-infiammatori, quelli che promuovono il processo, segue solitamente la produzione di mediatori antinfiammatori ad azione inibente. Tuttavia, in alcuni casi, questo processo sfugge al controllo e si può instaurare un'infiammazione cronica, che è alla base delle malattie infiammatorie e, come è sempre più spesso dimostrato, di alcuni tumori. Perciò l'effetto inibitorio rilevato sui mediatori pro-infiammatori può avere un considerevole ruolo preventivo sulla cronicizzazione dell'infiammazione con importanti ricadute per la salute umana.
Tramite l'utilizzo di un altro sistema cellulare, in questo caso ottenuto da cellule dell'epitelio mammario bovino (BME-UV1) è stato possibile dimostrare che anche l'estratto fenolico della buccia della melagrana, una bacca modificata che prende il nome di balausta, ricco in punicalagine, è efficace nella riduzione dello stress infiammatorio. L'azione antinfiammatoria dell'estratto, similmente al caso precedente, si è esplicata tramite una riduzione dell'espressione delle citochine pro-infiammatorie, che sono i mediatori molecolari che innescano e sostengono il processo. Inoltre, allo stesso tempo è anche stata rilevata una chiara attività di mitigazione dello stress ossidativo, grazie alla valutazione delle specie reattive all'ossigeno a seguito di induzione con acqua ossigenata o endotossina. Questo effetto combinato è promettente per un potenziale utilizzo dell'estratto come integratore alimentare per i bovini da latte soprattutto nel periparto, un periodo estremamente stressante per gli animali.
Nel contesto del progetto di ricerca Violin (Valorization of italian olive products through innovative analytical tools) finanziato finanziato da Ager-Agroalimentare e Ricerca, sono stati presi in considerazione gli scarti della produzione olearia. L'Olea europaea, comunemente nota come olivo, è una pianta mediterranea largamente coltivata per i suoi frutti che possono essere consumati come olive da tavola o principalmente utilizzati per l'estrazione dell'olio; entrambi questi prodotti sono notoriamente alla base della dieta mediterranea. Durante la raccolta e la lavorazione delle drupe vengono generati molti scarti, come foglie, ramoscelli, sanse ed acque di vegetazione. In particolare, grazie all'utilizzo di una metodologia brevettata ed ecosostenibile, basata su tecnologie di filtrazione a membrana, è stato possibile ottenere dalle acque di vegetazione un estratto arricchito in idrossitirosolo. Questo composto fenolico a basso peso molecolare è noto per molteplici importanti proprietà biologiche come quella antiossidante, antinfiammatoria ed antimicrobica, e sebbene sia presente anche nell'olio di oliva, per la sua idrofilicità, confluisce in discrete quantità negli scarti di lavorazione olearia.
L'attività antimicrobica dell'estratto è stata testata su due importanti patogeni batterici dell'olivo Pseudomonas savastanoi pv. savastanoi e Agrobacterium tumefaciens, che sono responsabili per ingenti perdite nella produzione delle olive; in modo particolare P. savastanoi, essendo l'agente eziologico della rogna dell'olivo, malattia molto diffusa, presente ovunque si coltivi l'olivo e considerata uno delle più serie minacce per questa coltura. La sperimentazione pubblicata a settembre dello scorso anno ha dimostrato un'indubbia efficacia dell'estratto su entrambi i batteri.
Se questi dati fossero ulteriormente confermati da una sperimentazione in campo, si potrebbe definitivamente concretizzate l'auspicata circolarità dell'approccio; infatti, prodotti derivanti dagli scarti della trasformazione di una coltura potrebbero essere applicati nella protezione e difesa della coltura stessa e quindi nella fattispecie si potrebbe procedere dall'uliveto al frantoio per poi ritornare nuovamente all'uliveto di origine.
di Elisa Pannucci, Mariangela Clemente, Roberta Bernini e Luca Santi, dipartimento di Scienze agrarie e forestali (Dafne), Università degli studi della Tuscia, Viterbo
Bibliografia
- D'Eliseo, D.; Pannucci, E.; Bernini, R.; Campo, M.; Romani, A.; Santi, L.; Velotti, F. In vitrostudies on anti-inflammatory activities of kiwifruit peel extract in human THP-1 monocytes (2019). Journal of Ethnopharmacology, 233, 41-46.
- Mastrogiovanni, F.; Bernini, R.; Basiricò, L.; Bernabucci, U.; Campo, M.; Romani, A.; Santi, L.; Lacetera, N. Antioxidant and anti-inflammatory effects of pomegranate peel extracts on bovine mammary epithelial cells BME-UV1 (2018). Natural Product Research.doi: 10.1080/14786419.2018.1508149.
- Pannucci, E.; Caracciolo, R.; Romani, A.; Cacciola, F.; Dugo, P.; Bernini, R.; Varvaro, L.; Santi, L. An hydroxytyrosol enriched extract from olive mill wastewaters exerts antioxidant activity and antimicrobial activity on Pseudomonas savastanoi pv. savastanoi and Agrobacterium tumefaciens (2019). Natural Product Research. doi:10.1080/14786419.2019.1662006.
Ringraziamenti
L'articolo rientra nell'attività svolta nell'ambito dei WP4, WP5 e WP7 del Progetto "Safe-Med" finanziato al dipartimento di Scienze agrarie e forestali dell'Università degli studi della Tuscia dal Miur (legge 232/2016 - dipartimenti di Eccellenza).
Il progetto sulla valorizzazione degli scarti della produzione olearia è stato finanziato da Ager-Agroalimentare e Ricerca, Progetto AGER2-Rif.2016-0169, "Valorizzazione dei prodotti italiani derivanti dall'oliva attraverso tecniche analitiche innovative" - "VIOLIN".
Le attività di ricerca sugli estratti da bucce di melograna sono state in parte finanziate dall'azienda Sivam di Casalpusterlengo (Lo).
Infine, si ringraziano tutti gli autori che hanno contribuito alle ricerche qui presentate, in ordine alfabetico: Basiricò Loredana, Bernabucci Umberto, Cacciola Francesco, Campo Margherita, Caracciolo Rocco, D'Eliseo Donatella, Dugo Paola, Lacetera Nicola, Mastrogiovanni Fabio, Romani Annalisa, Varvaro Leonardo e Velotti Francesca.
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Fonte: Università degli Studi della Tuscia - Dipartimento di Scienze agrarie e forestali