La siccità ha fatto già registrare, secondo stime della Coldiretti Calabria, circa 300 milioni di euro di danni nel settore agricolo. Una conta difficile che nelle prossime ore dovrà farsi più precisa e puntuale vista l'opportunità di risarcire anche le produzioni danneggiate non coperte da polizze assicurative incentivate.
Sullo sfondo, anche in Calabria, una forte riduzione delle piogge e alcune opere ancora incompiute che potrebbero dare respiro al settore nei prossimi anni.
Piogge crollate rispetto alla media degli ultimi cento anni
La giornata del 25 luglio è iniziata con un atto formale importante: il Centro funzionale multirischi dell'Agenzia regionale per l'ambiente della Calabria, diretto da Raffaele Niccoli, ha consegnato alla Giunta regionale il "Rapporto sulle precipitazioni e valutazione del deficit idrico nel periodo ottobre 2016-giugno 2017"."La valutazione della distribuzione cumulata nell'intero periodo ottobre 2016-giugno 2017 rispetto alla media relativa allo stesso periodo riferita ai valori misurati dal 1916 al 2016 - è scritto nel Rapporto - evidenzia il sensibile deficit di apporto precipitativo soprattutto nei territori centro-settentrionali della regione".
Lo Standardized precipitation index, un indice climatologico internazionale comunemente usato per la quantificazione della relativa scarsità o abbondanza di precipitazioni, assume valori inferiori a -2: "vale a dire di estrema siccità, per l'aggregazione a 3, 6 e 12 mesi per buona parte del Cosentino e del versante Tirrenico reggino" è scritto nel rapporto, dove per altro si sottolinea: "allo stato attuale si registra una scarsa disponibilità di risorse idriche sia ai fini della produzione agraria che di bacino idrologico: livelli di falda e portate fluviali".
Anche sulla base di questi dati la Giunta ha deliberato in serata la richiesta di declaratoria al Governo per utilizzare gli strumenti di sostegno del decreto legislativo 102/2004.
Per ora 300 milioni di danni
Sarebbe di circa 300 milioni di euro la perdita provocata in Calabria alle coltivazioni e agli allevamenti da un andamento climatico del 2017 del tutto anomalo, che lo classifica ai primi posti tra i più torridi e siccitosi da oltre duecento anni.La Coldiretti Calabria ha reso noti i dati relativi ai danni all'agricoltura calabrese già a metà luglio. In difficoltà l'ulivo con perdite medie del 35/40% e la viticoltura con circa un 15% di grappoli bruciati per eccesso di caldo e siccità, mentre appaiono in forte difficoltà i pascoli per bovini ed ovicaprini per la notevole diminuzione di produzione di foraggi sui prati permanenti.
Si registra poi un aumento del costo delle irrigazioni sugli ortaggi in pieno campo, in serra e per la frutticoltura e in diversi territori anche nei vigneti. La siccità ha compromesso la qualità di frutta e ortaggi determinata dall'accelerazione della maturazione di pesche, angurie, ed altri frutti. Tale situazione ha per altro determinato maggiori scarti soprattutto verso le consegne alla Gdo.
In totale la stima dei danni, tra maggiori costi e minore produzione secondo la Coldiretti si attesta a 300 milioni di euro.
Opere irrigue da rilanciare
"Alla luce dei dati che ci consegna questo annus horribilis - afferma Pietro Molinaro, presidente della Coldiretti Calabria - serve assolutamente una nuova cultura della prevenzione"."E' necessario passare dalla gestione dell'emergenza, con enorme spreco di risorse, ad una nuova cultura della prevenzione in una situazione nella quale quasi 9 litri di pioggia su 10 sono perduti" sottolinea Molinaro.
"Occorre che la Regione Calabria faccia scelte in linea e quindi investa con decisione - chiarisce il presidente della Coldiretti regionale - su invasi e reti irrigue perché è la precondizione per continuare a mantenere l'agricoltura di qualità, ma anche ad offrire certezza e sicurezza alla collettività nonché benefici all'ambiente e al paesaggio".
"Si rendono infatti necessari - ha concluso Molinaro - interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere infrastrutturali, potenziando la rete di invasi sui territori, creando bacini aziendali e utilizzando anche le ex cave e le casse di espansione dei fiumi per raccogliere l'acqua piovana".