L'intero non è la somma delle parti. E' questo il concetto che sta alla base dell'uso dei Big data. L'utilizzo di dati provenienti da sistemi diversi infatti, è in grado di generare una mole di informazioni utili alla produzione molto più vasta di quella che i singoli sistemi potrebbero generare separatamente.

Di Big data e del loro utilizzo si è parlato durante un evento organizzato dai giovani di Confagricoltura a Fieragricola, che si è tenuta a Verona dal 3 al 6 febbraio.

La capacita che è richiesta non solo agli agricoltori ma anche alle istituzioni è di mettere a sistema l'enorme molte di dati che abbiamo a disposizione per permetterci di fare interventi il più possibile specifici per massimizzare le rese, ottimizzando le risorse e riducendo i costi”, ha spiegato Raffaele Maiorano, presidente dei giovani di Confagricoltura.

Ma per capire che cosa sono i Big data è meglio partire da ciò che non sono. “Non sono la quantità di informazioni presenti in questo momento sui server. Non sono leggibili con le modalità di approccio statistico. E non sono il sottoprodotto di un'altra attività”, spiega Roberto Reali, del dipartimento di Scienze bio-agroalimentari del Cnr.

In altre parole i Big data, per essere definiti tali, oltre alla loro mole, devono essere raccolti in tempo reale (o quasi), devono essere frutto di ricerche ad hoc e analizzati con modelli interpretativi che sono la vera sfida del momento, su cui stanno lavorando colossi dell'informatica come Google e Microsoft.

Facciamo un esempio pratico. Supponiamo che un viticoltore voglia utilizzare i Big data per migliorare i processi produttivi e l'utilizzo delle risorse. Di quali informazioni ha bisogno? Prima di tutto quelle provenienti dal campo. Possono essere molte, moltissime: la fertilità del suolo, l'umidità del terreno, il vigore vegetale delle piante. Tutti i dati che devono essere raccolti real time ed inviati sul computer dell'agricoltore o sul cloud.

Ci sono poi dati provenienti da sistemi esterni: ad esempio le centraline meteo, i bollettini fitosanitari e perché no, anche i dati provenienti dall'intera filiera, dai fornitori e dai trasformatori. Perchè il punto chiave, come detto all'inizio, è la cooperazione tra soggetti diversi, anche molto distanti.

In futuro i dati di vendita dei supermercati saranno immediatamente disponibili a grossisti e agricoltori che potranno pianificare le loro attività. Sapere ad esempio quando c'è carenza di un prodotto per raccoglierlo e farlo arrivare sulla tavola del consumatore in tempi ridotti.

La tempestività è l'elemento fondamentale che si sposa perfettamente con l'atra grande rivoluzione che stiamo vivendo, l'agricoltura di precisione. Fare 'precision farming' significa dare alla pianta esattamente ciò di cui ha bisogno nel momento in cui lo richiede. Per farlo servono dati e capacita di elaborazione
Ad oggi stiamo lavorando ad una infrastruttura pubblica che permetta di caricare informazioni e ricevere servizi”, ha annunciato Salvatore Parlato, commissario straordinario del Crea.

I Big data sono al centro delle ricerche anche dei grandi gruppi dell'agroindustria italiana, come Barilla. Andrea Belli, Quality and food safety governance, è convinto che l'utilizzo delle informazioni provenienti da diversi ambiti sia essenziale per migliorare la produzione, ma anche per fornire al consumatore informazioni sui prodotti attraverso etichette intelligenti, leggibili su smartphone tramite Qr code. Etichette che forniranno informazioni non tanto sul prodotto in generale, ma sul singolo sugo o pacchetto di pasta, i cui valori nutrizionali variano a seconda delle materie prime consegnate dai fornitori o dalle modalità di produzione.

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