Il 2014 non è stato un anno felice, né per gli agricoltori sommersi di acqua piovana per quasi sei mesi di fila, né per gli apicoltori, i quali hanno visto un calo di produzioni di circa il 60%.
Come facilmente prevedibile, le accuse di ciò sono state subito rimbalzate sulla chimica agraria, rea secondo gli apicoltori di avvelenare le loro colonie con gli odiati “pesticidi”. All’articolo di denuncia, comparso su “La Repubblica” del 12 ottobre scorso e titolato <<Gli insetticidi fan strage di api, rivolta tra i produttori del miele>> (la sentenza di colpevolezza pare essere quindi già stata pronunciata ancor prima che sia iniziato il processo...), replica però Agrofarma, sempre sul medesimo quotidiano, il 4 novembre con un pezzo titolato <<Moria delle api, Agrifarma "La colpa non è nostra">> .
L’errore “Agrifarma” anziché “Agrofarma” è di “La Repubblica”, non dell’autore del presente articolo.
Fra le argomentazioni utilizzate dagli apicoltori, il supposto uso massiccio di insetticidi per combattere quei parassiti che si sarebbero avvantaggiati di un inverno mite. Ciò avrebbe aumentato, sempre secondo loro, la pressione chimica sulle colonie di api provocando morie. Circa 60 sono state infatti le segnalazioni ufficiali di morie primaverili. Considerando però che gli apicoltori italiani professionali sono più di 12 mila, cui si aggiungono circa 28 mila hobbisti, che vi siano state 60 segnalazioni verrebbe da far dire: “Solo?”
Dura infatti attribuire agli insetticidi un calo del 60% delle produzioni, soprattutto pensando che le medesime piogge che in primavera-estate hanno ostacolato le api nella bottinatura hanno anche indotto gli agricoltori a un uso maggiore di fungicidi, non di insetticidi. Gli insetti, infatti, in molte zone si son fatti vedere dal poco al nulla. Perché da quando agricoltura è agricoltura, le annate da patogeni non corrispondono quasi mai con le annate da fitofagi.
E infatti Agrofarma non ci sta a beccarsi tutte le accuse sul groppone e risponde a tono fornendo le proprie argomentazioni, supportate peraltro indirettamente da Ettore Capri, docente alla Facoltà del Sacro Cuore di Piacenza e membro dell’Efsa. Questi ha infatti dapprima ricordato come la sospensione dei neonicotinoidi concianti fu presa “in via precauzionale, anche in assenza di un'evidenza scientifica chiara”. Poi ha anche sottolineato come le sostanze attive si siano ridotte da mille a circa 400 a seguito della Revisione Europea: un setaccio che ha eliminato la parte meno nobile dell’agrochimica ma dei cui meriti pare nessuno porti memoria. Specialmente quando si debba strillare allo stato di calamità di un intero comparto.
Rafforza quindi il concetto anche il Presidente di Agrofarma Andrea Barella, il quale ha ricordato come il mercato degli agrofarmaci sia diminuito in vent’anni da 141.200 tonnellate alle attuali 93.792, segnando un secco -33% nei volumi impiegati in campagna. Ciò non si è però tradotto in una perdita di fatturato, dato che le molecole nuove e più tecnologiche vengono impiegate si a dosi inferiori rispetto a quelle delle “sorelle” più attempate, ma costano anche molto di più. Per tali ragioni il giro d'affari è cresciuto di quasi il 14% tra il 2000 e il 2013, arrivando a toccare un fatturato complessivo attuale di 795 milioni di euro. Motivo per il quale alcuni personaggi poco onesti dal punto di vista intellettuale continuano a millantare “usi sempre più massicci di pesticidi” riferendosi ai fatturati, pur sapendo che le tonnellate assolute sono calate e anche di molto. Del resto, ognuno ha i mistificatori che si merita.
Sia come sia, l’affair api continua a tenere banco, in un continuo balletto di accuse - tutte da provare - e di difese tecniche di parte che in un Paese normale non dovrebbero nemmeno essere strutturate, visto che dovrebbe essere la Scienza - e non un’associazione industriale - a dare risposte oggettive a chi lamenti perdite puntando il dito su qualche comodo untore di turno.
Perché, come si ricorda nel titolo e nel sommario del presente articolo: “La colpa morì fanciulla perché nessuno la volle…”
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Autore: Donatello Sandroni