Non sono mancati i saluti inviati dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e del Sommo Pontefice.
Diversi i temi trattati nei vari interventi ma tutti, ovviamente, focalizzati sull’attuale situazione del Paese e sul ruolo che il settore primario opera e potrebbe operare nel rilancio della nostra economia.
Discount del made in Italy
Particolarmente incisivo è stato l’angolo allestito all’insegna del made in Italy che non c’è più, in cui erano esposti prodotti notissimi che ormai di italiano hanno solo il nome. Nel corso degli ultimi anni sono infatti passati in mani straniere marchi storici dell’agroalimentare italiano per un fatturato di almeno 10 miliardi di euro dall’inizio della crisi.
“I grandi gruppi multinazionali che fuggono dall’Italia della chimica e della meccanica investono invece nell’agroalimentare nazionale perché, nonostante il crollo storico dei consumi interni, fa segnare il record nelle esportazioni grazie all’immagine conquistata con i primati nella sicurezza, nella tipicità e nella qualità” ha affermato il presidente di Coldiretti, Sergio Marini. “Il passaggio di proprietà - ha spiegato - ha spesso significato svuotamento finanziario delle società acquisite, delocalizzazione della produzione, chiusura di stabilimenti e perdita di occupazione. Si è iniziato con l’importare materie prime dall’estero per produrre prodotti tricolori, poi si è passati ad acquisire direttamente marchi storici e il prossimo passo è la chiusura degli stabilimenti italiani per trasferirli all’estero. Un processo – ha concluso Marini - di fronte al quale occorre accelerare nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che veda direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi”.
Il presidente Sergio Marini e l'angolo del "Made in Italy che non c'è più"
(Foto @ Alessandro Vespa - AgroNotizie)
Fai e Voi: modelli di filiera
Il modello di filiera agricola tutta italiana proposto da Coldiretti si basa sul presupposto che l’82% degli italiani preferisca acquistare prodotti nazionali e, di questi, il 53% accetti di pagare qualcosa in più per averli. Partendo da questo principio e ritenendo ancora deficitarie le norme sull’etichettatura vigenti, Coldiretti e Campagna Amica hanno lanciato il progetto del marchio Fai (Firmato dagli agricoltori Italiani) che dovrebbe garantire in Italia e all’estero che i prodotti provengono al 100% dai campi e dagli allevamenti italiani che rispettano l’etica nei processi produttivi e assicurano per contratto una equa ripartizione del valore tra i vari attori della filiera.
A poco più di un anno dalla sua costituzione, già numerose filiere produttive hanno ottenuto il riconoscimento e possono fregiarsi del marchio Fai, dalla pasta al riso nelle varietà Arborio, Carnaroli e Baldo, dall’olio Extra Vergine all’ortofrutta, dal latte UHT ai salumi fino alle carni provenienti da razze autoctone bovine (Chianina, Marchigiana, Romagnola e Piemontese) e suine come la Cinta Senese e il suino bianco dell’Appennino.
L’Assemblea è stata l’occasione per presentare il progetto Voi (Valori origine italiana) della catena di distribuzione Iper, nato in collaborazione con Coldiretti e Fai e offre prodotti garantiti da quest’ultimo marchio.
“L'agricoltura è un settore della nostra attività economica che funziona meglio in questo momento e crea occupazione ed è fondamentale – ha dichiarato il ministro Zanonato riferendosi al Fai - che questo marchio si affermi con grande efficacia”
Senza entrare nel merito dell’opportunità che le istituzioni promuovano ufficialmente dei programmi che, per quanto virtuosi, rimangono legati a una specifica struttura con interessi particolari, rimane comunque da vedere se l’applicazione su vasta scala del progetto sia sostenibile in un Paese che sembra voler ignorare pervicacemente il principio della trasparenza e che ha fatto scelte ben precise in tema di Ogm.
Ogm
La posizione di Coldiretti sugli Ogm rimane granitica: non servono all’agricoltura italiana che deve puntare esclusivamente sulle produzioni di eccellenza e non li vogliono, al pari della stragrande maggioranza dei consumatori che ne ha paura.
Irrilevante il fatto che in Italia, a fronte del divieto di produrli, la normativa consenta di importarli e consumarli; coloro che desiderino competere su questo campo con i prodotti d’Oltreoceano sono destinati a fallire, perché non hanno capito quale sia la giusta strada per la nostra agricoltura.
Non stupisce che Coldiretti sostenga a gran voce questa tesi, perfettamente in linea con la propria filosofia e visione del settore primario. Quello che stupisce sono, invece, le dichiarazioni del ministro De Girolamo, che rivolgendosi ai presenti ha dichiarato di essere contraria agli Ogm “senza se e senza ma”, esprimendo il proprio pensiero con un ardore che, a opinione di chi scrive, può ben risiedere negli stakeholder pro o contro gli Organismi geneticamente modificati, ma non trovare terreno fertile in un ministro che, per la sua funzione, dovrebbe rappresentare gli agricoltori di entrambe le parti, ossia anche coloro che non condividono la visione dell’agricoltura di Coldiretti.
Sulla stessa linea le dichiarazioni da parte dei ministri Orlando e Lorenzin, con quest’ultima che ha annunciato di avere l’intenzione di “presentare presto in Parlamento un disegno di legge per valorizzare il 'km zero'”.
Il ministro delle Politiche agricole, Nunzia De Girolamo (Fonte @ Coldiretti)
Crisi, occupazione, fiscalità e Pac
Nonostante la crisi dei consumi agroalimentari+, l’agricoltura si ostina a crescere. Il settore che da solo, con i suoi 250 miliardi di euro, rappresenta il 15% del Pil, infatti, continua a dimostrarsi anticiclico e nel primo trimestre del 2013 ha fatto registrare un +9% di assunzioni di under 35 e un incremento percentuale del prodotto interno lordo dello 0,1 tendenziale.
Le esportazioni potrebbero toccare il record storico di 34 miliardi di euro, con aumenti esponenziali verso i mercati emergenti mentre gli istituti tecnici agrari e le facoltà di agraria comunicano un boom nelle iscrizioni. In pratica: la crisi c’è, ma stando a quanto riferito l’agricoltura italiana sembra non accorgersene.
“L’agroalimentare italiano è un riferimento per individuare strategie di sviluppo per l’intero Paese: il modello agricolo italiano è infatti vincente nel mondo dove ha conquistato primati nella qualità, tipicità e nella salubrità delle produzioni, ma anche nel valore aggiunto per ettaro di terreno ovvero la ricchezza netta prodotta per unità di superficie dall’agricoltura italiana è praticamente il doppio di quella di Germania, Francia e Spagna e il triplo di quella inglese” ha dichiarato il presidente di Coldiretti. “Noi rappresentiamo un’idea di crescita e di sviluppo completamente diversa da quella dominante: l’Italia e il suo futuro sono legati alla capacità di tornare a fare l’Italia, cioè di essere l’Italia della grande creatività, delle piccole e medie imprese agricole, artigiane, manifatturiere che poi sanno crescere e conquistare il mondo. È tempo – ha concluso Marini - di ripensare lo sviluppo in una logica di benessere secondo principi di sostenibilità, etica del lavoro e coesione sociale”.
I problemi rimangono comunque gli stessi, a partire dall’eccesso di burocrazia che costa ogni anno agli agricoltori circa 100 giorni persi dietro alle carte. “Non vanno certo eliminati quegli adempimenti che garantiscono la sicurezza alimentare e ambientale - ha chiarito Marini - ma non c’è dubbio che troppo spesso la burocrazia si inventa pratiche per giustificare se stessa. Basterebbe ridimensionare questa micidiale spinta creativa per recuperare qualche punto di Pil”.
Sul fisco Marini ha ricordato come l’agricoltura non produca solo cibo, ma anche “beni etici durevoli in termini sociali e ambientali” che meriterebbero di essere riconosciuti anche fiscalmente con una agevolazione dei regimi impositivi. “L’abolizione dell’Imu agricola rappresenta - ha dichiarato - un vero riconoscimento del ruolo ambientale, sociale e culturale del nostro settore agricolo, il riconoscimento di quei beni comuni che l’agricoltura produce e che nessuno paga, il riconoscimento di beni strumentali che nulla hanno a che vedere con una tassa che dovrebbe intaccare i patrimoni”.
Della Pac Marini ha apprezzato particolarmente la destinazione dei fondi ai soli agricoltori attivi, i miglioramenti ottenuti per l’inverdimento a tutela dei vigneti, frutteti e uliveti italiani e le iniziative per i giovani agricoltori.
Il “contratto” del ministro De Girolamo
“Considero quanto detto oggi un vero e proprio contratto con tutti gli agricoltori italiani e per questo ho messo per iscritto il mio impegno per dire no agli Ogm in Italia, abolire l’Imu agricola, semplificare la burocrazia del comparto, premiare gli agricoltori attivi e promuovere l’internazionalizzazione dell’agricoltura italiana. Dobbiamo firmare il decreto anti Ogm per risolvere il nodo della coltivazione sul territorio nazionale”. Questo è stato l’annuncio del ministro De Girolamo, a margine dell’assemblea.
“Per fare delle scelte ci vuole coraggio - ha concluso il ministro - e questo vale anche in Europa, dove si deve andare battendo i pugni sul tavolo e non con il cappello in mano”.