“Io con la ricostruzione della casa rimango per ora fermo, ma inizio a risistemare la stalla, che ha la priorità”. Sta tutto in questa frase il credo di Roberto Negrelli, 41 anni, allevatore di Quistello con 62 bovine da latte, oggi suddivise in due siti produttivi.

Il terremoto di un anno fa ha mandato in frantumi l’abitazione e la stalla. La devastazione porta la data del 29 maggio e un conto piuttosto salato: oltre 250mila euro di danni produttivi, ai quali devono aggiungersene altri 200mila per i danni riportati dall’antica casa colonica, ristrutturata anche internamente.
“Dove vivevo un anno fa mi è rimasta agibile solamente la stalla per le manze e le vitelle e il capannone del fieno”, precisa Negrelli, che con la famiglia vive oggi da uno zio della moglie.
In tre giorni Negrelli trasporta le vacche da latte da un collega allevatore a Quingentole, a 12 chilometri di distanza, sempre in provincia di Mantova.

La solidarietà unisce. Per il resto ci si rimbocca le maniche. Ma la fatica, quella, sta nel dna degli allevatori.
Nella geografia aziendale post-sisma, manze e vitelle, una ventina di capi, rimangono dove abitava prima del sisma e dove Roberto lavora 20 ettari di terreno. Da allora vive lontano due chilometri. Continua la produzione lattiera, destinata alla trasformazione in Parmigiano reggiano.




 
“Una volta alle spalle questo periodo di pioggia – assicura Negrelli – partirò con i lavori di ristrutturazione, dando priorità alla stalla e anticipando di tasca mia i soldi. Anche perché ad oggi dei fondi stanziati e sbandierati, nessuno ha elargito ancora nulla”.
Una situazione che accomuna Lombardia, Veneto ed Emilia. “Conferisco il latte in Emilia – prosegue – e mi confronto con molte altre persone che hanno dovuto fare i conti col terremoto”.

Alcune banche hanno creato dei prodotti o delle misure specifiche per le vittime del terremoto, “ma di soldi reali, quelli che l’Unione europea e lo Stato hanno stanziato, credo che nessuno li abbia visti”.

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