Liguria e Toscana in ginocchio, travolte da un fiume di pioggia, fango e incuria.

Il maltempo, che si è abbattuto nel fine settimana su Levante ligure e Lunigiana con un tragico bilancio di morti, dispersi, sfollati e danni, ha riportato alla ribalta i temi della gestione e della cura del territorio, troppo spesso sottovalutati ma sempre presenti, anche quando non raggiungono le prime pagine dei giornali: basti citare l'ondata di forti piogge che ha paralizzato Roma la settimana scorsa, praticamente allagandola, e che ha tenuto con il fiato sospeso e gli occhi puntati ai ponti sul Tevere i cittadini della capitale.

Il bilancio della situazione è ancora provvisorio ma già gravissimo: sei morti, alcuni dispersi, centinaia di persone evacuate e danni materiali per decine di milioni di euro.

 

A quasi un anno esatto dall'alluvione che si è abbattuta sul Veneto nel novembre del 2010, dunque, il copione si è ripetuto quasi uguale.

Un fatto naturale a cui rassegnarsi ogni autunno? Può darsi, anche se è nell'ordine delle cose che in autunno piova molto.
Ma se è normale che piova, non è certo normale che ogni qual volta si verifichino precipitazioni 'eccezionali' la penisola vada in tilt, spesso con un tragico bilancio di vittime e danni.

"L'emergenza maltempo, con vittime ed esondazioni, è un film già visto - commenta amaramente Confagricoltura -. Purtroppo i problemi agroambientali non sono stati affrontati e puntualmente va in scena il disastro". Confagricoltura sottolinea come la mancanza di strategie contro il dissesto idrogeologico aggravi la situazione causata da fenomeni meteorologici intensi ma nella norma stagionale e prevedibili. Incuria, mancata prevenzione, scarsa o nulla manutenzione del territorio, degrado ambientale, urbanizzazione incontrollata, cementificazione selvaggia e abusivismo sono le cause del dissesto. "E la diminuzione di terre agricole - aggiunge l'organizzazione - rende più difficile la situazione".
Confagricoltura fa presente come in dieci anni siano scomparsi 1,5 milioni di ettari di superficie agricola totale (comprensiva anche dei terreni non produttivi) e 300 mila ettari di superficie agricola utilizzata. La situazione è particolarmente a rischio nelle zone marginali e di montagna, dove l'abbandono dei terreni è più pronunciato.
La soluzione? "Occorrono interventi adeguati che favoriscano una presenza attiva degli agricoltori sul territorio", conclude Confagricoltura.

E un tributo pesante al maltempo di questi giorni lo sta pagando anche l'agricoltura nelle Regioni colpite. In Liguria e Toscana i danni sono ingenti, stimati per decine di milioni di euro, con coltivazioni e strutture devastate dalle acque, senza contare i pesanti disagi per quelle aziende rimaste isolate.

 

In Liguria, fa sapere la Cia - Confederazione italiana agricoltori, frane e smottamenti hanno spazzato via i terrazzamenti con vigneti e oliveti, mentre in Toscana a causa degli straripamenti dei fiumi e dei canali sono stati invasi dalle acque terreni agricoli, aziende e strutture, fabbricati rurali e macchinari.

La situazione in Lunigiana è gravissima, fa sapere la Cia di Massa Carrara, i cui uffici nella città di Aulla, aperti solo dallo scorso 29 settembre, sono andati completamente distrutti. "In questo momento qualunque quantificazione dei danni rischia di essere in difetto - prosegue il presidente Valentino Vannelli - E tuttavia appare già innegabile la necessità che le autorità competenti attivino tutti gli strumenti utili al riconoscimento di stato di calamità naturale. Bene ha fatto la Regione Toscana a dichiarare lo stato di emergenza e stanziare fondi per i primi interventi di urgenza".

La Cia Liguria non usa mezzi termini: "Le aziende agricole hanno perso tutto. Al di là dei raccolti imminenti, è andato perduto il capitale fondiario sul quale gli agricoltori hanno versato sudore per anni ed anni".

Ma, insieme alla commozione per tutti quelli che hanno perso qualcosa, o peggio, qualcuno nell'alluvione, si accendono le critiche.
 

"Ciò che manca nel nostro Paese - dice la Cia nazionale - è un'opera di prevenzione contro le calamità naturali". Dal 1950 ad oggi, si sono spesi oltre 200 miliardi di euro per riparare i danni causati da calamità naturali; sarebbe bastato destinare il 20% di questa cifra ad opere di manutenzione del territorio per limitare le disastrose conseguenze e soprattutto le perdite umane. 

Le necessità di un piano organico di intervento per la messa in sicurezza è tanto più urgente, se si considera che in Italia il 70% dei Comuni è a rischio idrogeologico (dati Coldiretti).
Liguria e Toscana sono particolarmente a rischio: in entrambe le Regioni la media dei Comuni a rischio frana o alluvioni raggiunge il 98%. In Liguria centomila persone vivono in 'zone rosse', mentre tra i dieci capoluoghi toscani, ben sette – Firenze, Livorno, Lucca, Massa, Pisa, Prato e Pistoia – presentano addirittura il 100% delle amministrazioni classificate a rischio.

"Il ripetersi di eventi calamitosi - dice la Cia - non può portare alla rassegnazione. E' necessario superare atteggiamenti passivi o superficiali, adottando strategie di progetto e di azione: progettare in sicurezza per assicurare un territorio tutelato e al tempo stesso produttivo".

Occorre predisporre un programma pluriennale di manutenzione ordinaria del territorio, partendo dal livello di Bacino idrografico, con il coinvolgimento degli agricoltori e delle loro organizzate, vedi i Consorzi di bonifica. 

"Nello stesso tempo è necessaria - ricorda la Cia - la valorizzazione dell'agricoltura e degli agricoltori nelle politiche di difesa dell'assetto idrogeologico del territorio, in ottica europea di multifunzionalità".

Bisogna dunque abbandonare la 'logica dell'emergenza' per a ragionare in termini di prevenzione, sistemazione organica e razionale e regole condivise per il corretto uso del suolo e delle acque. "E proprio l'agricoltura - afferma la Cia - si pone quale soggetto protagonista per la tutela del territorio, la creazione (o ricostruzione) di paesaggi di qualità, per garantire un corretto equilibrio ecologico e un controllo dei fenomeni naturali".

Così l'Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni (Anbi): "Di fronte alla nuova tragedia ambientale che colpisce il nostro Paese, non possiamo che riproporre un piano per la riduzione del rischio idrogeologico, già presentato a febbraio e inascoltato".
"In una fase congiunturale difficile per il Paese – dice il presidente, Massimo Garganoè opportuno evidenziare che il rischio idrogeologico è un fattore economico, non solo perché riparare i danni costa più che prevenirli, ma anche per le pesanti conseguenze che comporta per le attività del territorio".

Coldiretti ricorda che potrebbero verificarsi problemi anche al di fuori delle zone colpite dall'alluvione: si teme che i violenti temporali impediscano le tradizionali semine autunnali dei cereali, a partire dal grano, che sono in corso al momento in molte Regioni. "L'arrivo della pioggia - spiega la Coldiretti - rende inagibili i campi per le operazioni colturali di semina". Il problema si è verificato anche l'anno scorso, quando, a causa delle forti ondate di maltempo, è stato impossibile seminare 128mila ettari di grano duro, la cui produzione 2011 è crollata del 6% e dovrebbe attestarsi sui 3,6 milioni di tonnellate.

E mentre la Cia Liguria diffonde un disperato appello per "un sostegno concreto e rapido al nostro territorio", il maltempo si sposta verso Sud, dove la vulnerabilità dei territori e il cronico dissesto di certe aree potrebbero provocare ancora conseguenze serie.