“In un mondo in cui 1,2 miliardi di persone sanno cosa sono i crampi della fame e circa tre milioni di individui ogni anno muoiono perché non hanno da mangiare, la vera questione è cosa si debba fare per porre fine a questa vergogna. Ci dobbiamo chiedere cosa dobbiamo fare per rispettare veramente il contratto sociale. Il primo dovere del cittadino della polis è quello di riconoscere il valore dell’agricoltura, come fondamento della vita di tutti e come motore primo dell’economia”.
Così il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia, intervenuto all’incontro sul tema “Certezza e sicurezza alimentare: la sfida del nuovo millennio”, nell’ambito del Meeting di Rimini per l’Amicizia tra i popoli, giunto alla trentesima edizione.
Al forum hanno partecipato il professor Luigi Campiglio, pro-rettore dell’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano, e la professoressa Ana Lydia Sawaya, del Cren, il Centro di wducazione e riabilitazione nutrizionale di Avsi, a San Paolo del Brasile, che si occupa di bambini malnutriti. A dirigere i lavori dell’incontro, Marco Lucchini, direttore del Banco Alimentare.
 
“Per uscire dall’emergenza alimentare, noi proponiamo una strada nuova, non più quella degli aiuti a pioggia. Come ha sottolineato l’economista zambese Dambisa Moyo, cosa ne è stato dei mille miliardi di dollari in aiuti piovuti sull’Africa dal dopoguerra a oggi? Non hanno risolto il problema della fame, ma sono serviti solo a deresponsabilizzare una classe dirigente locale indifferente, quando non corrotta”.
“A tutto questo – ha detto ancora Zaianoi contrapponiamo la strategia dello sviluppo dell’agricoltura, antidoto indispensabile allo strapotere dell’economia di carta. Combattiamo la logica per cui il cibo viene usato come un qualsiasi prodotto finanziario. Se il cibo entra nei mercati finanziari e diventa oggetto di speculazioni, significa che siamo in un mondo che ha perso i suoi valori”. “Il modello di agricoltura che vogliamo è quello fondato sulle identità produttive e territoriali, in questo modo si difende l’economia dei territori e si garantisce ai cittadini la salubrità e la qualità dei cibi”.
“Siamo contro l’omologazione dell’alimentazione – ha continuato Zaiae siamo contro gli Ogm, che non garantiscono maggiore reddito agli agricoltori e non servono ad assicurare cibo alla popolazione”.
 
“La difesa del modello di produzione e di alimentazione passa attraverso la battaglia per l’etichettatura di tutti i prodotti e il contrasto ad ogni forma di agropirateria e di frode, contro chi vorrebbe attentare alla nostra salute. Così come passa attraverso la difesa della nostra identità produttiva in sede Wto”.
“Sul fronte della povertà in Italia – ha detto poi il ministro - il 13% della popolazione si trova in difficoltà e si spreca l’equivalente di 600 mila pasti al giorno. Per fortuna esistono realtà come quella del Banco Alimentare, che compiono quell’“ultimo miglio” di solidarietà che dà sollievo a milioni di persone e che indica una strategia che condividiamo. Dobbiamo operare una rivoluzione e diventare, da cittadini consumisti, a cittadini consumatori, con una nuova autocoscienza. Non pretendiamo più la mela perfetta, o la rugiada sull’insalata del supermercato. Piuttosto, consumiamo locale, consumiamo di stagione. La territorialità e la stagionalità sono lo strumento migliore per combattere gli sprechi, aiutare l’ambiente e migliorare la redditività dei contadini. E difendiamo l’identità produttiva del nostro paese: dietro ogni prodotto tipico c’è un contadino, e c’è anche una famiglia cristiana”.

Nei giorni precedenti si è poi svolto sal Meeting il dibattito sul tema "Cosa mangeremo nel 2020?". All'incontro sono intervenuti il presidente Commissione Agricoltura del Parlamento europeo Paolo De Castro, il presidente della Confagricoltura e Agriventure spa Federico Vecchioni, il presidente del Consorzio Latterie Virgilio Polo Crra, l'assessore all'Aricoltura della Regione autonoma della Sardegna Andrea Prato e Franco Sotte, docente di Economia del territorio all'Università degli Studi di Ancona.  
Vecchioni ha sostenuto che "la competitività viene dal marchio e da un contesto di mercato favorevole. Il punto critico sta nel gap agricolo che deriva dalla bassa redditività, un fattore che non consente alle aziende di creare propri brand." Ha poi affermato di non credere al fatto che nel 2020 l'agricoltura sarà il "bidello" dell'industria alimentare poiché "il settore agricolo è in grado di soddisfare un'importante serie di domande strategiche addentrandosi nel nuovo campo dei biomateriali, che sicuramente avrà un grande sviluppo". Su come aggredire i nuovi bisogni alimentari Vecchioni ha sottolineato che "il futuro del settore agroalimentare italiano e globale si gioca sulla capacità di innovare e utilizzare al meglio i risultati della ricerca più avanzata. Non bisogna smettere di puntare sulla ricerca in agricoltura soprattutto nell'attuale scenario di una competizione aggressiva. Questo per contribuire a migliorare i risultati del settore e nell'interesse del Paese".