«Intendo difendere il comparto dagli eccessi dei burocrati europei, da chi non ha ancora compreso che qualità significa garanzia della salute pubblica e del Made in Italy, dall'aggressività e dalla concorrenza asimmetrica del mercato globale. L'agricoltura va posta, con forza e con competenza, nell'agenda delle priorità strategiche».

Si presenta così il nuovo Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia, al quale lo staff di Fieragricola - Veronafiere ha rivolto alcune domande per capire quale sono le prospettive e il futuro dell'agroalimentare italiano.

 

1) Ministro, l'Unione Europea entro il 2008 approverà il documento sullo «Stato di salute» della Pac. Le risorse a disposizione dell'agricoltura sembrano destinate a diminuire. Come fronteggiare la riduzione sul capitolo di spesa agricolo?

Nell'ambito dell'health check non saranno previste riduzioni della spesa agricola globale. In base al quadro finanziario già deliberato, la spesa agricola comunitaria resterà sostanzialmente stabile fino al 2013. Il problema si porrà eventualmente in una prospettiva più lunga, perché l'Unione Europa potrebbe prendere in considerazione una riduzione di spesa nel quadro finanziario 2014/2020.

Sarà allora compito del Governo italiano vigilare con la massima attenzione affinché venga tutelata l'entità della spesa agricola.

 

2) Quali priorità andranno privilegiate per il comparto primario e specificatamente per l'agricoltura italiana?

Credo fermamente che sia necessaria una riflessione in sede comunitaria sulla suddivisione delle quote della produzione agricola tra i vari Stati membri. Fino a qualche anno fa in Europa si ragionava in termini di eccedenze, mentre oggi si è passati, nostro malgrado, a ragionare di carenze.

Il caso del latte è emblematico: qualche mese fa non c'era più prodotto sul mercato e il prezzo è schizzato alle stelle, con le ovvie ricadute sui consumatori. Partendo da questa analisi, riteniamo opportuno avviare un grande ragionamento in sede di health check.

Entro fine anno bisognerà concludere la verifica sullo stato di salute della Politica agricola comune e l'Italia intende far sentire la propria voce. L'obiettivo è portare in Europa il nostro punto di vista, capire cosa ha funzionato e cosa invece non è andato per il verso giusto. Di sicuro sarà necessario puntare alla revisione del principio comunitario delle quote, eliminando i vincoli di produzione fino al raggiungimento della quota in riferimento al mercato interno. In questo modo si garantirebbe un aiuto concreto alle aziende legate alle produzioni ortofrutticole, cerealicole e zootecniche, che in questi anni hanno subito ingiustificate limitazioni, salvo poi assistere all'importazione degli stessi prodotti dall'estero.

 

3) La zootecnia italiana, se si esclude il comparto avicolo, sta attraversando un momento di difficoltà: come uscire da questa impasse?

Il comparto zootecnico è uno dei pilastri fondamentali del settore primario, ma è ancora afflitto dalle pesanti ricadute dell'applicazione del regime comunitario delle quote latte, che da anni provoca una profonda distorsione del mercato. Per scongiurare la chiusura di migliaia di aziende del settore e la scomparsa della materia prima nazionale occorrerà risolvere al più presto il contenzioso in atto e, attraverso incentivi e misure ad hoc, permettere la regolarizzazione di tutte le posizioni, sia a livello economico sia a livello amministrativo. Solo questo, insieme alla revisione totale del sistema delle quote e alla messa a regime dell'anagrafe bovina nazionale, può consentire di risollevare le sorti di un settore strategico dell'agricoltura italiana.

 

4) Dallo scorso 1° aprile l'Ue ha dato il via libera all'aumento lineare del 2% delle quote latte, mentre dal 2015 dirà addio al sistema delle quote per questo prodotto. La sua posizione su questo delicato tema è molto netta...

Voglio dirlo con grande chiarezza: in sede comunitaria l'Italia, a partire dagli anni '70, è stata mal difesa. I governi, allora, in Europa seppero contrattare con efficacia per alcune materie, ma trascurarono l'agricoltura. Il risultato di questa scarsa attenzione è che la quota nazionale di latte che siamo riusciti a portare a casa rappresentava solo la metà di quanto il Paese consumava.

Ancora oggi stiamo vivendo un paradosso: in Italia, considerata stato membro “eccedentario” rispetto alla quota assegnata, si consuma un cartone di latte su due proveniente dall'estero. Siamo insomma deficitari nella produzione interna, i nostri allevatori non possono produrre secondo le loro potenzialità e poi siamo costretti ad importare latte dall'estero. In più ci sono le multe...

 

5) Effettivamente in Italia è ancora irrisolto il nodo delle quote latte, tra sospensive e multe non pagate. E vi è un'area del mondo agricolo, afferente ai Cobas, che pare essere piuttosto intransigente e contraria al contingentamento della produzione. Come intende comportarsi al riguardo?

Questa è una partita da affrontare subito, perché i milioni di euro di multe applicate all'Italia sono un vero e proprio macigno che grava pesantemente sul nostro sistema produttivo: basti pensare che il solo Veneto paga 34 milioni di euro l'anno di multe per quote latte, distribuite fra 312 aziende agricole.

Occorrerà risolvere questo problema. Posso assicurare che ci confronteremo nelle sedi opportune mantenendo un profilo di legalità. Bossi si è sempre espresso con chiarezza su questo punto: stiamo lavorando per trovare la soluzione nel rispetto di tutti. Tenendo presente anche un principio fondamentale: quote latte non significa solo dimensione produttiva, ma anche dimensione identitaria. Dietro il prodotto c'è un'azienda agricola, ci sono i contadini, c'è la storia di un popolo.

 

6) Ogm. Quale dovrà essere l'approccio dell'Italia? Gli organismi geneticamente modificati resteranno ancora al bando oppure è preferibile adeguarsi allo scenario mondiale e aprire una via agli ogm anche in Italia? Oppure dovrà aprirsi una fase concreta di sperimentazione su campo? E se si, in che termini?

Come diceva Einaudi: “Conoscere per deliberare”. In questa fase sto acquisendo tutti i dossier per essere cosciente di ciò che è stato fatto finora. Posso però dire che ritengo fuorviante la considerazione che gli Ogm agricoli siano la panacea di tutti i mali e la soluzione a tutti i problemi. Non è vero, e lo è ancora meno se si tiene conto che buona parte dei problemi che andrebbero a risolvere gli ogm sono risolvibili anche attraverso la valorizzazione delle razze e delle varietà locali.

Voglio anche sottolineare che il principale obiettivo resta la sicurezza alimentare. Ciò che chiede la gente è anche il mio primo pensiero: garantire la salute dei cittadini.

Nel futuro prossimo poi bisognerà definire le sperimentazioni perché l'Italia non ha piani di coesistenza tra produzioni ogm e ogm free. Su questo tema la decisione spetterà a noi, sarà una scelta che pondereremo fino alla fine: speriamo di avere il tempo per maturarla e metterla in atto.

Il dossier ogm, dunque, va approfondito nella sua interezza e noi lo faremo, seguendo sicuramente una linea di prudenza.

 

7) Come ministro dell'agricoltura, quanto porterà del modello veneto a Roma?

Cercherò di continuare a lavorare come ho sempre fatto. Per ottenere risultati e difendere il nostro patrimonio agroalimentare bisogna sporcarsi le scarpe di terra. L'obiettivo è riuscire a farlo anche in questa nuova veste istituzionale, adottando uno stile di lavoro sobrio e concreto: meno conferenze e meno congressi e più attività sul campo.

A me è sempre piaciuto visitare le aziende agricole per capire i problemi del settore: continuerò a farlo anche da Ministro.

 

8) Cambierà il nome del dicastero oppure resterà Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali?

Mantenere la denominazione Mipaaf e le competenze sull'alimentare è stato praticamente il mio primo atto da Ministro. Nel testo del decreto legge approvato dal consiglio dei ministri il 12 maggio scorso, infatti, abbiamo chiesto ed ottenuto che venisse confermata l'attuale denominazione del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali. E' stata così modificata la disposizione della legge Finanziaria 2008, che prevedeva il ritorno alla vecchia denominazione di ministero delle Politiche agricole e forestali, mentre continuano ad essere vigenti le norme varate nel 2006 che prevedono che le funzioni relative all'alimentazione rientrino tra le attribuzioni del ministero di via XX Settembre.

In questo modo l'agricoltura italiana e con essa l'intero sistema agroalimentare del nostro Paese avranno al loro servizio un ministero pienamente operativo, con le competenze necessarie per favorire la crescita e lo sviluppo di un comparto fondamentale dell'economia nazionale.