Sul prezzo finale di un prodotto ortofrutticolo l'agricoltura incide poco meno di un terzo, il resto è da addebitare agli altri passaggi della filiera. Passaggi che gonfiano in maniera abnorme i prezzi. Dal campo alla tavola possono verificarsi aumenti anche di venti volte. E' quanto sostenuto dal presidente della Cia (Confederazione italiana agricoltori) Giuseppe Politi nella conferenza stampa di inizio anno: 'Siamo in presenza di una filiera troppo lunga e complessa che genera distorsioni e, spesso, rincari ingiustificati e artificiosi. Un trend che nel 2007 si è confermato in maniera tangibile, visti gli incrementi notevoli che hanno contraddistinto tutto l'intero settore ortofrutticolo'.  Da un'analisi condotta dalla Cia si riscontra in modo palese che l'agricoltura non alimenta la corsa dei prezzi. Per gli orticoli, infatti, nella distribuzione del valore tra le tre principali fasi di scambio (origine, ingrosso e dettaglio) si riscontra, in media, la seguente suddivisione: 28% all'origine, 35,6% all'ingrosso e 36,4 % al dettaglio. In questo particolare campo si hanno esempi emblematici su come nei passaggi di filiera il prezzo assuma la sua consistenza a danno dei consumatori. Per la lattuga la fase produttiva incide per il 24,8%, l'ingrosso per il 29,7%, il dettaglio per il 45,5%. Per le carote il divario è ancora più marcato: 13% il produttore, 42,0 % il grossista, 45,0% il dettagliante. Stesso discorso per i finocchi e il radicchio, dove i passaggi dalla produzione, in poi incidono per l'80% sul prezzo finale.
Non si discosta di molto la situazione sul fronte della frutta. In questo caso l'incidenza sul prezzo finale è così ripartita: 31,6% l'origine, 40,1% l'ingrosso e 28,3% il dettaglio. Ma anche nel comparto frutticolo vi sono esempi di uno scenario che presenta evidenti squilibri. Sul prezzo finale dell'uva da tavola la produzione incide per il 19%, l'ingrosso per il 55,4%, il dettaglio per il 25,6%. Analogamente per le arance (28,3% la produzione, 49,1% l'ingrosso, 22,6% il dettaglio), per le clementine (26,8 % la produzione, 37% l'ingrosso, 36,2% il dettaglio) e per i kiwi (33,8% la produzione, 26,9% l'ingrosso e 39,3% il dettaglio). Per mele e pere, invece, la fase all'origine detiene la quota maggioritaria del valore finale. La ragione è da attribuire ad una maggiore aggregazione dell'offerta nella fase produttiva e la vicinanza con i mercati all'ingrosso. Dunque, nella corsa ai prezzi l'agricoltura non ha responsabilità, anzi in molti casi, nelle campagne i listini sono ben al di sotto del tasso di inflazione. La Cia, quindi, sottolinea l'esigenza di rigorosi controlli da parte delle autorità competenti e ribadisce l'attualità della sua iniziativa sul doppio prezzo. Con essa si vuole assicurare sia il produttore che il consumatore attraverso una corretta informazione sul prezzo dal campo alla tavola. Insomma, una reale tracciabilità.