Non sarà facile mettere d'accordo produttori di latte e industrie della trasformazione sulla definizione del prezzo del latte.

L'ipotesi in discussione di agganciarlo ai costi di produzione sarà difficile da realizzare.

Lo si è ben compreso dalla presa di posizione del presidente di Assolatte, Paolo Zanetti, espressa in occasione della recente Assemblea dell'associazione che riunisce gran parte delle industrie lattiere casearie.

Il rischio, si è detto, è quello di accentuare i contrasti fra i protagonisti della filiera, allevatori, industrie e distribuzione.

Ingiusto sarebbe, secondo Zanetti, che l'acquirente di un prodotto, in questo caso il latte, debba farsi obbligatoriamente carico delle eventuali inefficienze del fornitore.

 

Export a gonfie vele

Un aumento dei prezzi del latte, questo il timore che si cela dietro queste critiche, potrebbe far perdere competitività sui mercati internazionali, mettendo in difficoltà un export sul quale si basano le prospettive di crescita del settore.

Già il 2023 si è chiuso con numeri positivi per le vendite sui mercati esteri. Rispetto al 2022 la crescita sfiora il 6%.

 

A trainare le nostre esportazioni, come confermano i dati esposti in occasione dell'Assemblea di Assolatte, sono i Paesi europei, che assorbono circa il 72% di tutto l'export, al quale si aggiunge l'8% dell'Inghilterra.

Principali destinazioni sono la Francia, in particolare per i formaggi freschi, e la Germania dove Grana Padano e Parmigiano Reggiano hanno una forte penetrazione.

 

Industrie in buona salute

Grazie ai buoni risultati conseguiti nel 2023, ha riferito Valerio de Molli di The European House - Ambrosetti, il settore lattiero caseario è ai primi posti nel comparto agroalimentare e vanta un valore complessivo di 25 miliardi di euro, l'1,4% del Pil, Prodotto Interno Lordo.

Importante poi il ruolo sociale, oltre che economico, tenuto conto dell'elevato numero di addetti impegnati in questa filiera.

 

Un settore che sembra dunque godere di buona salute, con una forte propensione alla crescita.

Ma non mancano criticità, in particolare per il consumo di latte fresco, in continua flessione e alle prese con la concorrenza dei prodotti di sintesi, e poi il burro sul quale si concentrano fenomeni speculativi.

 

C'è però la promessa del ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida, di impegnarsi a tutela del settore lattiero caseario per proteggerlo da "modelli che aggrediscono le nostre qualità migliori, sia sul piano interno sia su quello internazionale, Unione Europea compresa", come ha affermato intervenendo all'assemblea di Assolatte.

 

L'importanza del latte

Alla base dei buoni risultati del settore vi è l'elevata qualità delle produzioni italiane, tanto che sono i prodotti a denominazione di origine, Dop e Igp, a trainare le vendite e la penetrazione sui mercati di esportazione.

Qualità che alla sua base riconosce le indubbie capacità delle industrie casearie italiane.

Capacità e professionalità che a poco servirebbero senza una materia prima, il latte italiano, anch'essa di qualità elevata.

 

E di latte italiano ce n'è sempre meno, e sempre meno sono gli allevamenti in attività, come denunciato da tempo da AgroNotizie®.

Colpa di una continua erosione dei margini degli allevamenti, compromessi da costi in aumento non compensati da un adeguamento dei prezzi di vendita.

Frenare la chiusura delle stalle richiede uno sforzo collegiale nel trovare un punto di incontro fra il prezzo del latte corrisposto agli allevatori e progettualità delle industrie di trasformazione.

Il no di Assolatte alla indicizzazione del prezzo non sembra andare in questa direzione. Peccato.