Lo studio del Dna mitocondriale indica che il Bos taurus indicus, la sottospecie a cui appartengono le razze zebuine, ha iniziato a divergere dal Bos taurus tra 110mila e 850mila anni fa, evolvendosi successivamente nelle regioni tropicali dell'Asia. Le condizioni climatiche calde ed aride delle zone che sono diventate l'habitat delle razze zebuine hanno sicuramente contribuito alla progressione evolutiva che ha portato allo sviluppo di caratteristiche morfologiche, fisiologiche e cellulari che danno loro una maggiore fitness che consente loro di gestire meglio lo stress da caldo. Al contrario le razze Bos taurus si sono evolute in ambienti più temperati e quindi, quando sono sottoposte ad alte temperature hanno minori meccanismi di difesa.
I meccanismi evolutivi che aiutano il Bos indicus a difendersi dal caldo con una migliorata capacità di termoregolazione includono una maggiore superficie rispetto alla massa corporea, una maggiore pigmentazione della pelle, ghiandole sudoripare più grandi e numerose e una maggiore vascolarizzazione della pelle. In aggiunta a questo lo spessore del mantello e il peso del pelo per unità di superficie sono fattori importanti per la perdita di calore non evaporativa. Il Bos indicus ha peli più corti e leggeri rispetto al Bos taurus durante tutto l'anno. Nonostante queste caratteristiche anche Bos indicus, in condizioni estreme, può soffrire di stress da caldo.
Tra le varie tecniche che sono state messe in campo per migliorare la capacità delle vacche di tollerare lo stress da caldo, nella Holstein è stato introdotto il gene che controlla la lunghezza del pelo per aumentare la sua capacità di trasferire il caldo verso l'esterno.
L'evoluzione ha un suo peso
Sebbene ricerche recenti abbiamo mostrato gli effetti positivi legati a questo gene, è abbastanza presuntuoso pensare che l'introduzione di un singolo gene nella Holstein possa dare alle vacche bianche e nere le miriadi di adattamenti che Bos indicus mostra di avere sviluppato dopo 110mila anni di evoluzione. Inoltre, in alcune regioni in cui si raggiungono elevate temperature d'estate si registrano anche temperature molto basse d'inverno. In queste situazioni, avere una mandria dal pelo più corto esporrebbe al rischio di uno stress da freddo.Anche il gene editing promette di poter dare un contributo nel costruire vacche che possano meglio convivere con lo stress da caldo, ma non è ancora chiaro se e come la società accetterà questa nuova tecnologia.
Esistono differenze fra razze e specie nella sensibilità allo stress da caldo, i bovini da carne, ad esempio, cominciano a subire gli effetti del caldo a livelli di Thi vicino a 75
Stress da caldo: di cosa parliamo
Definire lo stress da caldo è sempre piuttosto complesso. Quando le bovine si trovano fra -13 e +25°C (la zona di termo-neutralità) il loro benessere è ottimale, con una temperatura corporea che si muove fra i 38,4°C e i 39,1°C. Al di sopra di 25°C, e in alcuni casi oltre i 20°C (in relazione all'umidità relativa, all'irraggiamento, al movimento dell'aria e all'attività metabolica dell'animale), le vacche si ritrovano in una condizione di stress termico e, per mantenere l'equilibrio, mettono in atto una serie di meccanismi di difesa che le aiutano a dissipare calore o a minimizzare l'aumento di temperatura generato dalle normali attività metaboliche.Questi meccanismi hanno effetti conosciuti e in alcuni casi molto marcati sia sullo stato di salute generale dell'animale che sulle sue performance produttive e riproduttive. Per effetto dello "stress da caldo" gli animali aumentano la dissipazione di calore, l'ingestione di acqua e la frequenza respiratoria, ma diminuiscono l'ingestione degli alimenti e l'attività metabolica. I cambiamenti fisiologici che tutto questo innesca si traducono in una minore produzione e fertilità.
Esistono differenze fra razze e specie nella sensibilità allo stress da caldo, i bovini da carne, ad esempio, cominciano a subire gli effetti del caldo a livelli di Thi vicino a 75. Ma si osservano anche marcate differenze individuali fra le bovine in allevamento: alcuni animali sembrano avere la capacità di mantenere performance produttive e riproduttive buone quando altri mostrano evidenti effetti negativi e questo aspetto va indagato.
Per effetto dello "stress da caldo" gli animali aumentano la dissipazione di calore, l'ingestione di acqua e la frequenza respiratoria, ma diminuiscono l'ingestione degli alimenti e l'attività metabolica
Il contributo della genetica
I primi studi che hanno cercato di quantificare l'entità degli effetti genetici legati alla "resistenza" allo stress da caldo sono stati condotti dai ricercatori dell'Università della Georgia all'inizio degli anni 2000 (Ravagnolo e coll., 2000, 2002). Analizzando le differenze fra le figlie dei tori in condizioni di stress da caldo sia sui caratteri produttivi (latte, grasso e proteina) che riproduttivi (tasso di non ritorno a 60 e 90 giorni), i ricercatori georgiani sono riusciti a quantificare la componente genetica legata allo stress da caldo e a stimarne gli effetti.Sono state stimate correlazioni genetiche comprese fra -0,23 e -0,41 fra la resistenza allo stress da caldo e caratteri produttivi e riproduttivi. Questo significa che quando si selezionano le bovine solo per i caratteri produttivi o solo per la fertilità si selezionano in entrambi i casi animali più sensibili a caldo ed umidità. Per poter stimare indici genetici per la resistenza ad elevate combinazioni di temperatura e umidità occorre aggiungere ai tradizionali dati produttivi, riproduttivi e anagrafici anche le informazioni relative ai livelli di Thi derivati dai dati delle stazioni meteorologiche più vicine agli allevamenti o, meglio ancora, provenienti da sensori installati in azienda per monitorare i livelli di temperatura e umidità, registrati lì dove le bovine effettivamente si trovano a produrre.
Uno studio del 2005 negli Stati Uniti (Bohmanova e coll, 2005) ha permesso di quantificare le differenze genetiche fra i tori per i caratteri produttivi in condizioni di stress da caldo. La variabilità genetica tra i tori è risultata essere molto ampia. Nello studio americano gli effetti genetici stimati andavano da -0,48 chilogrammi per i tori più sensibili a +0,38 chilogrammi per quelli più resistenti per ogni punto di Thi superiore al livello di guardia per quanto riguarda il latte. Inoltre, il confronto fra i cento tori più resistenti e i cento tori più sensibili allo stress da caldo, ha evidenziato che i tori le cui figlie mostravano di essere più capaci di resistere a condizioni ambientali più estreme erano quelli che avevano un indice per la produzione di latte inferiore (-1000 lb) e livelli migliori per i caratteri morfologici e funzionali, compreso il tasso di gravidanza delle figlie (+2,63).
Studi più recenti svolti sempre negli Stati Uniti hanno stimato il trend genetico in atto per lo stress da caldo nella popolazione Frisona che è negativo. Aguilar e collaboratori hanno stimato, infatti, assumendo circa cento giorni all'anno a 5 gradi sopra la soglia critica, una perdita di latte di -0,2 chilogrammi all'anno per le primipare, -3,5 chilogrammi per la secondipare e -3,8 chilogrammi per la terza lattazione.
La Figura 1 riporta un esempio di ciò che succede in animali di diverso livello genetico per la resistenza allo stress da caldo all'aumentare del livello di temperatura e umidità dell'ambiente circostante. Entrambi i gruppi di figlie dei due tori mostrano una diminuzione della produzione, ma non della stessa entità.
L'esperienza italiana
Anche in Italia sono stati fatti numerosi studi sia sugli effetti dello stress da caldo sulle performance dei bovini da latte che sulla componente genetica ad essi associati. Su questi tempi hanno lavorato soprattutto all'Università della Tuscia (Viterbo). Negli anni 2000 il progetto Climanimal ha visto la collaborazione di Anafi, dell'Università della Tuscia e Cnr per identificare sulla mappa dell'Italia le zone omogenee per livello di Thi nei diversi periodi dell'anno, offrendo la possibilità di raccogliere le informazioni necessarie per mettere a punto modelli di stima degli indici genetici dei tori.Una prima prova di stima degli indici genetici dei tori di razza Frisona per la resistenza allo stress da caldo è stata effettuata nel 2013 ed i risultati sono stati pubblicati sul Journal of Dairy Science nel 2014. Per lo studio sono stati utilizzati quasi 2 milioni di controlli e i dati di 35 diverse stazioni meteorologiche. Il range fra il miglior toro e il peggiore per la resistenza allo stress da caldo è risultato andare da un +0,27 a un -0,47 chilogrammi latte per unità di Thi e da un +1,02 ad un -0,87 punti percentuali per unità di Thi per il contenuto di proteina nel latte. Questi valori di Ebv dei tori sono stati successivamente utilizzati insieme ai dati delle analisi genomiche degli stessi animali per cercare di individuare le aree del genoma più significativamente associate a livelli molto alti o molto bassi di resistenza allo stress da caldo. I risultati di questo studio pubblicati nel 2017 e sviluppati in una collaborazione fra Aia e le Università di Sassari, Viterbo e Piacenza hanno identificato due geni che possono essere molto importanti per la selezione genomica di soggetti termo tolleranti.
Il gene editing potrebbe dare un contributo nel costruire vacche che possano meglio convivere con lo stress da caldo, ma non è ancora chiaro se e come la società accetterà questa nuova tecnologia
Il primo indice ufficiale
A dicembre 2017 è stato pubblicato il primo indice ufficiale per la resistenza allo stress da caldo in Australia. È stato sviluppato anche con l'aiuto della genomica e la sua efficacia è stata verificata attraverso un successivo studio di validazione. Il nome che è stato dato all'indice è "Tolleranza al caldo" (Ht) ed è stato calcolato combinando fra loro i dati di temperatura e umidità delle stazioni meteorologiche australiane con i dati produttivi raccolti fra il 2003 ed il 2016 negli allevamenti di razza Frisona e Jersey.I dati sono stati utilizzati per calcolare il tasso di diminuzione della produzione di latte, grasso e proteina kg per singola bovina su circa 424mila Frisone e 85mila Jersey quando la temperatura e l'umidità andavano oltre la soglia critica di termo neutralità. L'ereditabilità del carattere è stata stimata intorno al 19-20% nelle primipare e al 20-12 nelle pluripare per la Frisona e al 27-30% nella Jersey. Per i tori il dato stimato è costituito dal tasso di diminuzione medio delle figlie. I soggetti per cui era disponibile l'indice genetico per la tolleranza al caldo e il dato genomico (circa 15mila tra vacche e tori per la Frisona e 500 tra vacche e tori per la Jersey), hanno permesso di stimare il valore dei marcatori sul Dna. In questo modo oggi in Australia è possibile conoscere già alla nascita attraverso il test genomico l'indice per la tolleranza al caldo per tutti i soggetti testati.
A dicembre 2017 è stato pubblicato il primo indice ufficiale per la resistenza allo stress da caldo in Australia
Conferme sperimentali
Per verificare l'efficacia dell'indice è stato condotto uno studio di validazione che ha sottoposto a una prova di stress da caldo durata quattro giorni in un ambiente totalmente controllato per temperatura e umidità un gruppo di 24 manze estremamente tolleranti e un gruppo di 24 soggetti estremamente sensibili al caldo individuati sulla base del valore genomico.Lo studio della differenza di reazione allo stress fra i due gruppi ha evidenziato come gli animali definiti tolleranti abbiano perso meno latte all'aumentare della temperatura e abbiano fatto rilevare una temperatura rettale ed intra-vaginale minore rispetto al gruppo più sensibile. Questo ha permesso di confermare la validità dell'indice genomico per la tolleranza al caldo nell'identificare i soggetti effettivamente più capaci di affrontare ondate di calore.
L'indice genomico viene espresso come perdita di latte, grasso e proteina quantificati in termini economici utilizzando i parametri del pagamento del latte. All'interno della razza l'indice è poi stato standardizzato in modo da essere espresso su una scala percentuale con media cento e deviazione standard cinque. Tori le cui figlie tollerano meglio il caldo hanno valori superiori a cento. Un toro con indice 105 tollera per il 5% meglio le condizioni umide e calde rispetto alla media. La perdita produttiva delle sue figlie sarà del 2,5% inferiore alla media. Un toro con indice 95 invece tollera per il 5% meno le condizioni di stress da caldo e la perdita produttiva delle sua figlie sarà il 2,5% in più rispetto alla media. L'attendibilità media è risultata pari al 38% per entrambe le razze ed è destinata a migliorare nel tempo all'aumentare dei soggetti genotipizzati che hanno dati fenotipici collegati allo stress da caldo.
Le Tabelle 1 e 2 riportano il dettaglio degli indici Bpi (l'indice di selezione australiano), latte kg, fertilità delle figlie e Tolleranza al caldo dei migliori cinque tori e dei peggiori cinque tori per tolleranza al caldo. La differenza fra i migliori ed i peggiori è di circa trenta punti percentuali.
Tipo genetico e tolleranza al caldo
Confrontando i dati medi della Tabella 1 e della Tabella 2 emerge abbastanza chiaramente che i soggetti che tollerano meglio il caldo hanno un livello genetico per la produzione di latte più basso e un livello di fertilità più elevato. Questa differenza era già stata osservata negli studi realizzati sulla Holstein negli Stati Uniti. Se si vuole puntare ad avere mandrie più capaci di tollerare le ondate di calore occorre ripensare alle proprie scelte di selezione e puntare non tanto ai chilogrammi di latte in assoluto, ma alla qualità del latte e alla salute.Gli indici economici, Ies e Ics-PR sviluppati a partire dal 2016 aiutano gli allevatori ad andare proprio in questa direzione. Fra gli obiettivi del progetto LATTeco c'è anche lo sviluppo di un indice per lo stress da caldo: chissà che presto non sia possibile avere, come succede per gli allevatori australiani, uno strumento per poter distinguere le linee che sopportano meglio il caldo da quelle che invece rischiano di soccombere alla prossima ondata di caldo estremo.
Qualcuno ci sta già lavorando e questa è una gran bella notizia!