Sardi, corsi e baschi alleati per difendere dalla contraffazione e promuovere sui mercati i propri agnelli, con la Sardegna che conferma e tutela il suo ruolo di primo piano nell'allevamento ovino: il 40% del gregge italiano pascola sull'Isola.

E' questa la sintesi del confronto che si è tenuto nei giorni scorsi a Corte in Corsica tra il Consorzio dell'agnello di Sardegna Igp, il Consorzio di tutela dell'agnello da latte dei Pirenei Igp ed il gruppo promotore per il riconoscimento della Igp per l'agnello della Corsica. Lo rende noto un comunicato stampa del Consorzio di tutela dell'agnello di Sardegna.

"E' stato un incontro fecondo – sintetizza il presidente del Consorzio dell'agnello Igp di Sardegna, Battista Cualbuin cui è emerso che è fondamentale allargare le collaborazioni anche oltre i confini sardi e stringere alleanze con i colleghi visto che abbiamo gli stessi interessi".

Fondamentale in questo gioco di squadra è la certificazione: "Per questo tifiamo perché anche gli agnelli corsi possano ottenere il riconoscimento dell'Igp" spiega Cualbu perchè "in questo modo è più facile allearsi e tutelare i nostri prodotti".

L'esempio arriva proprio dall'agnello corso, il 60 per cento dei quali (39mila capi anno) è venduto in Sardegna: "La certificazione fugherebbe ogni dubbio sull'origine, tutelando quel prodotto e anche gli altri da eventuali furbi che potrebbero dargli cittadinanze diverse in base alle proprie esigenze".

Sul confronto dei dati non c'è stata partita. La Sardegna, regina degli ovini, ha messo sul tavolo numeri imponenti,visto che si allevano due pecore per abitante  - oltre 3milioni di capi - pari al 40% dell'intero patrimonio ovino italiano.

"Il nostro Consorzio – ha raccontato Battista Cualbu - conta al suo interno un terzo della aziende sarde (4mila su 12mila) e certifica circa la metà degli agnelli prodotti: 650mila su circa 1,2 milioni".

Numeri che sovrastano quelli piccoli della Corsica dove si allevano 90mila pecore da cui nascono ogni anno 65mila agnelli circa.

"Al di là dei numeri – spiega il presidente del Consorzio sardo – dobbiamo fare i conti con le nuove abitudini dei consumatori. Oggi le vendite di agnelli sardi, che rappresentano il 20 per cento del reddito che deriva dalle pecore (il restante 80% è imputabile al latte) si concentrano soprattutto nel periodo di Natale (50 per cento dei ricavi) e Pasqua (20 per cento), mentre il 30 per cento delle vendite si registra in altri periodi. D'altra parte il mercato richiede prodotto anche in estate, quando cioè non abbiamo agnelli".

Su questa singolare piega presa dal mercato degli agnelli, il Consorzio sardo sta lavorando da tempo per trovare delle soluzioni, coinvolgendo anche l'Università e il mondo della ricerca.

"Stiamo cercando di studiare un metodo per garantire l'agnello tutto l'anno – spiega Cualbu - cambiare la stagione dei parti è difficile ed improbabile per diversi motivi, ma oggi esistono diverse tecnologie che consentono di conservare, per brevi periodi, la carne, senza modificarne la qualità. Uno di questi è il surgelamento che potrebbe garantirci l'agnello sardo anche d'estate piuttosto che importarne da Paesi lontani".

Altro argomento affrontato è la ricerca di nuovi mercati. "L'export è importante – ha ribadito anche in Corsica il presidente Cualbu – ma altrettanto importante il consumo interno, a cominciare dalle mense".

Gli allevatori delle altre due razze di agnelli hanno condiviso l'analisi e i progetti portati avanti dal Consorzio dell'agnello sardo Igp. Anche perché riscontrano un calo dei consumi di carne e del tradizionale consumo dell'agnello. In Corsica l'agnello sta perdendo valore e spesso viene svezzato alla nascita, concentrandosi sulla produzione del latte.

Per questo, si è concluso "dobbiamo proseguire nella strada della collaborazione e della condivisione dei progetti, ribadendo l'importanza della certificazione per il riconoscimento delle peculiarità regionali e il contrasto delle contraffazioni".