La Nuova Zelanda, infatti, rafforza gli scambi verso il Medio Oriente e cerca un canale inedito verso il Maghreb. In Egitto – mercato col quale da sempre la Nuova Zelanda ha rapporti - i flussi di polvere di latte intero sono cresciuti dallo scorso marzo a maggio, con un export rispettivamente pari a 856, 1.056, 753 tonnellate. Di estrema attualità, invece, l’aggiudicazione di ingenti volumi di polvere di latte intero e scremato all’asta algerina Onil. Un rapporto spot o l’inizio di una collaborazione più stabile?
Prosegue anche il trend positivo per la Nuova Zelanda nell’esportazione di formaggi (+21,8% lo scorso maggio su base tendenziale, dopo il +22,9% di aprile e il +37% di marzo), destinati, fra i vari paesi del mondo, anche a Giappone, Australia, Arabia Saudita, Cina.
La Nuova Zelanda ha inoltre ripreso a esportare prodotti lattiero caseari verso il Venezuela, dopo un periodo in cui il paese sudamericano ha preferito intensificare i rapporti con l’Uruguay. E ora è Montevideo a dover stringere la cinghia, a fronte di una crisi che ha colpito il comparto “dairy” (Ecolat ha tagliato 400 posti di lavoro, altri 170 Schreiber Foods), conseguente a una diminuzione dell’export verso Russia, Messico, Brasile e lo stesso Venezuela, col quale l’Uruguay sta cercando di tramutare il credito nell’agroalimentare con un pagamento in greggio o prodotti petroliferi.
Il baricentro del mercato si conferma comunque l’Asia. E la soddisfazione del presidente dell’Associazione dei produttori di latte degli Stati Uniti, Jim Mulhern, per l’approvazione da parte del Senato americano del Fast-track, che concede al presidente Barack Obama ampia autorità per negoziare e finalizzare gli accordi commerciali, si concentra più per le opportunità di trading verso l’Asia che non verso l’Europa.
I paesi asiatici sono infatti più interessanti per il comparto lattiero made in Usa, che esporta circa un settimo della propria produzione. Allargando l’orizzonte dal latte al settore agricolo nel suo complesso, l’export del primario garantisce circa 1 milione di posti di lavoro negli Stati Uniti. Il Tpa che ha ottenuto attraverso il Fast-track il via libera negoziale con ampio mandato
Nell’ambito delle relazione sino-russe - come già evidenziato da AgroNotizie nei giorni scorsi sulla lettera di intenti siglata tra Russia e Cina per la regione del Trans-Baikal - sul fronte della zootecnia da latte merita un cenno il progetto che vede investimenti cinesi per un miliardo di yuan (pari a 14,8 milioni di euro). L’obiettivo è costruire un complesso agro-zootecnico a Mudanjiang, con una mandria da 100mila capi. Al progetto parteciperanno Cina Zhongding Dairy Farming e la russa Severny Bur, anche perché la produzione di latte servirà per alimentare il mercato russo. L’alimentazione del bestiame sarà ottenuta coltivando circa 100mila ettari in entrambi i Paesi.
In Europa sta montando la tensione. I prezzi del latte crudo alla stalla hanno perso di media il 3,1% nelle quotazioni di maggio (fonte: Clal) e le tendenze di giugno non sembrano promettere grandi scenari di ripresa. Eppure, “il commissario Phil Hogan non sembra preoccupato e non ha ancora manifestato l’intenzione di adottare provvedimenti di sostegno agli allevatori”. Parole senza sconti da parte dell’europarlamentare britannica Diane Dodds, che accende i riflettori sull’area nord-irlandese. “Dato che la maggior parte trasformazione lattiero casearia in Irlanda del Nord lo scorso maggio ha pagato un prezzo base di circa 20 pence al litro per litro di latte – ha dichiarato al magazine Farming Life – mentre il costo di produzione medio stimato è pari a 26 pence per litro, non è difficile vedere la disperazione dei produttori per la situazione che si trovano ad affrontare”.
Per il prezzo del latte, ha analizzato, “i recenti tagli dei prezzi all’asta del Global Dairy Trade e in Olanda non possono lasciare l’Europa indifferente”. Ma, ha proseguito l’onorevole Dodds, “se il commissario Hogan non crede nei mercati o addirittura alle parole degli allevatori, forse qualche analisi dei dati sarebbe utile”.