Nella conduzione degli allevamenti zootecnici, la maggior criticità è rappresentata dalla gestione dei liquami: i criteri di utilizzo dei reflui devono infatti rispondere sia alle esigenze agronomiche sia a quelle di tutela ambientale. L’incremento dei capi allevati e la tendenza a concentrare il bestiame in grandi strutture gestite industrialmente e in modo dissociato dall’effettiva disponibilità di terreni, ha portato ad una progressiva riduzione degli apporti di sostanza organica al terreno e ad un contemporaneo accumulo, in aree circoscritte, di grandi volumi di liquami zootecnici, potenzialmente inquinanti, che devono essere smaltiti.

Il progetto triennale di ricerca Denitren, finanziato dalla Regione Piemonte, ha previsto la collaborazione tra Environment Park, Politecnico di Torino, Coldiretti Piemonte e Associazione Allevatori Regione Piemonte per la realizzazione di un fotobioreattore pilota per il trattamento di reflui zootecnici (bovini e suini) con microalghe in due aziende zootecniche selezionate in Piemonte.

Per conciliare efficienza e semplicità di gestione, si è scelto di realizzare un impianto pilota outdoor con geometria tubolare elicoidale ad asse verticale, che a parità di volume permette una maggiore esposizione ai raggi solari e una migliore resa in termini di conversione della luce in energia chimica da parte delle microalghe. Il fotobioreattore prevede un sistema di degasaggio per la rimozione dell’ossigeno prodotto dalle alghe e, parallelamente, un sistema di insufflaggio di CO2 per il controllo della crescita algale.

Il refluo zootecnico, proveniente dalle vasche di raccolta presenti all’interno delle aziende coinvolte nella sperimentazione, viene inizialmente stoccato all’interno di un serbatoio di carico provvisto di un sistema di agitazione a pale e di una pompa trituratrice ad immersione che opera una grossolana e iniziale triturazione e ne permette il pompaggio verso il sistema di filtrazione costituito da un filtro coclea.
Il liquame così filtrato viene pompato verso il fotobioreattore, la circolazione viene regolata da un sistema costituito da tre pompe peristaltiche, il flusso in uscita dal fotobioreattore entra in una colonna di degasaggio in policarbonato che permette lo strippaggio dell’ossigeno disciolto nel liquame, prima del suo ricircolo all’interno del fotobioreattore.
Tale colonna presenta inoltre al suo interno una resistenza riscaldante per mantenere la temperatura del liquame e delle microalghe a livelli adeguati per il processo fotosintetico durante i mesi invernali.

Vista d’insieme dell’impianto

Impianto situato presso l’azienda suinicola

Le microalghe utilizzate nell’impianto sono organismi vegetali fotosintetici che, a partire da energia radiante e anidride carbonica, producono carboidrati per il proprio metabolismo e ossigeno che viene in parte rilasciato nell’atmosfera e in parte utilizzato per la respirazione. Le alghe necessitano per crescere di luce, anidride carbonica e nutrimento rappresentato in particolare da azoto e fosforo di cui sono naturalmente ricchi i reflui zootecnici.
Per i test si è deciso di utilizzare Chlorella vulgaris, un alga verde unicellulare con elevata efficienza fotosintetica e in grado di ridurre la concentrazione degli inquinanti organici di acque reflue fino all’80%.

 

Nel corso di tre anni di sperimentazione, il fotobioreattore pilota è stato inizialmente testato presso Environment Park, quindi spostato presso un azienda di allevamento bovino per 6 mesi (in provincia di Torino) e infine presso un azienda di allevamento suino (in provincia di Cuneo).
Le aziende zootecniche selezionate sono state identificate sia in base alle caratteristiche dell’allevamento (numero di capi, tipologia di stabulazione, presenza di strutture all’avanguardia) sia in base alla localizzazione geografica sul territorio piemontese (zone vulnerabili e non vulnerabili).

L’attività di analisi per la valutazione dell’efficienza di depurazione sui reflui bovini e suini è stata condotta effettuando inizialmente numerosi test in laboratorio e successivamente effettuando alcuni test su scala pilota in continuo direttamente nel fotobioreattore per la valutazione dell’andamento delle concentrazioni di ioni ammonio, nitrico e nitroso, azoto organico, inorganico e totale dei campioni di liquame bovino e suino utilizzati, al variare della concentrazione di inoculo algale iniziale, dell’intensità della radiazione luminosa e del ciclo giorno/notte, della temperatura e del pH di processo.

Nel corso dell’attività sperimentale si è evidenziato che, nel trattamento dei reflui zootecnici di origine bovina, Chlorella vulgaris ha portato, mediamente, ad una riduzione della quantità di ione ammonio pari a circa il 90%, ad una riduzione dell’azoto inorganico pari a circa il 30% e un aumento (pari a circa l’80%) dell’azoto organico in circa 400h di trattamento a 20-25°C circa con illuminazione naturale (Fig. 4).

Tali variazioni sono imputabili alla capacità delle microalghe di organicare la componente ammoniacale dei reflui zootecnici, trasformandola in azoto proteico necessario per la duplicazione cellulare. Il refluo zootecnico così trattato risulta pertanto presentare una concentrazione di azoto inorganico ridotta rispetto alla concentrazione iniziale.

Fig. 4 - Variazioni percentuali dell’azoto nel liquame bovino
trattato con Chlorella Vulgaris

Nel caso del liquame suino sottoposto a trattamento con Chlorella vulgaris (in condizioni di illuminazione naturale e alla temperatura di circa 20-25°C dopo un tempo di trattamento di circa 400h. Fig. 5), si ottiene una riduzione dello ione ammonio variabile tra 30 e 85% rispetto ai valori di concentrazione iniziale, con una contemporanea riduzione dell’azoto totale compresa tra il 30 e l’80%. Nel caso del test effettuati con liquame suino, l’azoto organico al termine della sperimentazione risulta diminuire fino all’80%; tale riduzione non si assiste nel caso di test effettuati sterilizzando il liquame suino in ingresso.

Fig. 5 - Variazioni percentuali dell’ azoto nel liquame suino
trattato con Chlorella vulgaris

 

Tali variazioni sono pertanto dovute alla concomitante attività di microorganismi, la cui concentrazione è connessa alla variabilità del substrato, naturalmente presenti nel liquame, in grado di mineralizzare la componente organica, presente nel liquame e prodotta dall’attività microalgale, in azoto inorganico.
A valle del trattamento è possibile separare il refluo in una frazione liquida più facilmente spandibile liquida e una frazione solida, costituita dalla massa algale, utilizzabile come sottoprodotto ad elevato valore aggiunto.

Le alghe infatti possono essere utilizzate come materiale grezzo per la produzione di biodiesel (in quanto caratterizzate da un elevato contenuto lipidico), oppure utilizzate nell’industria farmaceutica e alimentare (integratori alimentari, creme e trattamenti per la cura del viso), infine essere utilizzate come ammendante agricolo.

A livello ambientale, il trattamento dei reflui zootecnici attraverso il fotobioreattore permette di ridurre le emissioni di metano, ammoniaca, protossido d’azoto e anidride carbonica. L’energia luminosa infatti è in grado di promuovere i processi di fotosintesi che consentono la fissazione dell’anidride carbonica e l’organicazione degli altri nutrienti inorganici presenti in fase fluida, producendo il materiale organico che costituisce la cellula algale. Si stima che le microalghe possano assorbire circa il 25% di anidride carbonica durante il processo fotosintetico.
Ciò si traduce nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica equivalente, che è l’unità di misura utilizzata per misurare il GWP (Global Warming Potential) dei gas serra, ovvero il loro potenziale di riscaldamento globale.

Il costo dell’investimento dell’intero sistema è oggi ancora alto, tenendo in conto che si tratta di materiale fornito on demand; la futura industrializzazione dei sistemi chiusi per la coltivazione microalgale permetterà di ridurre i costi di investimento, e di conseguenza i costi unitari di trattamento del refluo zootecnico all’interno di un’azienda agricola.