L’iniziativa è stata organizzata dall’Anas - Associazione nazionale allevatori suini con la collaborazione dell’Associazione regionale allevatori Toscana per fare il punto sui risultati raggiunti dal programma di conservazione della razza Cinta senese e per illustrare i criteri tecnici adottati. 
L’allevamento Lo Spicchio di Enzo Foi è un interessante esempio imprenditoriale che ha saputo valorizzare l’allevamento della razza con una sapiente trasformazione delle sue carni, con la vendita diretta delle stesse e con la proposta nel menù della accogliente locanda aziendale di piatti basati su queste carni peculiari e su altri prodotti biologici aziendali.  
Il successo della conservazione della Cinta senese è dovuto, oltre che all’efficacia dell’attività tecnica del Registro anagrafico di Anas, ai numerosi virtuosi esempi di valorizzazione commerciale dei prodotti ottenuti.
Il modello più diffuso e che assicura il maggior valore aggiunto per l’allevatore è quello che prevede la trasformazione artigianale delle carni presso l’azienda stessa per la produzione di salumi tipici e l’attività di tipo agrituristico. Gli allevamenti che attualmente collaborano nell’ambito del Registro anagrafico alla conservazione e valorizzazione della razza sono circa 150.
Come è risaputo la razza si è formata in epoca tardo romana od alto medioevale, e risalgono al XIV secolo diverse  testimonianze iconografiche della presenza di un suino cinghiato simile all’attuale Cinta senese. Vi è un generale consenso sul fatto che la zona di origine della Cinta sia la Montagnola senese, da dove la razza si diffuse prima nel territorio senese e quindi in altre province toscane ed italiane.
L'allevamento brado praticato nell’area di origine consentì per secoli lo sviluppo della razza, che presto venne considerata una tra le migliori razze italiane e certamente la più importante in Toscana.
Gli incroci “grigi” o “tramacchiati”, vennero a lungo richiesti per l’ingrasso dalle porcilaie padane, che utilizzavano il siero dei caseifici. Questo sistema produttivo cesso però nel 1968 con il blocco della movimentazione dei suini dalla Toscana verso la pianura padana a seguito di una grave epidemia di peste suina africana.
Dopo due decenni di declino che la portarono sull'orlo dell'estinzione, la razza divenne oggetto alla fine degli anni ottanta di iniziative di recupero da parte dell’amministrazione regionale toscana, e nel 1997 Anas avviò in forma sperimentale un programma di conservazione. Con la successiva istituzione nel 2001 del Registro anagrafico dell’Anas la razza si è definitivamente imposta all’attenzione degli allevatori interessati a forme di allevamento di tipo tradizionale.