Se ne era parlato a Strasburgo nel marzo del 2007, quando il Parlamento europeo decise di accogliere la proposta legislativa per definire le denominazioni di vendita delle carni di vitello e di vitellone. Alla base della proposta la necessità di impedire concorrenze sleali fra le due tipologie di carne con definizioni arbitrarie fra le due tipologie, diverse per caratteristiche organolettiche e nutrizionali. Ora quella proposta è stata tradotta in un regolamento comunitario (il numero 566 del 2008) entrato in vigore nello scorso mese di luglio. Secondo i dettami della normativa europea l’etichetta potrà riportare l’indicazione “vitello” o “carne di vitello”  solo se ottenuta da bovini di età inferiore agli 8 mesi. Se di età superiore e comunque non oltre i 12 mesi, l’indicazione da apporre è quella di “vitellone” o “carne di vitellone”. Rientrano in questa ultima categoria anche gli animali il cui peso supera i 300 chilogrammi. In caso di etichette non rispondenti a questi criteri scatta il ritiro dal mercato.

 

Le etichette

Il Regolamento si occupa anche di definire formati e contenuti delle etichette, dove accogliendo le proposte della Commissione, è indicata con una “V” (al posto della precedente “Z”) la categoria vitelli. Con la lettera “Z” (in precedenza era una Y) sono invece identificati i bovini di età compresa fra gli 8 e i 12 mesi e che pertanto rientrano nel novero dei vitelloni, indicazioni che si è chiesto figurare in ciascuna fase della commercializzazione.

 

Nessuna confusione

Trasparenza e correttezza delle informazioni al consumatore sono le motivazioni di fondo di questo Regolamento, che prende le mosse anche da talune caratteristiche degli allevamenti europei. In alcuni Stati membri, come ad esempio il Regno Unito, i giovani bovini di alcune razze sono allevati in modo da farli arrivare rapidamente ad un elevato peso di macellazione e sovente sono macellati sotto i 12 mesi di età. La loro carne possiede però pienamente le caratteristiche del bovino adulto e non va confusa, come poteva avvenire in passato, con il vitello. Nei Paesi Bassi, poi, le due denominazioni coesistevano senza distinzioni effettive, aumentando di fatto confusione e distorsione della concorrenza.

Dell’entrata in vigore del Regolamento si sono detti soddisfatti gli allevatori per voce delle Organizzazioni professionali. Ed è bene ricordare che l’Italia è al terzo posto in Europa nella produzione di vitello, dietro a Francia e Paesi Bassi e al secondo posto (con 3.87 kg procapite) nei consumi.

 

Foto MarilynJane