Le quote e più in generale l’Ocm latte non sono state sufficienti a garantire la crescita dei prodotti lattiero-caseario comunitari sui mercati mondiali. E’ quanto emerge dall’Assemblea nazionale delle cooperative lattiero-casearie di Fedagri-Confcooperative a Cremona. “Dal 1985 l’Ue registra una perdita della sua quota dell’1-2% annuo - ha detto il presidente di Fedagri-Confcooperative, Paolo Bruni - e da tempo non è più il primo esportatore, essendo passata da una quota del 59% (1981) a meno del 30% (2005), a vantaggio di Australia e Nuova Zelanda che non hanno vincoli produttivi interni, al pari degli Usa, e che hanno oggi una quota del mercato globale superiore al 45%. Il contingentamento della produzione ha però assicurato all’interno della Comunità europea, una tutela del reddito dei produttori ed una stabilità del settore, la permanenza di una produzione diffusa sul territorio europeo ed un livellamento del valore della materia prima”. “Questo è accaduto solo in parte per l’Italia - ha aggiunto il presidente del settore lattiero-caseario, Tommaso Mario Abrate - che dalle quote lattiere non è riuscita a ritagliarsi un'adeguata riorganizzazione del settore, a causa anche di una eccessiva rigidità del sistema e di una palese incapacità a favorirne l’applicazione, a vantaggio di ridotti gruppi di speculatori e a forte danno della maggioranza dei produttori che nell’acquisto delle quote ha realizzato forti investimenti che peseranno sul reddito per gli anni a venire”.Per Fedagri-Confcooperative alla luce di un settore (sia per il latte che per i derivati) che vede l’Italia come Paese leader, a livello mondiale, per la qualità, occorrerà mantenere una forma di governo dell’offerta anche dopo il termine del 2015.