Tutte le linee guida (compresa quella del nostro Ministero della Salute) confermano che per il mantenimento di una buona salute occorrerebbe assumere tre porzioni di latte o yogurt al giorno, per un totale di 375 millilitri, poco meno di mezzo litro.
Eppure in Italia il consumo di latte è in progressiva contrazione, con una media di appena 115 millilitri.
Colpa di campagne di demonizzazione di questo alimento, utili ad aumentare gli utili delle industrie che producono bevande iperprocessate che tentano di imitare il latte.
Accade in Italia, ma anche in altri Paesi europei, per motivazioni analoghe. Non così nel resto del mondo, dove il consumo di latte è in aumento al ritmo del 3-4% all'anno.
I numeri del latte
Una crescita sospinta dall'aumento della popolazione mondiale, destinata a salire dagli attuali 7,7 miliardi di individui ai 9,6 miliardi attesi per il 2050.
Per quella data il latte sarà uno degli alimenti fra i più preziosi, insieme alla carne, per sfamare una popolazione così numerosa.
Oggi sono 6,5 miliardi le persone che consumano nella loro dieta i prodotti lattiero caseari e 1 miliardo (circa il 13% della popolazione mondiale) le persone che dipendono per reddito e occupazione dalla filiera lattiero casearia.
Le aziende agricole da latte nel mondo ammontano a più di 133 milioni e da esse ricavano il loro reddito oltre 600 milioni di persone (240 impiegate nelle aziende agricole e altri 400 milioni impiegate lungo la filiera).
Obiettivo sostenibilità
Sono questi i dati diffusi in occasione dell'incontro recentemente organizzato da Fil/Idf (Federazione Internazionale del Latte - International Dairy Federation), in collaborazione con Afidop (formaggi a denominazione), Assolatte (industrie lattiero casearie) e Confcooperative Fedagripesca per il mondo della cooperazione.
Al centro del dibattito le sfide che attendono il settore su produzione e sostenibilità.
Il presidente del comitato italiano di Fil-Idf, Erasmo Neviani, ha messo l'accento sul tema della sostenibilità, al centro delle attenzioni di operatori e decisori politici.
Tema, aggiungiamo, caro anche agli allevatori che con sempre maggiore frequenza adottano soluzioni tecnologiche e manageriali atte a ridurre l'impatto ambientale della zootecnia, sia da latte e sia da carne.
Aiutati in ciò dalle nuove acquisizioni scientifiche in tema di alimentazione degli animali (per ridurre le emissioni di metano, in particolare) e per attuare percorsi di economia circolare utili ad abbattere gli inquinanti. Un esempio fra i tanti, la produzione di energie rinnovabili a partire dai reflui zootecnici.
I commenti
In questo percorso, è stato il commento di Giovanni Guarneri per Confcooperative, Fil-Idf svolge un ruolo cruciale nel fornire le conoscenze necessarie per costruire politiche di settore che tengano conto del valore sociale ed economico del comparto.
Anche il mondo della cooperazione è mobilitato per la messa a punto di soluzioni efficaci capaci di coniugare efficienza delle produzioni, benessere degli animali e innovazioni tecnologiche, in concerto con gli altri attori della filiera.
La condivisione del lavoro e delle conoscenze è per il presidente di Assolatte, Paolo Zanetti, condizione centrale per rispondere alla crescita della domanda di cibo sano, nutriente e sostenibile.
Una sfida alla quale il latte si dimostra la risposta perfetta e non a caso latte e prodotti lattiero caseari sono alla base della piramide alimentare raccomandata anche dalla dieta mediterranea.
Non meno importante il ruolo dei formaggi e in particolare quelli che rispondono a una identità di territorio, certificata dai marchi Dop e Igp.
Il presidente di Afidop, Antonio Auricchio, ne ha rimarcato il ruolo, modello vincente di qualità, tracciabilità e sostenibilità, senza dimenticarne le potenzialità che i prodotti della filiera del latte potranno esprimere nei Paesi in via di sviluppo.
Meno stalle
Uno scenario, questo tratteggiato per il futuro del latte, nel quale spiccano come elementi chiave la sostenibilità, la qualità, il valore nutritivo e la sicurezza.
Tutti risultati già raggiunti, sebbene l'intera filiera sia impegnata a fare anche di meglio, a iniziare dagli allevamenti, dai quali esce la materia prima dalla quale tutto il resto dipende.
Non va dimenticato che Il futuro del comparto lattiero caseario è intimamente legato al destino degli allevamenti.
Negli ultimi dieci anni in Italia sono scomparse 2.500 aziende da latte, soffocate dai costi e da un mercato avaro di soddisfazioni.
Oggi sono "sopravvissuti" solo 14mila allevamenti che tentano di coprire il vuoto lasciato da chi ha gettato la spugna.
Meno stalle, ma più efficienti, si dirà. Cambiamenti in apparenza virtuosi, ma continuando lungo questa strada mancheranno le stalle e mancherà anche il latte. Meglio tenerne conto.
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