Ci risiamo. La stampa generalista e alcuni siti web sedicenti "green" rilanciano i risultati di alcune analisi delle acque in tema glifosate, ovviamente con gli usuali toni allarmisti. Doveroso diviene quindi riprendere il tema sicurezza delle acque per chiarire nuovamente il punto. 

 

Stando alle notizie circolate, a cui si è scelto di non regalare click, nel corso di recenti analisi delle acque lombarde e piemontesi, glifosate sarebbe stato trovato in alcuni punti di campionamento fino a 10mila volte il limite di legge per le acque potabili. Questo, come detto, stando alle notizie pubblicate. Ovvio quindi l'allarme, dando la stura alle solite argomentazioni che presentano gli agrofarmaci come devastatori dell'ambiente e della biodiversità.

 

Sorvolando su tali temi, ai quali si è già data in passato adeguata risposta su molteplici fronti (usi reali di agrofarmaci, api, lombrichi, pesci, uccelli, etc.), sarà bene soffermarsi nuovamente sullo specifico tema acque. In primis, sottolineando come nel report di Legambiente che è seguito alle analisi si citi un valore massimo di 372 μg/L rinvenuto in provincia di Cremona, con Ampa a soli 45 μg/L. Quindi un terzo circa del valore di 10mila volte citato dalla stampa (=1.000 μg/L). Si attendono quindi eventuali chiarimenti dagli estensori dell'articolo. 

 

In secondo luogo, i campionamenti sono, appunto, stati effettuati nel "reticolo idrografico minore", ma non si evince né dall'articolo, né dal report di Legambiente quali siano i corpi idrici prescelti e che usi abbiano. Né è possibile al momento avere accesso ai dati grezzi, al fine di valutarli puntualmente.

 

Acque potabili o non potabili?

In un punto di campionamento subito al di fuori di un campo, come per esempio un fosso di raccolta delle acque reflue di risaia, o una roggia che scorre fra i campi di mais, usata a scopi irrigui, si possono trovare concentrazioni di agrofarmaci molto più elevate rispetto a quelle che poi si riscontreranno in fiumi e laghi. Ciò per quel fenomeno che si chiama diluizione.

 

Va da sé che quei punti di campionamento stanno dipingendo uno scenario puntuale di una rete idrica artificiale o semi artificiale, cioè quella che raccoglie per prima ogni possibile traccia dovuta al cosiddetto "runoff" o altre contaminazioni di origine puntiforme. Nel caso delle risaie, inoltre, il reticolo che separa le diverse camere e le diverse aziende andrebbe considerato parte integrante dei campi stessi, visto che da un lato apportano l'acqua necessaria al riso, salvo poi accoglierla di ritorno reimmettendola in circolo. Difficile prendere quindi tali punti quali marker della contaminazione ambientale in senso più esteso. A ogni scala il suo, quindi.

 

Un lavoro ampio e dettagliato in tal senso è stato per esempio svolto da Arpa Lombardia, trovando nelle acque superficiali primarie, cioè laghi e fiumi, concentrazioni di sostanze attive ampiamente inferiori a quelle citate. Con alcune soprese peraltro, come dei farmaci che nessuno si aspetterebbe di trovare in quelle acque, per giunta a concentrazioni del tutto sovrapponibili a quelle di glifosate. 

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Su quanto poi il limite di legge attuale (0,1 μg/L) sia anacronistico e avulso da critieri scientifici ci si era già espressi predisponendo un dossier dedicato, nel quale sono stati calcolati i reali limiti di sicurezza tossicologica, molecola per molecola. Il tutto, facendo capo a fonti bibliografiche ufficiali, come le banche dati dell'Unione Europea e le linee guida di alcuni Paesi anglosassoni. Linee guida basate su approcci metodologici utilizzati dallo stesso Oms.

 

Scarica il dossier sulle acque potabili

 

Se poi il limite di 0,1 microgrammi per litro viene applicato anche per acque di laghi, fiumi e canali, proprio non ci siamo. Per le acque superficiali si dovrebbero usare infatti i cosiddetti standard di qualità ambientale (Sqa), per come descritti nella Direttiva Quadro Acque (2000/60/Ce). Standard di qualità che in alcuni casi sono frutto di attente valutazioni ecotossicologiche, nascono cioè dal confronto fra potenziale esposizione degli organismi acquatici e specifici parametri tossicologici. In assenza di queste valutazioni, purtroppo, si è adottato a prescindere il limite già in uso per le acque potabili. Cioè, quando la pezza è peggio del buco.

 

Peraltro, nemmeno alle concentrazioni riportate dai media, (10mila volte il limite = 1.000 microgrammi per litro), si pongono problemi per la sicurezza umana. Ciò stando a quanto la tossicologia suggerisce tramite l'adozione di specifiche formule di calcolo delle soglie di sicurezza per l'uomo.

 

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Formula per il calcolo dei limiti di confidenza tossicologica, calcolabili molecola per molecola

 

Il limite di confidenza tossicologica di glifosate, partendo dal proprio Adi (0,5 mg/kg/giorno), prudenzialmente diviso per dieci, fornisce un risultato pari a 1.500 μg/L. Cioè una volta e mezza quanto riportato e quattro volte superiore al valore massimo rinvenuto nel Cremonese. In acque per giunta non potabili. Quindi, esprimere i dati analitici in riferimento al limite di 0,1 μg/L è azione sicuramente efficace per destare impressione nei lettori, ma porta a camminare su terreni tutt'altro che accettabili scientificamente.

 

Glifosate nelle acque superficiali secondarie

In specifici corpi idrici secondari è in effetti possibile vi siano transitorie concentrazioni di glifosate nell'ordine di qualche centinaio di migrogrammi per litro. Ciò che l'acqua prende, infatti, poi restituisce. Che ciò venga preso a riferimento per stabilire la salute dell'intero reticolo idrografico di una Regione non è invece cosa buona. Ma tant'è.

 

Una valutazione dettagliata dei potenziali rischi ambientali dovuti a glifosate è stata peraltro realizzata dall'Agenzia americana per la protezione ambientale (Epa). Da questa non emergerebbero particolari criticità legate agli attuali usi dell'erbicida. Usi che negli Stati Uniti sono peraltro notevoli, vista l'estesa coltivazione di colture rese geneticamente resistenti all'erbicida.

 

Infine, in occasione di Eurotox 2021 sono stati presentati i risultati di una valutazione dei rischi, sanitari e ambientali in ottica acque, derivante dagli usi di agrofarmaci. Glifosate incluso. I contenuti del poster, titolato "Is it time to update the EU Drinking Water Directive based on scientific data on pesticides?", dimostrano quanto le criticità emerse siano decisamente più fievoli rispetto a quanto viene continuamente diffuso. 

 

Regulatory Acceptable Concentration (Rac): cos'è e come si calcola

Per quanto riguarda gli aspetti ecotossicologici per gli ambienti acquatici, giova ricordare come esistano solidi approcci scientifici basati sul confronto delle concentrazioni rilevate nelle acque superficiali con i livelli di rischio ritenuti accettabili, ovvero le Rac, Regulatory Acceptable Concentration.

 

Guardando agli organismi acquatici, esistono molteplici dati tossicologici, come per esempio la LC50, o la EC50, che esprimono la tossicità acuta, ma anche la Noec (No Effect Concentration), cioè la concentrazione alla quale non si evidenziano effetti. 

 

In funzione del parametro prescelto si adotteranno poi i più opportuni fattori di sicurezza, per esempio dividendo per 100 il valore di LC50 o per 10 quello di NOEC. Stando a Efsa, la Rac per glifosate risulta per le acque pari a 100 µg/L e tale valore non viene mai raggiunto nei biennali monitoraggi pubblicati da Ispra. Nemmeno al valore massimo riscontrato. 

 

La Rac per glifosate riportata a Eurotox 2021

 

Andando a confrontare il picco massimo di concentrazione rilevato nelle acque superficiali (Ispra) con la Rac di glifosate (Efsa), si dimostra come i livelli massimi rilevati siano stati il 28% della Rac. Siamo cioè in ambito del tutto sicuro, persino alle massime concentrazioni in fiumi e laghi. Di certo, se si analizza l'acqua di una canalina che raccoglie i reflui delle risaie, si può anche superare il valore di 100 µg/L, ma ciò ha senso pratico e scientifico dallo scarso al nullo. A meno ovviamente di uno scopo ultimo che con l'ambiente ha poco a che vedere. 

 

Scarica il poster presentato a Eurotox 2021

 

Conclusioni

In sostanza, nell'anno decisivo per l'approvazione o meno di glifosate, pare che il fronte del No stia schierando in campo ogni argomento utile al voto negativo. Voto negativo che visti i pareri sempre e comunque positivi delle autorità scientifiche di valutazione, come Efsa per esempio, può giungere solo per ragioni politiche. Non certo scientifiche.

 

In tali valutazioni, infatti, sono stati presi in considerazione proprio gli aspetti legati all'ambiente acquatico, unica criticità oggettiva di glifosate, fatto che potrebbe sfociare al massimo in qualche restrizione d'uso del diserbante. Non certo in un suo bando totale.

 

Decisioni ideologiche a parte, ovviamente.