Fra i parassiti che falcidiarono le vigne ve n'è uno che ancora oggi viene ricordato come il flagello, ovvero la Fillossera, conosciuta dagli entomologi anche con il nome di Daktulosphaira vitifoliae, apparentata con gli afidi. Se nelle viti americane attacca solo le parti epigee, essendo quelle varietà resistenti a livello radicale, in quelle europee è in grado di devastarne gli apparati ipogei portando a morte le piante. Per tale motivo si affermò presto l'uso di innestare le viti europee su piede americano, tollerante.
Comparso nel Vecchio Continente a cavallo del 1860, in Inghilterra, il parassita si diffuse velocemente in altri paesi, trovando quali prime vittime eccellenti i vigneti francesi. In Italia la sua presenza venne accertata con sicurezza solo nel 1879, fra il Comasco e il Milanese. Già nel 1931 era ormai presente in quasi tutta Italia, causando la perdita di un quarto degli oltre quattro milioni di ettari allora presenti nel Belpaese. Se quindi a cavallo del XIX e del XX secolo era stata una benedizione per le regioni meridionali italiane, Puglia e Campania in primis, le quali inviavano Oltralpe treni di mosti atti a sostituire le perdite francesi, entro pochi decenni la Fillossera aveva portato anche nello Stivale le sue nefaste presenze.
Diverso peraltro appare il comportamento del parassita sulle piante colonizzate, ove a seconda della generazione durante l'anno possono verificarsi o meno manifestazioni galligene sulle foglie, tanto da far pensare che si tratti di razze differenti e fra loro poi ibridatesi.
Il ritorno della Fillossera
Dopo anni di assoluta dimenticanza la Filossera della vite preoccupa nuovamente il mondo viticolo. L’afide ha fatto la sua ricomparsa in maniera sempre più accentuata in molti areali italiani. A rischio potrebbe esserci la tolleranza dei portinnesti americani, anche grazie ai cambiamenti climatici.Secondo i ricercatori dell’università di Vienna, dopo decenni in cui si è data la Fillossera per "decaduta" come parassita, pare che in Europa questa stia riguadagnando areali e stia facendo capolino in modo preoccupante soprattutto in prossimità di vigneti trascurati o addirittura abbandonati, con i portinnesti che offrono al parassita nuovi habitat da cui diffondere facilmente anche per via fogliare.
Si teme inoltre che i portinnesti americani, fino a oggi tolleranti, possano risultare sempre meno efficaci, forse a causa anche dei cambiamenti climatici. Se dovessero cedere tali portinnesti, l'espansione della Fillossera causerebbe nuovamente perdite di produzione troppo presto dimenticate.
La lotta chimica
Mettere a punto nuove varietà di portinnesti tolleranti è processo lungo, laborioso e non sempre soddisfacente. Come pure la lotta tramite nematodi, funghi e batteri pare fornire risultati parziali. La lotta chimica al parassita sta quindi divenendo una prassi abituale in alcune situazioni di campo.Fra le soluzioni insetticide si evidenzia Epik SL di Sipcam Italia. A base di acetamiprid, il prodotto risulta al contempo efficace contro la Fillossera e selettivo verso i pronubi e altri artropodi utili, fatto che lo rende unico disponibile in Italia per le applicazioni di campo in pre-foritura.
Il momento ideale per l'applicazione è il raggiungimento da parte della vite di germogli lunghi almeno dieci centimetri, momento che a seconda dell’andamento climatico e della zona si posiziona indicativamente tra la fine di aprile e la metà di maggio.
Le dosi sono comprese fra 1,5 e 2 litri per ettaro, adottando la dose inferiore su impianti di vite giovani e ancora poco sviluppati e la dose superiore su impianti maturi. L'indicazione prevalente risulta quindi essere di due litri per ettaro, da applicarsi alla comparsa delle prime galle.
Epik SL è peraltro già ampiamente utilizzato con successo su vite per il controllo di altri insetti chiave, come per esempio lo Scafoideo.
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Fonte: Sipcam