Meno residui alla raccolta, meno problemi di resistenze, minori carichi ambientali di prodotti chimici. Questi in sostanza i vantaggi dell’utilizzo in vigneto di prodotti di derivazione naturale.
Nel corso di un incontro tecnico organizzato da Syngenta sul tema della botrite della vite, Massimo Scannavini di Astra ha fornito una panoramica delle soluzioni attualmente a disposizione oppure in via di registrazione in Italia. Nei disciplinari di produzione vengono ovviamente inseriti solo i prodotti registrati come agrofarmaci, quindi sono esclusi tutti i prodotti commercializzati sotto forme diverse e prive della necessaria autorizzazione del Ministero della Salute.
Gli antibotritici naturali Integrano bene l’approccio chimico e meccanico, arrotondandone i risultati. Anche la pratica delle sfogliatura appare infatti uno strumento importante nel contenimento della muffa grigia, dato che concorre e diminuire le condizioni predisponenti la malattia, come per esempio l’umidità. Massimo interesse ovviamente nel Bio, ove gli antiboitritici di sintesi non si possono utilizzare e la muffa grigia viene ancora osteggiata applicando rame. Con i nuovi preparati naturali si può quindi aiutare gli agricoltori biologici a ridurre l’uso di questo metallo, già ampiamente utilizzato contro la peronospora.
 
Fra i rimedi classificabili espressamente come “fungicidi”, e registrati come tali, vi è solo il bicarbonato di potassio, avente anche azione antioidica. L’azione di questo sale è fondamentalmente di disidratazione del patogeno e permette di contenerlo soprattutto nelle fasi finali dei programmi di difesa.
Anche alcuni microrganismi sono stati registrati come agrofarmaci, pur non essendo dei “fungicidi” tout court. In sostanza, essi agiscono per lo più come antagonisti nei confronti della botrite impedendone lo sviluppo sulla coltura. Attualmente registrati vi sono prodotti a base di Bacillus amyloliquefaciens, Bacillus subtilis  e di Aureobasidium pullulans. In attesa di registrazione vi sono invece alcuni preparati a base di Reynoutria sachalinensis e di Saccharomices cerevisane. Anch’essi, una volta ottenuto il debito numero di registrazione, potranno aggiungersi al novero degli antibotritici naturali.
Non risulta invece registrato come agrofarmaco, né se ne conosce un eventuale iter registrativo, un altro microrganismo dato per efficace su botrite, ovvero l’Ulocladium oudemansii, anch’esso considerato un antagonista del patogeno in questione. 
 
Diversi invece i cosiddetti induttori di resistenza all’interno delle piante. Sono essenzialmente estratti vegetali come per esempio la laminarina, un polisaccaride presente nelle alghe brune, e il fucodiano, estratto dall’alga Fucus vesicolosus L.  Oppure possono trovarsi sul mercato anche prodotti che contenengono estratti  provenienti da piante, come per esempio quello di Polygonum cuspidatum.
Ancora, sono presenti nell’elenco molecole come glutatione e chitosano. Il primo è composto da alcuni aminoacidi ramificati, mentre il secondo è un polisaccaride lineare composto da D-glucosamina e N-acetil-D-glucosamina e viene utilizzato, con risultati su cui è bene non soffermarsi, anche nelle diete ipocaloriche per la sua capacità di legare a sé i grassi.
Non mancano neppure le oligosaccarine e le saponine. Le prime derivano dalla frammentazione della parete cellulare, le seconde sono invece dei glicosidi terpenici di origine vegetale (derivano il nome dalla Saponaria officinalis) e hanno la funzione di abbassare la tensione superficiale delle soluzioni acquose.

L'uso delle sostanze di cui sopra, ovviamente, non deve essere considerato come "trattamento antibotritico", la cui accezione comunemente condivisa è riservata agli agrofarmaci registrati come tali. Possono però divenire utili mezzi complementari nei programmi di difesa e restano in ogni caso dei rimedi interessanti per chi, per scelta, abbia deciso di non applicare antibotritici di sintesi.