In un articolo precedente abbiamo segnalato come i gruppi anti biogas utilizzino dati dalla letteratura scientifica con l'intento manipolatorio di dimostrare i pericoli e gli impatti ambientali, reali o immaginari, degli impianti di digestione anaerobica. Uno degli argomenti più utilizzati è la Valutazione del Ciclo di Vita, in inglese Life Cycle Assessment (Lca) del biometano oppure dell'energia elettrica prodotta dall'impianto, magari in comparazione con il fotovoltaico. L'argomento è estremamente complesso e articolato, per cui le ultra semplificazioni che ne fanno politici locali in cerca di voti e complottisti antisistema portano sempre a conclusioni fuorvianti.
In questo articolo tenteremo di far luce su come valutare i risultati di questo strumento di analisi decisionale che, seppur utilissimo, è soggetto a grandi margini di incertezza.
La Lca è una metodologia utilizzata da tempo per i processi decisionali e la definizione di politiche ambientali. Le norme di riferimento per la Lca sono della serie ISO 14040, che include le norme ISO 14040 (disponibile in italiano come UNI EN ISO 14040) e ISO 14044 (disponibile in italiano come UNI EN ISO 14044).
In dettaglio:
- La ISO 14040 definisce i principi e la struttura generale per la conduzione di uno studio Lca, inclusi i requisiti per la definizione dell'obiettivo e del campo di applicazione, l'inventario del ciclo di vita, la valutazione dell'impatto, l'interpretazione e la rendicontazione. Non entra nel merito delle specifiche tecniche di valutazione, ma stabilisce il contesto e le linee guida per le diverse fasi dell'Lca.
- La ISO 14044 fornisce requisiti e linee guida per la Valutazione del Ciclo di Vita (Lca) di prodotti e servizi, dalla culla alla tomba (ma secondo la ISO 14040 è anche possibile fare la stessa analisi "dalla culla alla porta"). Essa specifica le fasi dell'Lca, inclusi la definizione dell'obiettivo e del campo di applicazione, l'Inventario del Ciclo di Vita (Lci), la Valutazione dell'Impatto del Ciclo di Vita (Lcia), l'interpretazione, la rendicontazione e la revisione critica.
Nei due paragrafi precedenti abbiamo sottolineato alcuni concetti di fondamentale importanza, che influenzano i risultati. Poiché la norma non entra nel merito delle tecniche di valutazione (ci sono diversi programmi di analisi, ciascuno alimentato con dati da provenienze diverse) i risultati dipendono da come si definiscono le condizioni al contorno.
Per esempio, nel caso di un impianto di digestione anaerobica agricolo a scopo di produzione di biometano, la definizione della "culla" e la "tomba" lascia ampi spazi di scelta: che punto del processo devo considerare la "tomba"? Il biometano in uscita dal sistema di upgrading? Il biometano all'uscita dal compressore? Il biometano iniettato in rete? O il biometano che arriva al consumatore finale, e in questo caso che tipo di consumatore e con quale scopo di consumo?
Il lettore capirà già che ciascuna di queste varianti fornirà risultati (potenziale di effetto serra, ecotossicità, eccetera) diversi, ma l'incertezza non si ferma qui: per ognuna di tali condizioni al contorno, i risultati saranno diversi a seconda dell'inventario utilizzato. Gli inventari sono dei database di dati la cui provenienza è talvolta piuttosto opaca e la cui applicazione non è universale.
Ad esempio: quali sono le emissioni di CO2 equivalenti di un cogeneratore alimentato a biogas? Un inventario potrebbe contenere dati calcolati utilizzando come modello un piccolo cogeneratore cinese di venti anni fa, un altro un cogeneratore pilota testato dall'università XY, un altro ancora i dati di un cogeneratore europeo con recupero del gas di scarico in un post generatore Orc, Organic Rankine Cycle. Poiché coloro che prendono dati "dalla letteratura scientifica" si saltano il passaggio di revisione critica richiesto dalla norma, la selezione dei paper da presentare come "prova" ricade nella fallacia nota come "cherry picking", cioè scegliere i risultati che supportano le proprie tesi ignorando tutti gli altri. Anche in assenza di cherry picking è impossibile comparare i risultati di una Lca cinese, indiana o tedesca con l'effettiva situazione di uno specifico impianto in uno specifico sito in Italia.
A titolo d'esempio si veda uno studio condotto in Irlanda del Nord (1) che mette in evidenza come (nelle condizioni irlandesi!) i risparmi sul potenziale di riscaldamento globale (Gwp, Global Warming Potential) di un impianto di digestione anaerobica possono variare da 524 a 477 chilogrammi equivalenti di CO2/MWh di energia dei combustibili rimpiazzati che scendono a 300 chilogrammi equivalenti di CO2/MWh di energia elettrica iniettata in rete e 191 chilogrammi equivalenti di CO2/MWh di energia del biometano quando viene iniettato nella rete di gas naturale. Il tipo di impianto scelto come modello per l'analisi influisce notevolmente sulle emissioni.
Ad esempio:
- Lo scenario con cogenerazione (CHP) e compostaggio del digestato raggiunge il Gwp più basso, compensando energia primaria e risorse non biologiche di oltre il 95%. L'upgrading del biogas (per esempio Psa) riduce emissioni in otto/dieci categorie rispetto agli scenari CHP e uso diretto del biogas in una caldaia (2).
- Lo stoccaggio coperto del digestato dimezza il Gwp e taglia di tre volte il potenziale fotochimico di creazione di ozono (Pocp, Photochemical Ozone Creation Potentials) nel caso dell'alimentazione con insilato di mais (3).
Lo scopo fondamentale di una Lca non è fornire valori assoluti, bensì facilitare la comparazione multidimensionale fra alternative tecnologiche diverse per determinare quale possa essere più vantaggiosa in determinate condizioni di riferimento. I vantaggi o gli svantaggi della digestione anaerobica saranno dunque diversi a seconda di quale sia la tecnologia con la quale verrà comparata.
Vediamo un esempio di come gli ideologi no biogas possono "dimostrare" la presunta superiorità ambientale del fotovoltaico:
- La media delle emissioni degli impianti italiani di digestione anaerobica di sottoprodotti agricoli per produzione di energia elettrica è di 155 grammi equivalenti di CO2/kWh (4). La media però è il risultato di casi estremi, che secondo un altro studio italiano (3 già citato) vanno da -395 grammi CO2 equivalente/kWh (impianti estremamente virtuosi che immobilizzano carbonio a lungo termine) fino a 408 grammi CO2 equivalente/kWh (impianti molto mal progettati e gestiti peggio, con vasche senza copertura a tenuta e utilizzo di mais di primo raccolto).
- La United Nations Economic Commission For Europe (Unece) (5) ha condotto una serie di Lca comparative fra le diverse tecnologie energetiche. Si raccomanda la lettura della pagina 25 del suddetto studio, nella quale sono dettagliate tutte le limitazioni. A scopo di comparazione, vediamo quale sia il Gwp del fotovoltaico e come l'ha calcolato l'Unece. La produttività "europea" del fotovoltaico è stata stimata con un irraggiamento di 2320 kWh/m2.anno e un fattore di utilizzo pari a 12,4% (pagina 44), ovvero 288 kWh/m2.anno. Tale produttività corrisponde ad un sito estremamente soleggiato nel Sud della Spagna, quindi uno dei casi più favorevoli e non rappresentativo della media europea. Non stupisce dunque che il Gwp del fotovoltaico europeo risulti di 37 grammi CO2 equivalente/kWh. Se prendessimo come riferimento un impianto da 6 kW nominali (circa 35 m2 di pannelli), con pannelli integrati su tetto (angolo 21°, che è la costruzione tipica di un tetto a due falde in Italia) in una località generica della provincia di Cremona, l'irraggiamento annuo scende a 1646 kWh/m2 e la produttività a 7810 kWh/anno, ovvero 232 kWh/m2 .anno (il lettore può verificarlo autonomamente dal Global Solar Atlas, utilità gratuita messa a disposizione dalla Banca Mondiale). Possiamo dunque ragionevolmente stimare che il Gwp di un pannello fotovoltaico installato a Cremona avrebbe il 24% in più di emissioni associate rispetto a quelle dello stesso pannello installato nel Sud della Spagna, ovvero 46 grammi CO2 equivalente/kWh.
- Risulta dunque evidente come il mero parametro Gwp si presti a manipolazioni, in un senso o nell'altro. Se compariamo il miglior impianto di biogas (quello con emissioni negative) con qualsiasi impianto fotovoltaico (che hanno sempre emissioni positive), vince il biogas. Se invece compariamo la "media" degli impianti di biogas analizzati nel paper con l'impianto fotovoltaico tipico installato a Cremona, gli impianti di biogas avrebbero oltre tre volte le emissioni di effetto serra a parità di energia. Se prendiamo il valore "ufficiale" dell'Unece, calcolato però nel migliore sito d'Europa, la "media" degli impianti di biogas emetterebbe quasi cinque volte tanto. Infine, va segnalato anche che la "media" riportata nel primo studio è stata calcolata su una manciata di impianti da 100 a 999 kW in operazione nel 2021, che difficilmente si può considerare rappresentativa dell'intero parco operativo nel 2025.
- Se consideriamo tutti gli altri parametri - cosa che i no biogas furbescamente evitano - la situazione cambia drasticamente: il fotovoltaico consuma risorse non rinnovabili (le terre rare) e soprattutto suolo. Se prendiamo ad esempio il tipico impianto di biogas da 1 MWel a Cremona, l'energia prodotta in un anno è 8.760 MWh, occupando fra 1 e 3 ettari di suolo. Per produrre la stessa quantità di energia col fotovoltaico sarebbero necessari 37.758.620 m2, ovvero 3.776 ettari di pannelli. Secondo (3 già citato), l'ecotossicità è 140-240 milligrammi Sb equivalenti per il biogas e sale a 840 milligrammi Sb equivalenti per il fotovoltaico. L'Htp, Human Toxicity Potential, dell'impianto di biogas è di 79,2-113,6 chilogrammi equivalenti di diclorobenzene contro 158,7 chilogrammi equivalenti DCB del fotovoltaico. Osservare che né gli impianti di biogas né i pannelli fotovoltaici emettono diclorobenzene, si tratta di una unità di riferimento per effettuare comparazioni fra tecnologie diverse.
Nella Seconda parte dell'articolo analizzeremo in dettaglio i diversi parametri che caratterizzano una Lca.
Bibliografia
(1) María Natividad Pérez-Camacho, Robin Curry, Thomas Cromie, Life cycle environmental impacts of biogas production and utilisation substituting for grid electricity, natural gas grid and transport fuels, Waste Management, Volume 95, 2019, Pages 90-101, ISSN 0956-053X.
(2) Ahmed Alengebawy, Badr A. Mohamed, Nirmal Ghimire, Keda Jin, Tingting Liu, Mohamed Samer, Ping Ai, Understanding the environmental impacts of biogas utilization for energy production through life cycle assessment: An action towards reducing emissions, Environmental Research, Volume 213, 2022, 113632, ISSN 0013-9351.
(3) Fusi Alessandra, Bacenetti Jacopo, Fiala Marco, Azapagic Adisa; Life Cycle Environmental Impacts of Electricity from Biogas Produced by Anaerobic Digestion; Frontiers in Bioengineering and Biotechnology; Volume 4 - 2016.
(4) Marina Mistretta, Teresa Maria Gulotta, Paola Caputo, Maurizio Cellura, Bioenergy from anaerobic digestion plants: Energy and environmental assessment of a wide sample of Italian plants, Science of The Total Environment, Volume 843, 2022, 157012, ISSN 0048-9697.
(5) Carbon Neutrality in the UNECE Region: Integrated Life-cycle Assessment of Electricity Sources.