Nel 2010 a San Bellino, in provincia di Rovigo, è stato costruito un impianto fotovoltaico con una superficie di 84 ettari. L'impianto, al tempo il più grande d'Europa, è stato poi seguito da tanti altri progetti, di dimensioni più contenute, che hanno occupato suolo agricolo per trasformare l'energia solare in elettricità.

Il business si sta espandendo e non mancano le polemiche. Ad esempio sulle pagine dei giornali locali di Rovigo (e non solo) nelle ultime settimane si è acceso lo scontro intorno a due nuovi progetti: uno a Occhiobello, di 12 ettari, e un'altro a Loreo, di 50 ettari. A favore dei nuovi impianti si sono schierati alcune associazioni di agricoltori, gli investitori e una parte della politica. Sul fronte contrario altre associazioni di agricoltori, altri politici e qualche residente.

Per i pro fotovoltaico gli impianti rappresentano una legittima iniziativa economica, autorizzata anche dal comune e dagli organi competenti, che contribuisce a produrre energia pulita. Per i contrari invece si tratta di una sottrazione di suolo agricolo a favore della cementificazione e un deturpamento del paesaggio.


Quale fotovoltaico per l'agricoltura?

Per capire meglio la questione occorre fare un passo indietro. Esistono infatti diverse soluzioni agrofotovoltaiche oggi sul mercato che hanno differenti impatti a livello economico e agricolo.
 
Ci sono gli "impianti a terra", in cui cioè i pannelli fotovoltaici vengono installati al suolo, coprendone tutta la superficie e impedendo l'utilizzo del terreno per usi agricoli.
 
L'impianto di San Bellino visto da Google StreetView
L'impianto di San Bellino visto da Google StreetView

C'è poi l'agrofotovoltaico propriamente detto, che prevede l'installazione dei pannelli su pali d'acciaio alti diversi metri che intercettano la luce del sole ma permettono al contempo di coltivare il suolo.
   
L'impianto fotovoltaico di Villa Crespia, in Franciacorta
L'impianto fotovoltaico di Villa Crespia, in Franciacorta
(Fonte foto: Villa Crespia)

Ci sono infine le serre fotovoltaiche, in cui una o più falde sono coperte da pannelli. Si tratta tuttavia di soluzioni poco diffuse, soprattutto per la difficile convivenza tra obiettivi energetici e colturali.


L'agrofotovoltaico, quello vero

Se un agricoltore vuole dunque produrre energia e continuare a coltivare i propri campi la soluzione obbligata è rappresentata dall'agrofotovoltaico. Per capire come funziona e quali sono i pregi e i difetti abbiano intervistato Michela Muratori, marketing manager presso la Tenuta Villa Crespia, azienda vitivinicola in Franciacorta, che proprio in un terreno vitato adiacente alla cantina ha installato ormai dieci anni fa (sono stati i primi in Italia) un impianto fotovoltaico di 2.500 metri quadri (con una potenza massima di 200 kW).

"Volevamo essere indipendenti dal punto di vista energetico e al contempo essere sostenibili e così abbiamo deciso di realizzare un impianto fotovoltaico", spiega Michela. "Avevamo due opzioni, eradicare una parte dei vigneti per far posto ai pannelli oppure installarli sopra le viti, in modo da coniugare viticoltura e produzione di energia".

A dieci anni di distanza in azienda sono soddisfatti del compromesso trovato. Durante tutto l'anno Villa Crespia usa l'energia autoprodotta e immette in rete il surplus, mentre nei periodi di intensa attività, come ad esempio la vendemmia, assorbe energia dalla rete elettrica.

In questo modo l'azienda ha ridotto il suo impatto ambientale, ma riesce comunque a mantenere il suo indirizzo vitivinicolo. "L'impianto copre una minima parte dei 55 ettari aziendali e inoltre consente la produzione di uva, difendendo anche le piante in caso di grandine", sottolinea Michela.

Nonostante i pannelli siano distanziati l'uno dall'altro per far passare aria e luce influiscono sullo sviluppo delle viti, come sulla maturazione delle uve, che nel caso di Villa Crespia avviene con circa due settimane di ritardo. Una caratteristica che in Franciacorta, come in Trentino, potrebbe però essere un vantaggio visto che statisticamente le estati più calde portano ad avere mosti con minore acidità e un grado zuccherino elevato. Controproducente per chi produce spumanti.
 
I pannelli vengono puliti due-tre volte l'anno per eliminare lo sporco, legato soprattutto all'inquinamento, che si deposita sopra
I pannelli vengono puliti due-tre volte l'anno per eliminare lo sporco, legato soprattutto all'inquinamento, che si deposita sopra
(Fonte foto: Villa Crespia)

"Su questo fronte però devo dire che presso la nostra azienda non abbiamo mai avuto problemi di maturazione. Ogni anno portiamo in cantina uve con il giusto grado zuccherino e di acidità per vinificare i nostri spumanti", sottolinea Michela.

L'impianto non dà nessun problema neppure a livello di campo. I pannelli, installati a circa 3 metri di altezza, non interferiscono con la crescita delle viti, né con il passaggio dei trattori e delle attrezzature agricole. E anche i trattamenti antifungini (l'azienda è in regime di biologico) non interferiscono con la capacità dei pannelli di generare energia.

E il paesaggio? "La Franciacorta è un territorio fortemente antropizzato e i nostri pannelli fotovoltaici non rovinano il paesaggio e sono certamente più armonici rispetto ai tralicci dell'alta tensione".
 


Agrofotovoltaico, un buon compromesso

L'agrofotovoltaico, inteso come la convivenza tra agricoltura e produzione di energia, rappresenta dunque un buon compromesso per quelle aziende agricole che vogliono continuare a lavorare la terra, ma al contempo vogliono produrre energia per autoconsumo o per immetterla in rete.

Risulta invece poco appetibile per gli investitori, che mirano a massimizzare la produzione di energia elettrica e non sono interessati alle attività agricole. È interessante invece per quegli agricoltori che preferiscono avere una rendita sicura nel medio periodo rinunciando alle attività colturali.