Da molti anni la ricerca è impegnata ad identificare strade alternative all’uso dei fitofarmaci per il contenimento di patogeni che causano danni a parecchi zeri all’agricoltura, non solo italiana. La sperimentazione in questo settore ha seguito molte strade tra cui il breeding, la lotta biologica, quella integrat. Ma laddove il breeding classico segna il passo le biotecnologie vegetali possono essere di valido aiuto per l’ottenimento di piante resistenti a patogeni. L’aver sviluppato una strategia molecolare per combattere più efficacemente un’importante classe di virus vegetali quali i geminivirus permetterà in futuro di controllarne meglio la diffusione contenendo le perdite economiche. Nel presente è valso ai suoi scopritori il prestigioso titolo di Eccellenza Enea 2008.
 
Abbiamo affrontato l’argomento con Mario Tavazza, biologo, responsabile scientifico del progetto premiato.
 
Un lavoro di equipe di tutto rispetto. Quanti sono gli autori della scoperta?
Siamo in sette e mi fa piacere elencarci nell’ordine in cui i nostri nomi compaiono nell’articolo recentemente pubblicato sulla rivista Nature Biotechnology: Alessandra Lucioli, David Emanuele Sallustio, Daniele Barboni, Alessandra Berardi, Velia Papacchioli, Raffaela Tavazza ed io. Il lavoro ha coinvolto due gruppi di ricerca ENEA, quello di virologia molecolare vegetale di cui sono il coordinatore e quello di biologia cellulare vegetale diretto da Raffaela Tavazza.
Le biotecnologie sono così importanti in questo settore di applicazione?
Sì, l’uso delle biotecnologie è estremamente importante basti pensare alla possibilità di rendere una specie vegetale resistente ad un determinato patogeno anche in assenza del carattere di resistenza nel patrimonio genetico della specie in esame. Per capirne meglio l’importanza desidero ricordare che ad oggi non esistono fitofarmaci in grado di curare le malattie virali, che l’unico modo efficace per contrastarle è l’impiego di piante resistenti e che non sempre i caratteri di resistenza ad un determinato virus sono presenti in una determinata specie vegetale.
Se le malattie virali non possono essere curate a quale scopo sono usati i fitofarmaci?
La ringrazio per la domanda. Vede, nel caso delle malattie virali i fitofarmaci sono utilizzati per controllare i vettori che trasmettono il virus. Nel caso della maggior parte dei geminivirus ed in particolare nel caso del virus dell’accartocciamento fogliare giallo del pomodoro, TYLCV, Tomato yellow leaf curl virus, il vettore naturale di trasmissione è un insetto una mosca bianca la Bemisia tabaci.
Le malattie provocate dai geminivirus quali colture interessano?
Questa classe di virus causa ingenti danni alle produzioni agricole nelle regioni subtropicali e tropicali del mondo. Tra le colture interessate, solo a titolo di esempio, si può citare il mais, la manioca, il cotone, il pomodoro, il fagiolo e il peperone. In Italia le regioni maggiormente interessate sono la Sicilia e la Sardegna, sebbene infezioni da geminivirus siano state riscontrate anche in Calabria e Puglia.
I geminivirus possono essere un fattore limitante per alcune colture in Italia?
Si ad oggi per la coltura del pomodoro. Faccio un caso per tutti. In Sardegna nel 2003 la perdita di produttività del pomodoro, dovuta all’infezione della specie Sarda del TYLCV, chiamata Tomato yellow leaf curl Sardinia virus, TYLCSV, è stata superiore al 50%. Il danno economico subito dagli agricoltori è stato parzialmente indennizzato dallo Stato Italiano con 10.000.000 di Euro.
 
 
La tecnologia made in Enea è nuova oppure è il perfezionamento di una già esistente?
Per poterle rispondere è necessario fare una breve premessa. Ad oggi la strategia biotecnologica più ampiamente utilizzata per introdurre caratteri di resistenza a virus va sotto il nome di “resistenza derivata dal patogeno” (Pathogen-Derived Resistance, PDR). Il fondamento delle PDR è che l’espressione in pianta d’opportune sequenze derivate dal patrimonio genetico di un virus è in grado di rendere la pianta resistente alla malattia provocata da quel virus. Mentre la PDR è una tecnologia matura ed estremamente efficace nei confronti di virus con genoma ad RNA, ad oggi non altrettanto può dirsi nei confronti di quelli con genoma a DNA, tra cui appunto i geminivirus. In generale, le PDR possono essere divise in due gruppi a seconda della molecola di origine virale alla base della resistenza: PDR mediate da proteina e PDR mediate da RNA. L’obiettivo iniziale della nostra ricerca è stato appunto quello di comprendere i meccanismi molecolari alla base della scarsa efficacia delle PDR mediate da proteina nel controllare i geminivirus. In particolare abbiamo cercato di capire quale fosse il meccanismo alla base della suscettibilità al TYLCSV di piante transgeniche esprimenti una forma tronca non funzionale della proteina associata alla replicazione (Rep) del TYLCSV. Una volta compreso il meccanismo molecolare alla base della suscettibilità, che è stato identificato nel silenziamento genico indotto dal TYLCSV, abbiamo quindi elaborato una strategia molecolare che superasse tale ostacolo.
Come siete arrivati alla conclusione che il silenziamento genico indotto dal virus fosse il tallone d’Achille delle PDR mediate da proteina?
Precedenti ricerche condotte nel nostro laboratorio in collaborazione anche con l’Istituto di Virologia Vegetale del CNR suggerivano una possibile correlazione tra suscettibilità al TYLCSV e mancata produzione nelle piante transgeniche della proteina interferente. Sulla base di questi ed altri dati abbiamo inizialmente elaborato un modello per spiegare la ridotta efficacia delle PDR mediate da proteina contro i geminivirus e successivamente lo abbiamo convalidato sperimentalmente. In breve, se il prodotto proteico derivato dal geminivirus non è in grado di bloccare completamente la replicazione virale, allora l’infezione attiverà un meccanismo di difesa della pianta, il silenziamento genico, che porterà alla degradazione sequenza-specifica delle molecole di RNA omologhe al genoma virale, senza tuttavia bloccare in maniera efficace l’infezione. Come diretta conseguenza dell’attivazione del silenziamento genico i trascritti del transgene sono degradati provocando la mancata produzione della proteina interferente e quindi la perdita completa della resistenza. La verifica sperimentale di tale modello ha previsto lo sviluppo di una nuova strategia molecolare volta ad ottenere un transgene che fosse un bersaglio inefficiente del silenziamento genico indotto dal virus.
Ci spiega su cosa si basa la strategia anti-silenziamento genico?
La tecnologia PDR da noi implementata mediante la strategia anti-silenziamento si basa sull’espressione in pianta di un prodotto proteico codificato non dal gene virale tal quale ma da un gene sintetizzato “ad hoc”. In particolare, il gene sintetico è costruito introducendo nella sequenza virale mutazioni puntiformi silenti, distribuite in maniera tale che l’omologia continua fra la nuova sequenza mutata e quella originale sia preferibilmente inferiore od uguale a cinque nucleotidi. In questo modo, sfruttando la degenerazione del codice genetico, si ottiene una nuova sequenza genica la cui capacità codificante è uguale a quella della sequenza originaria risultando tuttavia, a seguito della ridotta omologia nucleotidica con il genoma virale, un bersaglio inefficiente del silenziamento genico indotto dal virus.
La tecnologia anti-silenziamento è stata brevettata?
Sì, è coperta da brevetto italiano con estensione internazionale in Europa, Cina, Giappone, Brasile e Stati Uniti e vede il coinvolgimento di un partner industriale.
Quale è a suo avviso la direzione futura della ricerca in questo campo?
L’aver compreso il punto debole delle PDR mediate da proteina per la lotta ai geminivirus ha permesso da un lato lo sviluppo di una strategia molecolare per combattere più efficacemente questa importante classe di patogeni e dall’altro una maggiore consapevolezza sui limiti che le PDR mediate da proteine possono presentare a lungo termine. In particolare, il quadro che è stato possibile delineare suggerisce, per il futuro, l’importanza di procedere su due distinti filoni di ricerca per l’ottenimento di piante resistenti ad un ampio spettro di geminivirus: a) indagare le cause della scarsa efficacia delle PDR mediate dall’RNA; b) sviluppare nuove strategie biotecnologiche che non si basino sull’uso di sequenze derivate dal patogeno.
A cura di Renata Palma