Per questo motivo sarà necessario produrre più cibo con una minore disponibilità di terreno. Servono così grandissime quantità di proteine. Ma da dove prenderle, se si vuole anche cercare di preservare la salute del pianeta e la prospettiva di vita delle generazione future? Dal consumo di carne è difficile, visto l'elevato impatto in termini di sostenibilità che ha l'allevamento animale. Una soluzione può essere il consumo di proteine vegetali: i fagioli secchi contengono un 23,6% (gr/100 gr p.e.) di proteine mentre il petto di pollo crudo ha il 23,3% (da verificare poi il valore a cotto, dove scende per i legumi e sale per la carne) ed il Parmigiano Reggiano ne contiene il 33,5%. (Fonte dati Crea-Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Tabelle di composizione degli alimenti aggiornata al 2009)
FAGIOLO
Ecco dunque quali sono i vegetali che contengono più proteine. I legumi sono sicuramente la fonte vegetale più ricca di proteine in natura: soia 36,9 gr/100 gr p.e. a secco, lenticchie 22,7 gr, fagioli 23,6 gr, piselli 21,7 gr, fave 21,3 gr e ceci 20,4 gr. Interessante anche l'apporto proteico della frutta secca: pinoli 31,9 gr a secco, arachidi 29 gr, mandorle 22 gr, pistacchi 18,1 gr, anacardi 15 gr, noci 14,3 gr e nocciole 13,8 gr. (Fonte dati Crea-Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Tabelle di composizione degli alimenti aggiornata al 2009)
Quindi il fagiolo è sicuramente una delle piante proteiche principali, soprattutto se guardiamo all'alimentazione umana. Inoltre è alimento tradizionale nella cucina mediterranea. Ma cosa sta succedendo in Italia? In linea generale la produzione di legumi secchi è in crescita ma resta comunque forte la dipendenza dalle importazioni, soprattutto per lenticchie e fagioli. E' quanto emerge dal report realizzato da Areté, per conto di Alleanza cooperative agroalimentari, e pubblicato ad ottobre 2018. Il Bel Paese è all'ottavo posto in Europa, come produttore di legumi secchi, con circa 200mila tonnellate. I dati però indicano che nel 2017 il rapporto import/export presunto è stato del 98% per le lenticchie, del 95% per i fagioli, del 71% per i piselli e del 59% per i ceci. Rispetto alla media europea l'Italia ha importato il 65% del suo valore consumato contro il 33% dell'Ue. Un valore che indica come il consumo vada più forte della produzione.
Il perché della crescita dei legumi
Diamo un dato sulla produzione globale di legumi: nel 2016 è stato di 82 milioni di tonnellate (Fonte dati Fao). Il più grande produttore è l’India. A seguire poi il Kazakistan, la Cina, gli Usa ed il Canada. Queste piante e le proteine vegetali contenute nei loro prodotti sono oggi sempre di più al centro dell'interesse del consumatore, visto la spinta data da una nuova etica consumistica e salutistica. Ma non possiamo dimenticare le nuove politiche agrarie ed ambientali. Qui, guardando in ambito comunitario e nazionale, è necessario evidenziare il caso della Pac 2014-2020, che promuove l'uso delle leguminose per soddisfare il rispetto del greening (pratiche agricole benefiche per il clima, l'ambiente ed il suolo) da parte degli agricoltori al fine di poter accedere ai finanziamenti europei.Nel mondo l'incremento produttivo del fagiolo dal 2007 al 2017 è del 30%, in linea con tutti i legumi
(Fonte foto: © Oleksandrum - Adobe Stock)
Per Fostat nel 2017 sono stati prodotti circa 35 milioni di tonnellate di fagiolo al mondo, per una superficie coltivata di circa 37 milioni di ettari. Un incremento del 30% rispetto al 2007, quando la produzione era di circa 22 milioni di tonnellate e gli ettari erano circa 30 milioni. L'India è il maggior produttore con 6.390.000 tonnellate (15.425.864 ettari), seguite da Myanmar (in passato noto come Birmania) con 5.466.166 tonnellate (3.182.141 ettari) e Brasile con 3.033.017 tonnellate (2.795.284 ettari). L'Italia è al 54esimo posto con 11.176 tonnellate ed una superficie di 6.001 ettari. I dati Istat dicono che nel 2018 sono stati prodotti 121.230 quintali (circa 12mila tonnellate) su una superficie di 6.411 ettari mentre nel 2008 la produzione totale è stata di 123.599 quintali su una superficie di 5.988 ettari. La principale regione è il Myanmar con 37.745 quintali su una superficie di 2.337 ettari, seguita dalla Lombardia con 17.343 quintali e 695 ettari.
Il fagiolo e l'innovazione varietale
Per cercare di seguire in modo adeguato questo trend e queste necessità l'innovazione varietale ed il miglioramento genetico rappresentano sicuramente delle importanti opportunità. La Royal Seeds di Mirandola (Mo) è una realtà molto attiva nello sviluppo di nuove varietà di fagiolo, borlotto in primis. L'azienda fa parte del gruppo Verisem, di cui tra l'altro fanno parte Suba Seeds Co., Hortus Sementi Srl, Sipas Packaging Srl, Verisem S.A., Verisem Distribution srl, Condor Seeds Production Inc., Brotherton Seed."Per noi il fagiolo è sempre stata una coltura importante - spiega Roberto De Ninno, production manager di Royal Seeds -. Ed oggi lo è ancora di più, vista la crescita dei consumi verso i legumi secchi e l'attenzione delle politiche agricole per le leguminose. E' evidente che per far crescere il settore produttivo è necessario avere varietà che possano soddisfare le aspettative degli agricoltori e dei consumatori.
Per questo motivo abbiamo deciso di attivare un programma di breeding, assieme al gruppo Verisem. Noi puntiamo principalmente sulla tipologia borlotto, sia rampicante che nano. I parametri principali della nostra attività sono: aumento della produzione, aumento delle rese produttive, aumento del valore proteico dei semi, prodotti di maggiore digeribilità, baccelli più lunghi e resistenti, colore dei semi di un rosso più acceso ed intenso. Non dimentichiamo la necessità di avere piante più adattabili alle diverse condizioni ambientali degli areali di produzione e una maggiore resistenza alle avversità biologiche. Tra le principali novità del 2018-2019 abbiamo: Brace e Rubeus tra i borlotti rampicanti, Estremo e Macete tra i fagioli borlotti nani".