Per chi fa colture estensive come frumento, orzo o erba medica, il fattore acqua é sempre stato un non-problema, ma i climatologi lanciano l'allarme, perché in futuro anche queste colture potrebbero risentire di una diminuzione delle precipitazioni, specialmente negli areali del Sud Italia.
Ad avere già oggi dei seri problemi sono invece i maiscoltori. In venti anni (dati Ismea del 2018) il nostro Paese ha perso circa 420mila ettari dedicati a questa coltura. Si é passati dalla condizione di poter soddisfare in maniera autonoma la quasi totalità delle richieste del mercato (soprattutto zootecnico) ad essere forti importatori. Le condizioni climatiche sfavorevoli hanno messo a dura prova i produttori di mais che in aggiunta si trovano ad affrontare le micotossine e un mercato che lascia pochi margini di manovra (l'annata 2017/2018 ha corrisposto in media 178,04 euro a tonnellata di granella - dati Ismea).
Più roseo il quadro per i risicoltori che comunque si devono confrontare con le insistenti richieste di un cambio passo nell'uso dell'acqua. Le risaie infatti incamerano grandi quantità di risorsa idrica a monte, lasciando meno risorse per i territori a valle che nelle zone litornaee devono vedersela anche con il cuneo salino.
Ma quali sono le alternative alle tecniche tradizionali di irrigazione come lo scorrimento, per il mais, e la sommersione, per il riso? Cerchiamo di fare il punto mettendo le varie tecnologie a confronto.
Il mais: non solo scorrimento
Le piante di mais entrano facilmente in stress idrico anche se alcuni ibridi sono più sensibili di altri. Le fasi più delicate sono quelle in pre fioritura e fino a 30 giorni dopo, nella fese di maturazione lattea, quando l'insorgere di un fattore di stress può ridurre del 50-60% la produttività del campo (fonte: Assomais). In generale tutta la fase di maturazione é estremamente delicata e la mancanza di acqua è fonte di problemi al riempimento della cariosside. Senza contare che una pianta debole é più facilmente attaccata da funghi tossigeni.Fornire il giusto apporto idrico alle piante é dunque essenziale e, in funzione delle proprie specifiche caratteristiche, ogni azienda dovrà orientarsi scegliendo la migliore tra le soluzioni disponibili: scorrimento, rotolone, pivot/ranger, microirrigazione superficiale e subirrigazione.
Scorrimento: È la pratica più comune, ma anche quella meno efficace in termini di rapporto acqua utilizzata/assorbita. Quando la disponibilità di acqua non è abbondante, tuttavia rappresenta la tecnica a costo minore, soprattutto per quanto riguarda la manodopera necessaria alla movimentazione di paratie e idrovore.
Rotolone: Con l'utilizzo di irrigatori autoavvolgenti, l'efficienza dell'irrigazione aumenta sensibilmente e, a differenza dello scorrimento, non comporta il dilavamento dei nutrienti dagli strati superficiali del terreno. Questo sistema richiede un elevato costo energetico per portare l'acqua ad una pressione di circa 11 bar ma può essere adatto alle aziende che non hanno a disposizione elevati volumi di acqua.
A pioggia: L'irrigazione a pioggia tramite pivot o ranger utilizza in modo efficiente la risorsa idrica, più del rotolone su cui ha il grande pregio di lavorare a pressioni minori, generando un risparmio in termini energetici.
Non immune da difetti, il sistema a pioggia richiede un investimento consistente in fase di realizzazione dell'opera. Va detto che l'ammortamento anche su lungo periodo (20 anni), risulta alla fine vantaggioso. Sistema particolarmente adatto a campi di conformazione regolare, non proprio frequenti nei nostri areali, è applicabile in aziende che non abbiano troppi vincoli per la frequenza dei prelievi della risorsa idrica.
Microirrigazione superficiale: Per molti affiancare il concetto di ala gocciolante al mais suona come una eresia. Tuttavia questa tecnologia, nata per l'orticoltura e molto diffusa in frutticoltura, ben si adatta anche alla maiscoltura avendo il vantaggio di apportare acqua vicino alle radici della pianta e aumentando al massimo l'efficienza di distribuzione. Le frequenti bagnature che questa pratica richiede, prevengono poi quelle fasi di stress non visibili che tuttavia provocano danni alle piante.
Anche in questo caso però ci sono degli aspetti negativi, primo fra tutti il costo. In aggiunta alla realizzazione dell'impianto di irrigazione (comprensivo di pompe e filtri), ad ogni stagione occorre posizionare le ali gocciolanti a terra. Di contro, non sono richiesti elevati costi energetici viste le basse pressioni di lavoro ed è possibile abbinare la fertilizzazione adottando un regime di fertirrigazione, indicato nel mais dal momento che l'irrigazione localizzata porta ad uno sviluppo superficiale della rizosfera non più in grado di penetrare in profondità nel terreno alla ricerca di nutrienti.
Subirrigazione: Per ovviare al problema del rinnovo annuale delle ali gocciolanti, è possibile interrare le manichette ad una profondità di 35-40 centimetri per portare acqua alle piante di mais 'dal basso'. “E' una tecnica innovativa che ha una efficienza enorme, oltre il 75% rispetto allo scorrimento, e offre il vantaggio di avere un impianto che richiede pochissima manodopera e dura 20 anni”, spiega a Macgest Andrea Guidetti, di Acquafert, azienda del Cremonese che ha portato avanti una sperimentazione insieme a Netafilm. “Inoltre viene eliminato il fastidio di avere l'ala gocciolante al suolo e si risparmia energia visto che bastano 2 atmosfere per funzionare”.
È una tipologia di impianto che tuttavia richiede maggiori attenzioni. Prima di tutto a livello di progettazione: occorre studiare attentamente il terreno e le portate per offrire una omogeneità di irrigazione. Sfruttando la risalita capillare questo metodo ben si sposa con terreni sciolti o a medio impasto, mentre risente di terreni con scheletro importante o argillosi.
“Le ali gocciolanti sono anti-radice, autocompensanti e anti-sifone e vengono inserite nel terreno con un ripuntatore a tre ancore”, spiega Guidetti. “Ad oggi abbiamo installato circa 150 ettari, spesso andando a operare sulle aree di campo non coperte da pivot, ad esempio negli angoli delle parcelle”.
La subirrigazione ben si sposa con la semina su sodo e la minima lavorazione. Per scongiurare lesioni alle manichette sono infatti sconsigliate le lavorazioni che superino i 20-25 centimetri di profondità. Il fatto che l'acqua arrivi 'da sotto' inoltre riduce la crescita delle malerbe, anche se può rivelarsi problematica in fase di germinazione dei semi che potrebbero richiedere un aiuto se non dalla pioggia, da una irrigazione tradizionale, specie se in secondo raccolto.
La disponibilità di acqua deve essere giornaliera, da pozzo o da fonte idrica sicura, in modo che l'impianto possa funzionare tutti i giorni, anche se per pochi minuti. Il costo? Da tre a cinquemila euro ad ettaro, con un ammortamento su venti anni.
Irrigare il riso senza sommergerlo
Riso e acqua fanno parte di un binomio apparentemente inscindibile che ha plasmato il territorio del nord-ovest della Pianura Padana, soprattutto tra le province di Novara e Vercelli. Qui le camere delle risaie si riempiono e si svuotano di acqua ogni anno, seguendo le necessità delle piantine di riso.Per decenni si é pensato che la sommersione fosse l'unico metodo per gestire la risaia, ma le costanti richieste di una maggiore sostenibilità nella gestione della risorsa idrica hanno spinto i ricercatori a battere nuove strade. Ecco quali sono:
Semina in asciutta: Nella zona del Pavese la semina a spaglio in acqua ha lasciato il posto alla semina interrata che prevede l'impiego di una classica seminatrice per cereali. Il campo viene sommerso dopo circa un mese per rimanere coperto fino a tre settimane prima della raccolta.
“Gli aspetti positivi riguardano principalmente la gestione del campo, visto che l'agricoltore può entrare con i mezzi che utilizza per altre lavorazioni”, spiega a Macgest Arianna Facchi, professore associato del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell'Università degli Studi di Milano, che nell'ambito del programma Prima sta studiando metodi alternativi di irrigazione del riso.
“Non c'é una sostanziale maggiore efficienza idrica con questa tecnica perché ci si limita a ritardare di un mese la sommersione, la conseguente percolazione e l'innalzamento della falda. Semmai si genera un problema aggiuntivo spostando il picco di richiesta idrica più avanti nella stagione, quando l'acqua viene intercettata anche per le esigenze di altre colture, mais in primis”.
Sommersione intermittente: Con questa tecnica “il campo viene sommerso ad inizio stagione, prima della semina in acqua o dopo trenta giorni da quella in asciutta. La sommersione completa non si mantiene però per tutta la stagione. Viene immessa nuova acqua solo quando il livello scende sotto una predefinita soglia, rilevabile ad esempio, da sensori in campo”, spiega Facchi.
Il principale vantaggio é il risparmio idrico vista l'aggiunta di acqua ogni sette-otto giorni. È la tecnica ideale per gestire al meglio la risorsa idrica che é abbondante in aprile e maggio e scarseggia nei mesi estivi, quando anche altre colture la richiedono.
Irrigazione a goccia: È un approccio sperimentale e per questo non ancora presente sul mercato. Diverse aziende stanno lavorando per mettere a punto le tecniche agronomiche e individuare le varietà di riso utili a non avere perdite produttive con l'apporto di quantità di acqua limitate ma costanti nel tempo a mezzo di ali gocciolanti. L'obiettivo principale é quello di evitare la sommersione e quindi di ridurre drasticamente l'utilizzo della risorsa idrica.
Irrigazione per aspersione: Sperimentata in Sardegna, l'irrigazione del riso per aspersione fornisce acqua quasi giornalmente sulla base dello stadio fenologico della pianta e dell'andamento meteo-climatico senza mai saturare il terreno. Ricerche condotte da Antonino Spanu e Gavino Sanna, professori dell'Università di Sassari, hanno dimostrato che il consumo idrico si può ridurre quasi del 60%, mentre a livello di produttività del campo non ci sono flessioni. Bisogna tuttavia prestare la massima attenzione affinché il delicato equilibrio tra acqua presente nel terreno e acqua apportata con l'irrigazione non si rompa.
L'aspersione modifica anche la chimica della risaia. Il metodo della sommersione produce infatti metano, gas climalterante, mentre l'aspersione al contrario promuove lo sviluppo di batteri aerobici.
Chi coltiva riso sa che una delle variabili da tenere sotto controllo é il bioaccumulo di arsenico e cadmio nella cariosside, che per questioni chimico-biologiche può essere elevato nel riso. Ebbene, secondo gli studi condotti a Sassari, nel caso dell'aspersione la pianta di riso accumula molto meno arsenico rispetto a quella cresciuta in sommersione. La risaia in sommersione tuttavia contrasta il bioaccumulo di cadmio, che invece può essere presente in percentuali elevate se i cicli di aspersione non vengono correttamente effettuati.