Grande progetto di cooperazione fra Italia e i Paesi africani nel settore della meccanizzazione agricola: l’iniziativa “Italia-Africa/Segmento agricoltura”, che promette di consolidare un sistema di accordi e partnership di grande valore strategico ed economico.

Il progetto ha preso il via lo scorso 20 febbraio presso il ministero degli Affari Esteri a Roma, con una grande convention a cui hanno preso parte i ministri dell'Agricoltura dei principali Paesi dell'Africa subsahariana, il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, i più autorevoli rappresentanti del ministero degli Affari Esteri, i vertici di organizzazioni internazionali come Fao e Ifad, nonché i rappresentanti di enti pubblici e organizzazioni non governative come Slow Food.

Al centro dell'incontro, un documento progettuale dal titolo “Supporting initiatives in the agro-food sector in Ssa (Sub Sahara Africa) countries”, promosso dai ministeri degli Affari esteri, delle Politiche agricole e della Salute, e da Ciheam di Bari e FederUnacoma, la Federazione dei costruttori italiani di macchine agricole. Nel documento viene articolato un ampio ventaglio di attività finanziabili con i fondi della cooperazione, centrate sulla formazione professionale, sulla sperimenta-zione e sul trasferimento delle innovazioni tecnologiche nei Paesi dell’Africa, un continente che presenta straordinarie potenzialità di sviluppo agricolo ma che necessita di modelli produttivi equilibrati, ecocompatibili, appropriati alle esigenze delle comunità rurali.

In questi anni è emerso in modo sempre più chiaro come l’agricoltura sia il vero driver dello sviluppo economico dell’Africa - ha ricordato nel suo intervento Massimo Goldoni, presidente di FederUnacoma - soprattutto per la fascia subsahariana che vede oltre il 60% della forza lavoro impegnata in agricoltura, settore che contribuisce per il 50% al totale del reddito prodotto”.
Se si considera che, secondo le stime dell’International Finance Corporation (Gruppo World Bank), l’agricoltura africana entro il 2030 sarà in grado di sviluppare un trilione di dollari di nuove attività - ha aggiunto Goldoni - si comprende quanto sia cruciale questa area del mondo dal punto di vista dell’economia, del business, e degli assetti geo-politici”.

In effetti, su circa 1,5 trilioni di dollari di investimenti diretti esteri, la quota indirizzata verso i Paesi a basso reddito è arrivata nel 2013 al livello record del 41%, corrispondente ad un valore in termini assoluti di ben 617 miliardi di dollari; e i mercati che nel 2013 hanno registrato i più elevati tassi di crescita degli investimenti diretti esteri, quindi i Paesi più appetibili come prospettive economiche, sono stati l’Asia del Sud e appunto l’Africa subsahariana, dove gli investimenti esteri sono aumentati rispettivamente del 21% e del 19%.

A fronte di un crescente volume di investimenti nel continente da parte di Paesi emergenti, come la Cina, l’India, il Brasile, la politica economica degli Stati africani deve conciliare la crescita quantitativa della produzione con le esigenze di salubrità delle produzioni, di eco-compatibilità delle lavorazioni, di rispetto della biodiversità e delle comunità rurali e di razionale impiego delle risorse naturali, e sotto questo profilo il modello “qualitativo” di tipo europeo, e in particolare il modello italiano di impresa agricola famigliare, può risultare particolarmente interessante.

Su questa prospettiva si registra la sintonia dei governi africani: nei loro interventi alla convention di Roma i ministri dell’Agricoltura dei Paesi africani coinvolti, dall'Angola alla Repubblica Democratica del Congo, dal Camerun all’Etiopia, dall’Uganda al Senegal (in tutto quasi 40 i Paesi partecipanti), hanno espresso l’interesse per la cooperazione con l’Italia, proprio per una filosofia d’intervento che guarda anche al valore della biodiversità e delle tradizioni locali.

La sfida per lo sviluppo dell’agricoltura africana è dunque lanciata, e l’impegno da affrontare è notevole: il “gap” in termini di meccanizzazione fra questo continente e le altre aree del mondo è ancora molto ampio, se è vero che - secondo i rilevamenti Fao - l’Africa possiede appena il 2% del parco macchine mondiale e che - secondo i dati Unido - ha un’intensità di meccanizzazione di appena 13 trattori ogni 100 kmq di aree coltivabili, rispetto ai 129 del Sud Est asiatico o ai 200 della media mondiale.