Anche al di fuori del comparto agricolo la crisi del 2009 ha lasciato una scia di macerie che adesso andranno rimosse. E il riferimento alle macerie non è casuale: la battuta d’arresto nel comparto edile e delle grandi opere ha dato una forte spallata anche al mercato delle macchine ad esso legate. Dopo un calo del 22,3% registrato nel 2008, il settore del movimento terra chiude il 2009 in forte flessione per tutte le tipologie di macchine. A fronte delle 23.393 macchine vendute nel 2008, il 2009 segna un totale di 14.732 unità. Un calo complessivo del 37% rispetto all’anno precedente. In altre parole, quasi un dimezzamento delle vendite nel giro di soli due anni. Un passivo particolarmente pesante per un settore che, oltre alla crisi sul mercato nazionale, sconta un crollo anche sul fronte delle esportazioni (-63,3% nei primi dieci mesi del 2009 secondo gli ultimi dati Istat sul commercio estero). La crisi economica, che investe anche i settori dell’edilizia e delle grandi opere, si riflette dunque sul comparto delle macchine movimento terra - impiegate nei cantieri, nelle manutenzioni stradali, negli interventi di sistemazione territoriale – facendo segnare un pesante passivo per tutte le tipologie di macchine. Le macchine cosiddette “tradizionali” (apripista, motolivellatrici, escavatori e pale) diminuiscono del 31,4%. Le “piccole” (miniescavatori, minipale compatte gommate e cingolate) registrano un calo del 37,8%. Le terne del 48,4%, i dumper del 54,6%, i sollevatori telescopici del 40,3%. Netta flessione anche per le macchine specifiche per i lavori stradali, con rulli compattatori e vibrofinitrici complessivamente in calo del 35,2%, mentre i martelli demolitori chiudono l’anno con una flessione del 31,4%.
“Mai come in questo momento è necessario che le imprese siano unite e sappiano rappresentare autorevolmente le istanze del settore – sostiene Massimo Goldoni, presidente di Unacoma a cui fa capo Comamoter– e spiace constatare come alcune imprese del settore abbiano deciso proprio in questo momento critico di dare vita ad una nuova sigla - l’Unacea – collocandosi fuori dall’organizzazione che storicamente, da oltre 30 anni, le rappresenta”. “La scissione è scorretta e inopportuna – aggiunge Goldoni – tanto più se si considera che Unacoma ha avviato, sotto l’egida della Confindustria, un importante processo di riorganizzazione proprio per supportare sempre meglio le specificità dei settori rappresentati, in primis quello del movimento terra”.
Un vizio tutto italiano quello di dividersi per gemmazione ogni qual volta l’ambiente circostante diventi ostile.