'Accogliamo con favore gli interventi annunciati dal governo per contenere i costi del carburante agricolo, ma auspichiamo che i provvedimenti siano effettivamente anche efficaci e soprattutto tempestivi. Sono mesi che periodicamente lanciamo l'allarme, evidenziando la crescita abnorme del gasolio ma, al momento, non si è visto alcun risultato concreto'. Così Leonardo Bolis, presidente di Confai, interviene su una questione che – al di là delle note di cronaca – sta mettendo alle corde le aziende agromeccaniche.

Il problema, che è stato ribattezzato come 'nuovo choc petrolifero', si sta facendo sentire in tutta la sua gravità in questi giorni. 'Le mietitrebbie e le grandi macchine da raccolta sono scese in campo – ricorda Bolis – e segneranno i tempi dell'attività agromeccanica fino alla fine di ottobre. Poi sarà la volta dell'essiccazione e dell'aratura, operazioni di ordinaria amministrazione sotto il profilo dell'attività lavorativa ma di forte impatto per quanto concerne i consumi di carburante'.

Una mietitrebbia, infatti, consuma circa 1.500 litri di gasolio in otto ore circa di lavoro e durante la fase di raccolta queste macchine funzionano anche 15-18 ore nell'arco di un giorno. 'E' evidente che rispetto ad un anno fa il costo del solo carburante è raddoppiato per le aziende agromeccaniche, che peraltro anticipano tutte le spese', osserva Bolis, che non esclude un adeguato aumento delle tariffe applicate dai contoterzisti.

'Un primo aumento nella misura del 2-3 per cento si è già avuto, rispetto allo scorso anno, a seconda delle province – dichiara Sandro Cappellini, coordinatore nazionale della Confederazione Agromeccanici – che è una cifra irrisoria rispetto all'impennata subita dai costi d'esercizio per effetto del caro-gasolio. Se il provvedimento governativo annunciato dovesse tardare a venire, saremmo costretti a ritoccare nuovamente le tariffe almeno di un altro 2-3 per cento'.

Confai resta lontana dall'idea di incrociare le braccia. Almeno per il momento. 'Certamente sarebbe un gesto di grande impatto, soprattutto in Piemonte e Lombardia, dove in molte province le colture cerealicole sono predominanti – dice Bolis – ma il nostro senso di responsabilità ci impone di non abbandonare gli agricoltori proprio nel momento dedicato all'attività di raccolta. Ma questa nostra decisione di evitare lo 'sciopero' non significa che non vi sia l'urgenza assoluta di provvedere al sostegno delle aziende che operano nel comparto primario, ivi comprese quelle agromeccaniche'.