I mercati si muovono: principalmente per effetto delle tensioni geopolitiche, le quotazioni di molte materie prime agricole sembrano avere nuovamente una tendenza rialzista.

 

Per grano, orzo, mais e colza, negli ultimi giorni si è assistito a una fiammata che fa prevedere ulteriori rialzi anche per il futuro. Intanto, in Europa, il prezzo del grano è tornato a livelli che erano sconosciuti da mesi.

 

In Russia, i prezzi Fob (Free on Board) a Novorossijsk hanno nuovamente superato la soglia dei 220 euro/tonnellata: una tendenza interessante, dato che la Russia rimane il maggiore esportatore del mondo. L'Egitto ha finalizzato in questi giorni un acquisto di 3 milioni di tonnellate, l'Arabia Saudita verrà molto probabilmente soddisfatta da grano russo con un recente bando da 300mila tonnellate. Mentre i commercianti turchi inizieranno, proprio in queste settimane, ad approvvigionarsi nell'area del Mar Nero.

 

La tendenza all'aumento riguarda anche il mais.
In Ucraina, le rese sono di 5,1 tonnellate/ettaro, al di sotto delle medie degli anni precedenti, per effetto delle forti ondate di caldo estive. Negli Stati Uniti, nonostante si prevedano ottimi raccolti, l'Usda (United States Department of Agriculture) ha abbassato la previsione degli stock disponibili per effetto delle buone esportazioni e della forte domanda da parte dell'industria dell'etanolo.

 

Il mercato della colza e delle oleaginose, in generale, dovrebbe essere trainato dagli aumenti attesi nel mercato petrolifero, per effetto dei conflitti armati, oltre che dagli incrementi rilevati nei mercati asiatici per l'olio di palma: intanto ci si sta avvicinando alla soglia psicologica dei 480 euro/tonnellata.

 

In rialzo anche la soia brasiliana. Negli Usa, però, si prevede un ottimo raccolto (9,3 milioni di tonnellate rispetto ai 7,2 del 2023), con esportazioni elevate verso la Cina.

 

Fuori dalla finanza e tornando all'attualità agricola: tutte le semine sono rese difficoltose sia nell'Europa dell'Ovest sia in Russia e, per mais e soia, anche in Argentina e Brasile.

È colpa del cambiamento climatico, che provoca forti piogge come devastanti siccità: un fattore in più a influenzare la volatilità dei mercati.