Per l'85% del campione intervistato non ci sarà alcun cambiamento delle abitudini, compatibilmente con la disponibilità finanziaria. Il 30% ha invece dichiarato di aver bevuto meno vino in quarantena, a fronte di un 14% che ha indicato invece un consumo superiore. Sul fronte degli acquisti, la crescita degli acquisti di vino in Gdo non compensa l'azzeramento del canale Horeca e il bicchiere è ancora mezzo vuoto. Ma c'è speranza, e voglia di tornare alla normalità, con i consueti elementi aggreganti, a partire dal prodotto e dai luoghi di consumo.
"Se poco sembra modificarsi nelle abitudini di consumo e questa è una buona notizia – sottolinea il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani – le imprese del settore vitivinicolo sono invece chiamate a profondi cambiamenti, alle prese con la necessità di reagire alle tensioni finanziarie e allo stesso tempo di difendersi dalle speculazioni. Il mercato e i suoi nuovi canali di riferimento saranno le principali cure per un settore che oggi necessita di un outlook straordinario sulla congiuntura e di un partner in grado di fornire nuovi orizzonti e soluzioni. Come Veronafiere da qui ai prossimi mesi vogliamo prenderci ancora di più questa responsabilità a supporto del settore".
Il vino comunque non può prescindere dal suo aspetto socializzante. La diminuzione dei consumi è in particolare da riscontrare in larga parte dall'emergenza Covid-19 (58%), che ha cancellato le uscite nei ristoranti, bar e pub. La quarantena sembra invece ridotto gli stimoli sulla conoscenza e cultura enologica. Rispetto al pre-lockdown, c'è meno necessità di novità di prodotto (dal 73% al 59%), preferenze sui piccoli produttori (dal 65% al 58%) e vini sostenibili (dal 65% al 61%). Cresce l'interesse per il canale e-commerce, balzato al 25% nell'interesse secondo sempre il dato del campione intervistato.
"Il desiderio di ritornare 'ai bei tempi che furono' sembra prevalere sull'attuale momento di crisi e sui comportamenti futuri – spiega Denis Pantini, responsabile di Nomisma wine monitor – si tratta di un asset molto importante in termini di fiducia sulla ripresa e che va preservato soprattutto alla luce dell'imminente fase 2, anche perchè il crollo stimato sul Pil italiano per i mesi a venire rischia di avere impatti sui consumi in considerazione di una domanda rispetto al reddito che nel caso del vino risulta elastica".