"La situazione in atto sollecita due considerazioni: la necessità di attivare tavoli di concertazione nelle regioni del Nord per contemperare preventivamente i diversi interessi gravanti sull'utilizzo della risorsa idrica, rispettando le priorità previste dalla normativa che indica l'uso agricolo dopo quello umano. Il Piano invasi straordinario e gli ulteriori investimenti che è necessario attuare sono la risposta che serve al paese, alla sua economia, all'occupazione".

Con queste parole Francesco Vincenzi, presidente dell'Associazione nazionale consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue, ha individuato la strada che si dovrebbe percorrere per far fronte alla situazione attuale. Una situazione che preoccupa ma, secondo l'Anbi, esistono ancora margini temporali, utili per nuove precipitazioni, anche se le previsioni a breve indicano eventi temporaleschi ma non risolutivi, seppur con temperature in calo verso le medie del periodo.

Entrando più nel dettaglio, sul Po sembra piena estate: la situazione è in linea con le condizioni della siccità del 2007, più grave di quella del 2017 costata 2 miliardi in danni all'agricoltura.

Le osservazioni degli organi competenti sul più grande fiume d'Italia sono omogenee in tutti i punti di rilevazione (Piacenza, Cremona, Boretto, Borgoforte, Pontelagoscuro), indicando afflussi inferiori del 70% a gennaio e del 40% a febbraio. Nel piacentino la portata si avvicina progressivamente a quella minima indicata in 400 metri cubi al secondo: attualmente è pari a 482 ma, perdurando le attuali condizioni, si prevede scenda 432 metri cubi al secondo entro il prossimo 19 marzo.
Inoltre l'evoluzione prevista ripropone, già nell'immediato, il problema della risalita del cuneo salino lungo il delta del Po, quantificata in oltre  9 chilometri nel ramo di Pila.

Ma l'attuale fase di criticità idrica non interessa solo questo fiume, è generalizzata in tutta l'area della Pianura padana: l'Adige è addirittura sotto il livello minimo e non va meglio ai fiumi Enza (portata marzo 2018: mc/sec  5,85 - marzo 2019: mc/sec 0,01), Secchia (portata marzo 2018: mc/sec 20,25 - marzo 2019: 2,17 mc/sec) e Reno (portata marzo 2018: mc/sec  34,9 - marzo 2019: mc/sec 6,79).


Non solo fiumi

Come rileva la Coldiretti, anomalie si vedono anche nei grandi laghi che hanno percentuali di riempimento che vanno dal 33% del Maggiore al 15% dell'Iseo, fino al 9% del lago di Como. In loro soccorso dovrebbe arrivare lo scioglimento del manto nevoso, registrato però scarso a tutte le quote, complici le elevate temperature che, a febbraio, hanno fatto registrare lo zero termico anche a quote superiori ai 3mila metri.
Attualmente il potenziale idrico del manto nevoso è quantificato in 2 miliardi e 200 milioni di metri cubi che andranno ad aggiungersi a 900 milioni di metri cubi d'acqua trattenuti nei grandi laghi e nei bacini montani.

Diversa è invece la situazione nelle regioni meridionali ed insulari. Qui la presenza di numerosi invasi permette oggi di avere scorte idriche mediamente doppie rispetto allo scorso anno.


E le colture?

La mancanza di acqua in fiumi, laghi, invasi e nei terreni preoccupa l'agricoltura poiché le riserve idriche - afferma la Coldiretti - sono necessarie per i prossimi mesi quando le colture ne avranno bisogno per crescere.

La "finta primavera" ha infatti ingannato le coltivazioni favorendo un "risveglio" che le rende particolarmente vulnerabili all'annunciato ritorno del freddo con danni incalcolabili per la produzione. Gli effetti peraltro - conclude la Coldiretti - si fanno già sentire sui ortaggi dove è saltata ogni programmazione dei raccolti con broccoli, cavoli, sedano, prezzemolo, finocchi, cicorie, bietole che maturano contemporaneamente per le temperature primaverili.