E la questione non è di poco conto, visto che il tema della sicurezza alimentare è in cima alla lista delle preoccupazioni dei consumatori. Scandali come quello delle 'uova al fipronil' hanno messo in allarme milioni di famiglie in tutta Europa e prima che si potesse risalire allo stabilimento di produzione e poi rintracciare le uova lungo la catena di distribuzione per ritirarle ci sono volute settimane. E che dire della carne di cavallo inserita illecitamente in alcuni piatti pronti? O delle mozzarelle blu provenienti dalla Germania?
Questi scandali causano malesseri e morti. L'Organizzazione mondiale della sanità (Who) ha stimato che il 10% della popolazione mondiale si ammala ogni anno perché ingerisce cibi contaminati. Ben 420mila persone muoiono a causa delle complicazioni. E sono i bambini sotto i cinque anni la fascia della popolazione più colpita. Anche se nei paesi industrializzati le morti sono estremamente rare, gli scandali creano danni enormi alle aziende e ai comparti ad esse collegati. Trovare una soluzione efficiente, affidabile e non eludibile è dunque una priorità.
Ecco che entra in scena blockchain. Come tecnologia è stata sviluppata nel 2008 e il suo utilizzo più noto, per ora, è quello dei bitcoin. Una moneta virtuale, non agganciata a nessun 'fondamentale' (come oro, aziende, Stati, brevetti, etc.), che viene scambiata tra persone che aderiscono ad un network. Ognuno può essere uno snodo di questa community, basta avere una copia del registro delle transazioni che è pubblico e non modificabile dal singolo, né correggibile retroattivamente.
Uno degli elementi fondamentali di blockchain è che nessuno ha il registro delle transazioni (che possono essere monetarie, come nel caso dei bitcoin, ma anche cessioni di terreni, di beni e così via). Ma ogni partecipante alla rete ha una copia del registro, che viene aggiornato ogni volta che qualcuno compie una transazione. Transazione che viene autenticata grazie ad un complesso sistema di crittografia.
Per riassumere, blockchain è un sistema di registri diffuso, in cui non c'è un'autorità che controlla. I controllori sono tutti i nodi della rete. Le informazioni contenute nel registro sono pubbliche, ma si ricorre alla crittografia per assicurare l'inviolabilità del sistema. Ogni transazione (blocco) va ad accodarsi a quelli precedenti formando una catena (chain) che non può essere modificata retroattivamente da nessuno dei nodi, da qui la certezza di una tracciabilità assoluta.
Mal di testa? E' normale visto che si tratta della tecnologia più all'avanguardia nei confronti della quale anche i governi si stanno arrovellando. Ma qual è la sua applicazione nel settore agroalimentare? Nel caso del bitcoin ad essere scambiate sono informazioni sul possesso della moneta virtuale. Nel caso del settore agroalimentare sono invece informazioni relative alla produzione di un prodotto agricolo, al suo trasporto, lavorazione, impacchettamento, distribuzione e così via. Ogni attore della filiera agroalimentare diventa così un nodo della blockchain che inserisce e certifica le informazioni.
"Recentemente Walmart (la più grande catena di distribuzione degli Usa, ndr) ha eseguito un test provando a risalire all'origine di una confezione di mango a fette. Grazie alla tecnologia blockchain ci sono riusciti in pochi secondi, mentre con i sistemi tradizionali ci sarebbero voluti giorni se non settimane", spiega ad AgroNotizie un portavoce dell'unità di Ibm che si occupa di blockchain.
"Blockchain può essere usato per ritirare prodotti dal mercato in maniera molto efficiente, avendo sotto controllo ogni aspetto dell'operazione. In precedenza i prodotti impiegavano settimane per essere ritirati creando danni alle aziende".
Ibm si è messo alla testa dell'utilizzo della tecnologia blockchain per rendere più sicuri e tracciati diversi comparti, come quello agroalimentare. Questa estate il gruppo statunitense ha firmato un accordo con un consorzio che comprende Dole, Golden State Foods, Kroger, McCormick and Company, Nestlé, Tyson Foods e Walmart.
Quali le conseguenze per gli agricoltori? Chi ha una azienda agricola sa che esiste la legislazione, italiana ed europea, e poi gli standard della grande distribuzione. Nel momento in cui anche la Gdo italiana abbraccerà blockchain (è solo una questione di tempo) agli agricoltori sarà richiesto di essere nodi di database diffusi costruiti da società come Ibm, che assicurano l'infrastruttura e la sua inviolabilità, ma in cui non ci sarà un controllore e un controllato, ma in cui tutti collaboreranno per assicurare la tracciabilità e la sicurezza degli alimenti.
Facciamo un esempio. Quando un fragolicoltore prepara una cassetta di fragole e la consegna al grossista locale questi due soggetti dovranno registrare la transazione nella blockchain. A quelle fragole verranno poi collegate informazioni sulla serra di provenienza, i trattamenti effettuati, il giorno di raccolta, eccetera. Quando il grossista consegna il bancale all'interno del quale si trova la nostra cassetta allo spedizioniere un nuovo blocco viene aggiunto alla catena. Lo spedizioniere fa partire il camion verso la Germania e un altro blocco viene aggiunto. E così via fino al consumatore finale. Se questo addentando una fragola si sentirà male le autorità e il supermercato potranno rintracciare in pochi secondi la fonte del problema.
"Grazie a blockchain i prodotti alimentari possono essere digitalmente tracciati da un ecosistema di fornitori fino ad arrivare al consumatore", continua il portavoce di Ibm. "Dati come l'azienda agricola d'origine, il numero di lotto, i processi di trasformazione, la data di scadenza, la temperatura di conservazione, la bolla di spedizione e tanto altro ancora sono collegati al prodotto e inseriti dai vari attori della filiera ad ogni step del processo produttivo. From farm to fork. Ogni blocco racchiude in sé informazioni fondamentali per la sicurezza alimentare".
E il consumatore potrà avere accesso a queste informazioni? "Blockchain consente la tracciabilità delle merci attraverso ogni fase della catena di approvvigionamento. In futuro, ci aspettiamo che le aziende sviluppino funzionalità che consentano ai consumatori di verificare l'origine di un articolo dallo smartphone".