“Il Free Trade tra Unione europea e Giappone sarà un passaggio positivo, perché così ci si potrà confrontare in uno scenario di reale competizione con Paesi come il Cile e, presto, anche con gli Stati Uniti e l’Australia”.
Ne è convinto Maurizio Bertacchini, export manager per il Gruppo italiano vini (Giv), una realtà che aggrega 15 cantine in tutta Italia (dalla Valtellina di Nino Negri a Rapitalà in Sicilia), per una superficie pari a 1.340 ettari di vigneti specializzati, con un fatturato complessivo di 348,5 milioni di euro, un mol di 21,9 milioni ed un utile netto di 3,3 milioni (dati 2014).

Bertacchini, modenese, è da nove anni in Giappone, un mercato nel quale Giv è presente da più di 25 anni e, grazie a una rete di importatori, “oggi vendiamo 2,5-3 milioni di bottiglie all’anno, con volumi costanti”.

La missione ora è non perdere terreno, visto che l’ingresso del vino cileno a dazio zero ha scalzato il primato del vino francese sulla piazza nipponica, per evidenti vantaggi di natura fiscale. In termini quantitativi, poi, l’Italia è ancora più indietro.
“Ci sono differenze di costi di produzione, ma con la stessa tassazione e la medesima politica sui dazi doganali si può riequilibrare un po’ di più lo scenario e fare in modo che il mercato del Sol Levante diventi competitivo anche per noi. Evitando - aggiunge Bertacchini - di dover fare i conti con un gap negativo che varia tra il 15 e il 20% e che, inevitabilmente, ci fa partire penalizzati, andando a colpire di più un prodotto cheap rispetto ai grandi vini”.

Il raggiungimento di accordi negoziali spetta alla diplomazia. “Reputo positivo - afferma - l’impegno del commissario europeo all’Agricoltura, Hogan, e credo che le prospettive siano positive. Come azienda abbiamo fiducia e, inoltre, credo che la missione abbia dimostrato che l’Europa c’è e sta cercando un accordo operativo. E' con questo spirito, in effetti, che abbiamo voluto prendere parte all’iniziativa”.

Come è visto in Giappone il made in Italy nell’area food & wine?
“E' molto ben visto. I giapponesi sono molto appassionati delle chicche, dei settori di nicchia. E in Giappone si può trovare di tutto, dal prodotto di massa alla particolarità. Qui il made in Italy è ben rappresentato e credo che ci siano margini per crescere ulteriormente”.

Nel settore vino, invece, qual è la situazione?
“I consumi di vino sono stabili. Ci sono più importatori, più operatori, più fornitori sulla piazza. Il nostro obiettivo è quello di mantenere la posizione sul mercato e cercare di ampliare la fetta, ma la torta è sempre quella. Il mercato, come dicevo prima, è saturo. L’importante è dare qualità e fare formazione sui vari prodotti regionali e locali, che qui vanno molto di moda”.