Il riso da coltivazione biologica fa bene all’ambiente ed è più sano e nutriente di quello tradizionale. Sono queste le conclusioni della ‘Seconda conferenza internazionale dei sistemi di produzione di riso biologico’ che si è tenuta al Teatro della Terra ad Expo 2015.

L'agricoltura biologica, si sa, non ha come obiettivo primario quello di massimizzare le rese, piuttosto quello di preservare la biodiversità e la salute del terreno e del territorio, rinunciando all'utilizzo di fertilizzanti di sintesi e di agrofarmaci. Anche nella coltivazione del riso si rispettano questi principi e il prezzo di mercato ripaga gli agricoltori dello sforzo.

"Le coltivazioni biologiche sono meno produttive di quelle tradizionali", spiega Stefano Bocchi, professore del Dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell’Università Statale di Milano. "Si stima una riduzione della resa intorno al 20%, ma le nuove tecniche di coltivazione mirano ad assottigliare queste differenze".

Intanto i proventi delle aziende agricole biologiche vengono salvaguardati in due modi. Primo, aumentando il prezzo di vendita. I dati dimostrano infatti che il consumatore apprezza i prodotti biologici (tre miliardi di euro il fatturato del comparto ) ed è disposto a pagare un prezzo maggiore. In secondo luogo limitando al minimo l'intermediazione: il prezzo non cambia ma a perderci sono i soggetti che portano il riso sulla tavola degli italiani.


D'altronde il valore aggiunto del biologico non è da sottovalutare, né per la salute umana né per quella ambientale. Secondo il professor Denis Lairon, dell’Inserm (Institut national de la santé et de la recherche médicale), il riso biologico ha parametri nutritivi migliori rispetto a quello tradizionale e naturalmente non contiene traccia di agrofarmaci.

E anche l'ambiente ringrazia visto che per coltivare un ettaro a biologico serve meno gasolio per le lavorazioni e viene ridotto l'uso di prodotti chimici. Nella città di Monaco, rivela Bocchi, c'era un'alta concentrazione di fosforo nell'acqua cittadina, così l'amministrazione comunale ha incentivato le coltivazioni biologiche e nel giro di pochi anni la qualità dell'acqua è nettamente migliorata.

La rivoluzione verde ha permesso di triplicare la produttività dei campi nel giro di una generazione. Ma questo tipo di agricoltura non è lungimirante visto che impoverisce costantemente il suolo. "L'84% del territorio europeo ha un contenuto di sostanza organica inferiore o uguale al 3,5%", lancia l'allarme Claudia Sorlini, presidente del Comitato scientifico per Expo 2015. "Questa è forse la minaccia più grande all'agricoltura europea ed è per questo che i ricercatori si devono impegnare a selezionare varietà di piante che siano resistenti agli stress biologici, al cambiamento climatico e alla carenza d'acqua".

Migliori proprietà nutritive, assenza di sostanze nocive e rispetto per l'ambiente hanno fatto la fortuna del riso biologico che oggi ha una domanda di mercato superiore alla produzione. Un paradosso per chi mira solo a produrre di più, senza badare alla qualità.

Un’ombra si allunga però sul bio, quella delle frodi. È infatti difficile, una volta separata la lolla, distinguere un chicco biologico da uno ‘tradizionale’, che sul mercato ha un prezzo nettamente inferiore. Così c’è chi se ne approfitta. “Ci sono state delle segnalazioni e le autorità competenti stanno indagando”, rassicura Bocchi. “Le frodi nel biologico ci sono, come nel resto del settore agroalimentare. Ma dobbiamo combatterle con forza per tutelare il lavoro di migliaia di coltivatori. Le società di certificazione servono anche a questo”.

I numeri diffusi dal Sinab, il Sistema nazionale d’informazione sull’agricoltura biologica, raccontano una realtà in crescita. In Italia ci sono più di 55mila produttori biologici (dati riferiti al 2014) che coltivano un milione e quattrocentomila ettari (centomila in più in un anno). Nel 2013 le coltivazioni risicole sono aumentate del 5,3% per un totale di 9.528 ettari, di cui 1.123 in conversione. Come volumi spicca la Lombardia, al primo posto con 306 mila quintali, seguita dal Piemonte, con 225 mila quintali.

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