Così ha detto Diego Canga Fano, direttore delle Relazioni multilaterali e Politiche per la qualità nella DG Agricoltura della Commissione europea.
“Le indicazioni geografiche sono un valore per il produttore e anche per il consumatore”, ha detto Canga Fano, intervenendo nei giorni scorsi al seminario dedicato alle “Indicazioni geografiche in un mondo globalizzato”, organizzato dalla Direzione generale Agricoltura della Commissione europea nel Padiglione della Ue a Expo.
L’incontro ha visto la presenza di numerosi consorzi e associazioni di produttori provenienti da tutto il mondo (dal Prosciutto delle Ardenne del Belgio al Piment d’Espelette della Francia, passando per il formaggio Liliputas della Lituania al Melton Mowbray Pork Pie del Regno Unito) accomunati da una visione comune: dare maggiore valore a prodotti che hanno caratteristiche specifiche, qualità riconosciuta e che pertanto necessitano di una idonea “carta d’identità” e di una altrettanto efficace tutela dal fenomeno della contraffazione alimentare.
Chi pensava che ad essere imitati fossero solo le grandi Dop italiane o europee, infatti, ha scoperto che non è affatto così. A portare una testimonianza del “sounding” declinato Oltreoceano è stato Patrick Kole, vicepresidente della Commissione della Patata dell’Idaho. “La produzione della Patata dell’Idaho – ha specificato Kole – si aggira intorno a 5,9 milioni di tonnellate, coltivate su una superficie di oltre 121mila ettari. Il clima dell’Idaho è ideale per la produzione di patate, è caldo di giorno e di notte c’è una forte escursione termica”.
La qualità della varietà 100% Idaho Potatoes consente, ha assicurato Kole, “di guadagnare circa 30-35 centesimi in più rispetto alle altre varietà di patate”. E questa maggiore remunerazione nei confronti dei produttori è forse l’origine di un fenomeno di contraffazione contro la quale Kole si batte. “Se ottenessimo una protezione a livello mondiale – ha auspicato - avremmo benefici maggiori”.
Dagli Stati Uniti all’Italia, sotto la lente è finito il Fagiolo di Sorana Igp, coltivato nella valle del torrente Pescia, apprezzato già da Leonardo da Vinci e difeso con un servizio memorabile dal grande Indro Montanelli, che nel 1994 condusse una battaglia sulle colonne de Il Giornale per salvare l’acqua dalla volontà di intubarla e deviare il corso del fiume. E il prossimo 26 settembre la Fondazione Indro Montanelli riceverà in premio il “Fagiolo d’oro”, alla memoria.
Volano i prezzi di mercato. “Rispetto a un normale fagiolo – ha dichiarato Mauro Carreri, vicepresidente dell’associazione Il Ghiareto - il Fagiolo di Sorana Igp si vende a un prezzo superiore anche di 10 volte: 20-22 euro al chilogrammo nelle tasche dei produttori, che sono circa 25, con appena 7-8 aziende leader, per arrivare a 40-50 euro al chilogrammo sulla piazza di Milano”. il consumo è esclusivamente in Italia, “perché non ci sono i numeri per esportare”.
Dall’Europa all’Africa. Con il caso dell’olio di Argane Igp, descritto da Fatima Amheri di Agadir, città del Marocco meridionale. Amheri è presidente dell’Associazione marocchina per la valorizzazione di olio di Argane (Amigha) e, nella sua relazione, ha messo in luce il ruolo economico e sociale di un prodotto ottenuto da un albero e che è una risorsa essenziale per le famiglie rurali.
“La produzione annua – ha reso noto – si aggira sulle 30mila tonnellate e la lavorazione in filiera, in gran parte attraverso strutture cooperative, favorisce lo sviluppo delle aree rurali, valorizza il patrimonio culturale e la tradizione”.
Per non parlare dei benefici ambientali, perché “i produttori rispettano il ciclo biologico dell’albero Argania Spinoza, assicurano la conservazione e la rigenerazione della pianta contro la desertificazione, traendone benefici di natura economica, che sono il motore della coltura”.
Fra gli obiettivi futuri, “migliorare l’organizzazione della filiera, difendere gli interessi artigianali ed elaborare strategie commerciali che siano di esempio per altre indicazioni geografiche del Paese”.
Le indicazioni geografiche, secondo Ed Swift, produttore di vino dell’Orange, regione dell’Australia a circa 270 chilometri di distanza da Sidney, “sono anche un traino per il turismo, creano lavoro e benessere per la società”.
L’importante è che la chiave di volta del processo produttivo e soprattutto del prodotto finale sia la qualità. Ne è assolutamente convinto Dermot Walsh, presidente dell’associazione dei fornai produttori di Waterfrod Blaa, una pagnotta rotonda ottenuta con una particolare farina. Il prodotto è caratteristico dell’area irlandese compresa tra Waterford e South Kilkenny.
"Ogni giorno nella città di Waterford – ha annunciato Walsh – vengono prodotti circa 12.000 panini, con un’attenzione maniacale verso la qualità. D’altronde, il ruolo dell’Igp è anche quello di divulgare il prodotto e garantirlo sul profilo dell’eccellenza; è un dovere garantire il consumatore attraverso una adeguata tracciabilità e campagne di promozione che oggi comprendono anche i social media”.
Un tam-tam che hanno portato i Blaas, come vengono chiamati confidenzialmente in Irlanda, sugli aerei di Aer Lingus, nella catena Soho Coffe e al famosissimo The Bonnington Jumeirah Lakes Tower di Dubai.
È addirittura patrimonio dell’Unesco il Café de Colombia, promosso, tutelato e commercializzato dalla Colombian coffee growers federation. “Siamo nati nel 1927 – ha esordito Marcela Jaramillo, che dell’organizzazione è il direttore marketing – e dagli anni Sessanta ci siamo dati un disciplinare organico, in mood da assicurare omogeneità di produzione, qualità e una distintività riconoscibile a livello mondiale del Café de Colombia”.
Il programma di valorizzazione del prodotto, ha riferito Jaramillo, “si ispira alle Igp: dall’assistenza tecnica al controllo della qualità, fino alle pubbliche relazioni. E nel 2007 l’Ue ha riconosciuto al Café de Colombia lo status di protezione riconosciuto all’Igp e dal 2013 siamo tutelati anche in Svizzera”.
E anche in questo caso, il battage per arrivare ai millenials, che sono i nuovi consumatori, si fa attraverso i social.
“Le indicazioni geografiche – ha concluso Laurent Gomez, segretario generale di Arepo, l’Associazione europea delle Regioni per i prodotti d’origine – mettono in luce il valore aggiunto che hanno verso i produttori, i consumatori, verso il proprio territorio. Potremmo schematizzare le indicazioni geografiche come un albero, che affonda le proprie radici nell’origine, che comprende sia la terra che le persone. Il tronco è rappresentato dalla qualità, che è imprescindibile e che deve costituire la forza per la crescita. Riconoscibilità, valorizzazione del prodotto e del territorio, rassicurazione verso i consumatori, rafforzamento delle aree rurali sono i frutti che questo albero potrà portare”.