Chi invece è schierato contro l'agrochimica, nella fattispecie contro i neonicotinoidi, ora potrà tenere sul comodino il cosiddetto "Harvard Study", prodotto da Chensheng Lu, professore associato presso l'Environmental Exposure Biology, Harvard School of Public Health. Un duro attacco, il suo, ai neonicotinoidi, indicati da Lu come la vera causa delle morie di api registrate negli ultimi anni.
Dell'"Harvard Study" ne ha parlato in toni scherzosamente critici Jon Entine su Science 2.0. Pure non sono mancati commenti abbastanza caustici ai piedi dell'articolo stesso circa "oscure riviste in Italia" che lo avrebbero ripreso e rilanciato, mentre in America il lavoro di Lu non pare aver affatto incontrato i favori delle riviste più blasonate. In effetti, come sottolinea proprio Entine nel suo articolo, lo studio sarebbe stato respinto in prima battuta da Nature, salvo poi essere pubblicato dal "Bullettin of Insectology", definito da Entine come un giornale "pay for play", ovvero paga che ti pubblico.
Sia come sia (solo Entine pare avere idee precise su questa rivista), resta il fatto che il "Bullettin of Insectology" godrebbe di un "impact factor" (IF) pari a 0,375 contro il sonoro 51 di Nature. Significa che, calcolo fatto da Entine, la media delle citazioni dei lavori pubblicati su tale rivista cade circa una volta ogni tre anni. In pratica, dal punto di vista scientifico non pare essere un giornale su cui ambiscano pubblicare lavori dei Premi Nobel per l'Entomologia, se mai ne fossero nominati.
Ma mentre Entine tira le orecchie a Lu, vediamo cosa dice il resto del mondo sulle api.
Estinzione? Ma non scherziamo...
A dispetto dei propugnatori dell'Armageddon apistico globale, Le Nazioni Unite registrano un numero di alveari in aumento negli ultimi 15 anni, fino a contare oggi più di 80 milioni di colonie. Il tutto a fronte dell'immissione in commercio prima e della crescita negli usi poi dei neonicotinoidi.
In Europa le colonie sarebbero oscillate per numero fra un minimo di 10 milioni e 954 mila registrato nel 1997 a un massimo di 12 milioni e 114 mila nel 2007, anno delle grandi morie qui in Italia. Infatti, negli anni successivi la popolazione scese fino a 11 milioni e 331 mila unità, con una perdita del 6,5%. Poi la risalita a sfiorare i 12 milioni nel 2012. (Fonte: FaoStat)
Nello stesso lasso temporale, le colonie negli Usa hanno continuato a oscillare intorno ai due milioni e mezzo. Un valore sotto al quale sono scesi però solo fra il 2005 e il 2009. (Fonte: Usda)
In Canada, invece, le colonie sono molte meno, ma si sono mostrate sempre in leggera crescita dal 1995 al 2013 e ora si attestano poco sotto le 700 mila unità. (Fonte Statistics Canada).
E finiamo la disamina guardando anche all'Emisfero Boreale: in Australia, lo scorso febbraio, il Governo ha confermato come "[...] le popolazioni di api non siano in declino, nonostante l'aumento dell'uso di neonicotinoidi in agricoltura e in orticoltura fatto registrare dalla metà degli anni 1990".
Ovvero, viene detto esattamente il contrario di quanto hanno riportato molti media locali. La Apvma, inoltre, è l'equivalente australiana dell'Epa statunitense e nel suo report "Overview of the NSW Honey Bee Industry", al momento non disponibile perché in revisione, ha concluso che "[...] l'introduzione dei neonicotinoidi ha portato a una riduzione complessiva dei rischi per l'ambiente agricolo derivante dall'applicazione di insetticidi". In altre parole, avrebbero ridotto gli usi di altri insetticidi più nocivi di loro.
Continua quindi la querelle sulle api, fra pittori di scenari apocalittici e numeri ufficiali che dicono tutt'altro. Come pure continuano le richieste di donazioni da parte di associazioni multinazionali ecologiste, le quali con la bella scusa di salvare le api chiedono finanziamenti a spron battuto.
Sarà quindi sempre tardi quando si potrà parlare di api senza dover inciampare in personaggi in cerca di fama e in associazioni in cerca di fondi...
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Autore: Donatello Sandroni