Ripercorrendo le fasi principali della storia normativa del contrasto al rischio alimentare, in un capitolo dedicato all’interno del dossier, si parte dai provvedimenti presi in seguito all’insorgenza di un morbo, come quello della mucca pazza, provocato dalla mutazione di una proteina che porta ad una malattia neurovegetativa dei bovini ma presenta una variante umana, per continuare con gli interventi atti a limitare la propagazione di un virus, come quello dell’aviaria, che colpisce principalmente i volatili ma è potenzialmente in grado di diffondersi a livello pandemico tra diverse specie e tra gli umani. Si prosegue illustrando i pericoli arginati con la scoperta degli effetti tossici di un foto- iniziatore di inchiostro, al centro dello scandalo Itx, usato nei comuni imballaggi per alimenti di largo consumo, come latte per bambini e succhi di frutta. Si racconta dei provvedimenti adottati per limitare l’uso di un prodotto chimico dai potenziali effetti cancerogeni, come la melamina, usato nella sofisticazione alimentare per incrementare, solo in apparenza, il contenuto proteico. Non poteva mancare poi, un’attenta descrizione delle tante vicende che ruotano attorno alla diossina, sostanza che ha scatenato una battaglia a colpi di sequestri e boicottaggi in diversi Paesi europei: dalla carne irlandese alla mozzarella di bufala campana, passando per le uova tedesche e i polli e i suini di Belgio e Olanda. Si arriva al 2013 indicando il caso dei forti incrementi, registrati in tutta Europa, di diagnosi di Epatite A che mostrano una sospetta correlazione con il consumo di frutti di bosco surgelati, al momento in attesa di ulteriori conferme microbiologiche o epidemiologiche.
Certificazione, tracciabilità, qualità, garanzie igienico-sanitarie: questi gli elementi che in Italia come in Europa possono garantire la sicurezza e mettere all’angolo le falsificazioni. Scendendo nel dettaglio del livello nazionale l’attenzione si sposta sulle alterazioni dei prodotti del made in Italy. Nel 2012, da Nord a Sud dello Stivale, oggetto di sequestri e sanzioni sono stati oli deodorati, vini falsi venduti in nero, formaggi imitati, prodotti ittici anonimi e pomodoro cinese spacciato come italiano. Un caso eclatante è rappresentato dal settore del vitivinicolo, nel quale, Icqrf ha registrato il maggior numero di sequestri (il 47%), pari ad un valore di oltre 20 milioni di euro. Non minori gli illeciti rilevati dalle indagini dei Nac sulla filiera del pomodoro, con particolare riferimento alle produzioni Dop San Marzano e biologico: evocazione in etichetta e sui documenti di vendita di falsi marchi Dop, falsi disciplinari di qualità, assenza di tracciabilità. Il settore è stato oggetto di attenzione dal 2010 poiché da quell’anno l’importazione di origine extra Ue è incrementata del 187%: trasformato e confezionato in Italia, il triplo concentrato di pomodoro veniva importato dalla Cina, per poi essere etichettato come made in Italy. Le ispezioni hanno portato alla cifra di 4.569 tonnellate sequestrate. Grazie ai controlli delle Capitanerie di Porto sono stati messi sotto i riflettori tanti casi di cattiva conservazione lungo tutta la filiera ittica. Costante in tutto l’arco dell’anno la violazione delle disposizioni previste dal Pacchetto igiene, con una prevalenza di ristoratori, pescherie e ambulanti. Tra le principali carenze rilevate, spicca quella di un piano di autocontrollo (Haccp). In particolare, durante l’attività di vigilanza e controllo dell’esercizio della pesca marittima, il personale addetto ha individuato quasi 3 mila illeciti, il 72% dei quali connessi all’etichettatura e alla tracciabilità.
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Fonte: Legambiente