Quando nel 1993 l’Onu istituì la Giornata mondiale dell’acqua, la maggior parte degli abitanti del mondo occidentale, abituati dalla nascita ad aprire un rubinetto per averne quanta ne volevano, non deve essersi resa conto della portata del ‘problema acqua’. Probabilmente, anzi, la stragrande maggioranza non aveva neanche la più pallida idea che tale problema esistesse al di fuori delle frontiere dei Paesi africani più poveri.

Quest’anno l'Inea ha partecipato alle iniziative della Giornata mondiale dell'acqua, giunta alla sua 20° edizione, organizzando un workshop internazionale dal titolo "#ShareWaterSaveWater: Cooperare per una nuova cultura dell'acqua".
L'evento, realizzato con il patrocinio della Commissione nazionale  italiana per l'Unesco, del Mipaaf, di Roma Capitale, della Società Geografica Italiana Onlus e dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, ha affrontato temi di grande interesse, quali l'ottimizzazione dell'uso dell'acqua nelle aree a scarsa disponibilità e il riutilizzo irriguo dei reflui ai fini del risparmio idrico e dell'adattamento dell'agricoltura ai cambiamenti climatici ed è stato per noi di Agronotizie l’occasione per fare il punto sull'artgomento con il direttore di Inea, Alberto Manelli.

L’acqua per l’agricoltura: risorse sprecate o circolo virtuoso naturale?
"In agricoltura l’acqua è sempre stata indispensabile e, a meno di non voler smettere di mangiare, lo sarà in futuro in maniera sempre maggiore: entro il 2050 il consumo di acqua per l'uso agricolo, secondo le stime dell'Onu, aumenterà del 19%, maggiormente nelle aree in cui minori sono i progressi tecnologici e gli interventi nelle politiche pubbliche. Circa il 70% del consumo idrico mondiale, infatti, viene assorbito dall'agricoltura, con punte del 90% in alcune economie emergenti.
L’agricoltura non spreca l’acqua, semmai consente di ripristinarla. Il problema dell’inquinamento da fitofarmaci, in realtà non esiste più in Europa e negli Usa da decenni. Nel nostro continente la normativa che limita gli agenti inquinanti è assolutamente stringente e la qualità delle acque successivo al loro impiego nei campi è straordinaria. Lo stesso non si può certo dire per quelle destinate a essere utilizzate dall’industria".


Giornate mondiali dedicate, workshop e convegni, danno spesso l’impressione di essere contenitori di teorie accademiche "inutili" da un punto di vista pratico.
"Incontri come questo sono dei punti di snodo dal punto di vista operativo. Tra un incontro e l’altro c’è un percorso di lavoro molto intenso e i nostri modelli di utilizzo delle risorse idriche in base alle previsioni pluviometriche, che hanno consentito agli agricoltori di diverse regioni di ottimizzare lo sfruttamento dell’acqua sono il risultato di questo tipo di attività. Il progetto Irriframe, ad esempio, si basa su questo tipo di modelli e sta dando notevoli soddisfazioni".

Roma, un momento del workshop organizzato da Inea

Da un lato l’Onu istituisce la Giornata mondiale dell’acqua, dall’altro riconosce l’importanza strategica delle risorse idriche pari a quella delle risorse militari. Nel frattempo non ci sono norme comuni e le guerre per l’acqua aumentano.
"L’idea di una struttura sovranazionale che si occupi della gestione dell’acqua ‘contesa’ è tutt’altro che da scartare. I casi nel mondo sono diversi, anche se non sempre critici: esemplare in tal senso la questione tra Iraq e Turchia per il Tigri e l’Eufrate, con le dighe turche che hanno ridotto del 50% l’afflusso dei due fiumi in territorio iracheno".

Torniamo in Italia. Perché da noi la gestione dell’acqua continua a essere un problema?
"Troppo spesso il problema non è strutturale, ma legato prevalentemente a comportamenti soggettivi censurabili. I consorzi hanno presentato da tempo un nutrito elenco di interventi infrastrutturali immediatamente cantierabili, dai costi contenuti e teoricamente già finanziati. Purtroppo però continuano a rimanere sulla carta".

Inea e l’acqua. A cosa state lavorando attualmente?
"Abbiamo un progetto stabile di rilevamento della situazione pluviometrica a livello regionale che consente delle proiezioni previsionali molto attendibili. Accanto a questo c’è il progetto Sigrian, una banca dati georeferenziata e continuamente aggiornata dei bacini idrografici presenti sul territorio.
Ci sono poi due progetti mirati allo sviluppo di strumenti idonei allo sfruttamento delle risorse idriche: il primo è Irriframe, il secondo riguarda l’utilizzo delle acque reflue. Quest’ultimo, in particolare, sta assumendo una notevole importanza e viene portato avanti anche a livello internazionale.
Da circa due anni, poi, abbiamo avviato con i Paesi del vicino Oriente un programma di collaborazione su base scientifica per migliorare nei limiti del possibile agli agricoltori locali l’accesso alle scarse risorse idrica. Non ci illudiamo di risolvere il problema in maniera radicale, ma la collaborazione con questi Paesi ha già portato per la popolazione alcuni benefici tutt’altro che marginali".


Acqua pubblica o acqua privata?
"Il fatto che l’acqua debba essere pubblica non significa che debba essere gratuita. Un modello funzionale di governance delle risorse idriche può essere quello teorico dei consorzi, in cui un gruppo di fruitori si associa per far modo che l’acqua sia usata nel modo migliore e pagata il giusto. Di esempi virtuosi ce ne sono diversi, come in Capitanata o in Ogliastra".

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